SENTENZA N.921
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, lett. a, b e c, 2 e 4 secondo, terzo, quarto e quinto comma, del d.l. 7 settembre 1987, n. 371 (<Interventi urgenti di adeguamento strutturale e funzionale di immobili destinati a musei, archivi e biblioteche e provvedimenti urgenti a sostegno di attività culturali>), nel testo di cui alla legge di conversione 29 ottobre 1987, n. 449, promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 3 dicembre 1987, depositato in cancelleria il 12 dicembre successivo ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 1987.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;
uditi l'avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'avv. dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Si é già narrato che il D.L. 7 settembre 1987, n. 371 (<Interventi urgenti di adeguamento strutturale e funzionale di immobili destinati ai musei, archivi e biblioteche e provvedimenti urgenti a sostegno delle attività culturali>), convertito con modificazioni dall'art. 1, comma primo, l. 29 ottobre 1987, n. 449 autorizza la spesa di lire 620 miliardi nell'anno 1987 per la realizzazione di un programma di interventi urgenti volto a garantire: a) l'adeguamento strutturale e funzionale degli immobili statali e di enti pubblici destinati a musei, archivi e biblioteche, delle aree archeologiche e delle altre sedi del Ministero per i beni culturali e ambientali; b) il restauro conservativo e il consolidamento degli edifici in particolari condizioni di precarietà statica e funzionale di interesse artistico e storico dello Stato e di enti pubblici, nonché il restauro dei beni mobili connessi e del patrimonio archivistico e librario; c) il restauro conservativo e il consolidamento di edifici in particolari condizioni di precarietà statica e funzionale e il restauro dei beni mobili connessi, di interesse artistico e storico, di proprietà di privati, fondazioni ed associazioni legalmente riconosciute; d) l'acquisto di beni mobili ed immobili di interesse artistico e storico, anche mediante l'esproprio e l'esercizio del diritto di prelazione (art. 1).
Tale programma e finalizzato ad una migliore fruizione pubblica del patrimonio culturale ed é predisposto dal Ministro per i beni culturali, sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali (art. 2, n. 1).
Il Ministro, sulla base delle richieste degli enti pubblici e dei privati interessati, determina gli interventi diretti dello Stato e i contributi relativi ad immobili di proprietà non statale, tenuto conto delle esigenze di tutela e di valorizzazione, della distribuzione territoriale, della consistenza e della rilevanza del patrimonio culturale interessato e dei tempi di realizzazione (art. 2, n. 2).
Ai fini della predisposizione del programma, gli interventi sui beni dello Stato nonché le richieste di interventi e di contributi, debbono essere corredati dal relativo progetto di massima, con l'indicazione dei tempi di esecuzione delle opere.
Quando trattasi di immobili di interesse artistico e storico, l'intervento diretto dello Stato può riguardare l'intera opera (art. 2, n. 4).
1.1. – E’ da osservare preliminarmente che in sede di conversione nella l. n. 449 del d.l. n. 371 del 1987 sono state soppresse, nell'art. 1, comma primo, lett. a), le parole <dello Stato> (che nel testo originario dello stesso decreto-legge, in conformità delle previsioni della l. 27 giugno 1985, n. 332, relativa ad <interventi per la ristrutturazione e l'adeguamento degli edifici adibiti a musei, gallerie, archivi e biblioteche dello Stato, si riferivano ai musei, agli archivi e alle biblioteche statali).
Lamenta il ricorso che l'art. 1, lett. a), del d.l. n. 371 cit., col riferirsi anche ai musei e alle biblioteche di carattere locale, violerebbe gli artt. 117, 118, 119 e 97 Cost., in relazione agli artt. 7 e 9 d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 3 e agli artt. 47, 49 e 126 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
2.-Rileva la Corte che la materia dei <musei e biblioteche di enti locali> ha avuto nella Costituzione (art. 117) e nella legislazione successiva una diretta ed esclusiva inerenza regionale.
La l. 10 febbraio 1953, n. 62 (c.d. legge Scelba), nel regolare (art. 9 del testo originario) le condizioni per l'esercizio della potestà legislativa nelle materie attribuite alla Regione dall'art. 117 Cost., rinviava tale esercizio (con precetto poi abrogato dall'ultimo comma dell'art. 17 l. 16 maggio 1970, n. 281) alla preventiva emanazione delle leggi della Repubblica contenenti, per le singole materie, <i principi fondamentali cui deve attenersi la legislazione regionale>. Esentava dal rinvio, con conseguente, immediata legittimazione regionale all'esercizio della potestà normativa, limitate materie, tra cui quella relativa ai <musei e biblioteche di enti locali>. Questa attribuzione, devoluta immediatamente all'esercizio regionale, veniva ribadita dal d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 3. Tale decreto, nel titolo II (art. 7 e segg.), trasferiva, tra l'altro, alle Regioni le funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato, concernenti musei e biblioteche di enti locali, sia per quanto afferiva all'istituzione, all'ordinamento e al funzionamento di quelle strutture, sia per la manutenzione la integrità, la sicurezza e la fruizione delle relative raccolte.
Erano previste inoltre attribuzioni regionali circa la spesa per la funzionalità e il miglioramento delle strutture stesse, non che per il coordinamento delle relative attività (art. 7).
Tale ampia sfera di attribuzioni nella materia veniva integralmente confermata nella sintesi normativa operata dall'art. 47 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
E’ da sottolineare, inoltre, che la Regione Lombardia, soprattutto con le ll.regg. 12 luglio 1974, n. 39 e 14 dicembre 1985, n. 81 emanava un'organica disciplina relativa, tra l'altro, ai musei e alle biblioteche di enti locali o di interesse locale. In tale disciplina appare significativa la riproduzione del criterio - già contenuto nel d.P.R. n. 3 del 1972 - che fa leva, nel delimitare l'oggetto della competenza regionale, soprattutto sul tipo d'interesse che il bene stesso e idoneo ad esprimere.
La costanza dell'attribuzione e l'ampia dimensione che la sequenza normativa ha attribuito all'espressione <musei e biblioteche di enti locali> contenuta nell'art. 117 Cost. (relativa non soltanto ai musei e alle biblioteche dei comuni, delle province e delle regioni, ma anche a quelli di enti pubblici non territoriali e di privati) individua nella Regione il soggetto titolare, oltre che di potestà normativa, anche di attribuzioni amministrative, concernenti la gestione e il finanziamento di tali beni.
L'art. 47 cit. del d.P.R. n. 616 del 1977 riassume la evoluzione normativa, svincolando la competenza regionale dalla territorialità dell'ente e collegandola alla località dell'interesse. Tale interesse non si identifica soltanto con la struttura immobiliare (e con le cose da questa custodite), ma é caratterizzato da profili dinamici, in quanto comprende, oltre la conservazione e il funzionamento, l'uso pubblico e l'incremento dei beni e delle attività attraverso essi realizzate.
Da qui il pieno fondamento della censura di violazione di tale competenza (artt. 117 e 118 Cost.), operata dall'art. 1 lett. a) del d.l. n. 371 del 1987, nella parte in cui inserisce nel programma degli interventi da essa previsti i <musei e biblioteche di enti locali>.
3. - La violazione degli artt. 117, 118, 119 e 97 Cost. e dedotta anche con riferimento alla normativa del d.l. n. 371 del 1987 e della relativa legge di conversione concernente i <beni culturali>, individuati nelle cose d'interesse artistico e storico, ai sensi della l. 1 giugno 1939, n. 1089, come si desume dalla disciplina del d.l. n. 371 del 1987 cit. (cfr., in particolare, gli artt. 1, lett. a, b, c, e d e 2, nonché 4, n. 5).
Su questa linea l'Avvocatura generale dello Stato, anche riguardo alle finalità perseguite, ha ricondotto il nucleo della normativa del d. l. impugnato al regime di <conservazione, integrità e sicurezza>, di cui al capo II della l. n. 1089 del 1939 cit. (spec. artt. 14 e segg.).
Alle misure dirette di tutela dei beni culturali di proprietà pubblica e privata si accompagnano, nel d.l. n. 371 interventi strumentali intesi a renderne più efficace la conservazione e l'uso (adeguamento strutturale e funzionale degli immobili e delle altre sedi del Ministero dei beni culturali e ambientali, modernizzazione delle strutture e dei servizi degli organi centrali, degli istituti centrali e degli uffici centrali e periferici di questo Ministero: artt. 1, lett. a) e lett. e); art. 4, n. 5, prima parte, d.l. n. 371 cit.).
Il ricorso lamenta la mancanza in tale disciplina di criteri di scelta e di priorità, realizzando essa interventi finanziari <a pioggia> che, proprio per tale loro caratteristica, inciderebbero sulla competenza legislativa (e amministrativa) della Regione Lombardia, già esplicatasi con organiche misure normative. La mancanza di criteri sarebbe aggravata, poi, dal procedimento di determinazione del programma (art. 2), affidato integralmente al Ministero per i beni culturali, con indicazioni generiche e poco selettive, formulate con l'ausilio consultivo di un organo (Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali) che non esprime adeguatamente valori regionali.
3.1.-E’ da premettere, nella valutazione dei detti profili di illegittimità, che l'avvio e l'evoluzione normativa della materia dei beni culturali sono caratterizzati dal costante riferimento allo Stato delle relative competenze. Nella visione del legislatore, la posizione della Regione si é venuta profilando come quella di un soggetto titolare di un'aspettativa di investi tura normativa, che non ha ricevuto concreta ed efficace attuazione.
Tale situazione si comincia a delineare già in sede di redazione del testo dell'art. 9 della Costituzione.
L'iniziale formulazione di tale articolo era la seguente: <il patrimonio artistico e storico della Nazione é sotto la tutela dello Stato>. La norma era, così, intesa ad escludere in materia attribuzioni regionali e di altri enti locali territoriali.
Su proposta dell'on. Lussu, il termine <Stato> fu sostituito con l'altro <Repubblica>, <per lasciare impregiudicata la questione della autonomia regionale> (Atti Assemblea costituente, Discussioni, pag. 3422).
Tale modifica é stata esattamente interpretata come diretta a sostituire allo Stato - persona lo Stato - ordinamento, con conseguente possibilità di aperture legislative, intese a svolgere il principio risultante dalla modifica, chiamando all'azione per la tutela e l'incremento dei <valori culturali> tutti i soggetti, provvisti di autonomia (dallo Stato, alle Regioni, ai Comuni, alle Università ecc.).
La formulazione attuale dell'art. 9 Cost. traduce tale finalità: <la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica>; <tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione>. La enunciazione, così risultante, che a torto fu ritenuta di scarso rilievo e di non incisiva operatività, traduce una visione chiara, intesa a sollecitare il concorso di tutte le istituzioni, la cui sfera di attività possa toccare i detti valori.
Le regioni a statuto ordinario, non escluse, per quanto si e detto, dalla previsione costituzionale, non ritrovano, peraltro, nei loro Statuti specificazioni concrete di competenza nella materia. Enuncia, ad esempio, l'art. 3, terzo comma, dello Statuto della Regione Lombardia, approvato con l. 22 maggio 1971, n. 339, che <la Regione tutela i valori del paesaggio e del patrimonio naturale, storico, artistico e culturale; promuove il progresso della cultura in ogni sua libera manifestazione>. La norma é sostanzialmente conforme a quelle di altri statuti regionali ordinari.
3.2.-L'evoluzione normativa non ha reso, dunque, operante l'apertura contenuta nell'art. 9 della Costituzione: come si é detto, gran parte degli statuti regionali ordinari e la legislazione di trasferimento e di delega (oltre quella primaria in senso stretto) non hanno introdotto norme sostanziali, attributive di competenza alle regioni e ad altri enti locali.
Fatta eccezione per qualche regione a statuto speciale (cfr. art. 33, secondo comma, dello Statuto della Regione Sicilia), ne risulta la titolarità dello Stato delle attribuzioni in materia di beni culturali, comprensive delle attività di carattere storico, librario, artistico, archeologico, monumentale, paleo etnologico ed etno - antropologico, poiché é stato delegato alle regioni, con specifiche norme, il solo esercizio di talune funzioni amministrative di accertamento e di vigilanza, nonché di proposta nei confronti delle autorità statali competenti (cfr., ad es., artt. 8 e 35 d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805).
Il d.P.R. n. 616 del '77 non ha modificato la competenza statale del settore, ma ha semplicemente rinviato alla <legge sulla tutela dei beni culturali> (che doveva essere emanata nel termine ordinatorio del 31 dicembre 1979) la determinazione dei compiti da conferire alle regioni ed agli enti locali (art. 48).
In conclusione, la situazione attuale delle competenze in materia può essere riassunta nella enunciazione contenuta nel d.l. 14 dicembre 1974, n. 657 (istitutivo del Ministero per i beni culturali e ambientali), come modificato dalla legge di conversione 29 gennaio 1975, n. 5 e dal d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805. Gli artt. 1 e 2 di quest'ultimo decreto stabiliscono: <Il Ministero per i beni culturali e ambientali provvede alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari secondo la legislazione vigente.
Tutela ogni altro bene del patrimonio culturale nazionale che non rientri nella competenza di altre amministrazioni statali o che gli sia attribuito da leggi successive> (art. 1).
<I beni culturali sono patrimonio nazionale. Le regioni, oltre ad esercitare le competenze stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 3 e quelle eventualmente da trasferire o delegare ai sensi dei decreti da emanarsi per l'attuazione della legge 22 luglio 1975, n. 382, collaborano con l'amministrazione statale, nell'attività di tutela secondo modi e forme che potranno essere stabiliti di comune accordo.
Le regioni concorrono all'attività di valorizzazione secondo programmi concordati con lo Stato> (art. 2).
In attesa della preannunciata normativa di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere definite le diverse competenze e il loro congiunto operare per la tutela e l'incremento dei valori culturali, la situazione normativa é caratterizzata dall'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti alla protezione del patrimonio storico ed artistico della Nazione. La <collaborazione> con le regioni costituisce, peraltro, un'affermazione anch'essa legislativamente sancita in un precetto (art. 2 d.P.R. n. 805 del 1975 cit.) che rende operante in materia il principio che questa Corte ha costantemente affermato, rispetto ad analoghe situazioni inerenti ai rapporti tra Stato e Regioni: quello di <leale cooperazione>; <collaborazione>; <concerto delle azioni>, ecc.. Dovendosi affermare, in conclusione, che la normativa attuale attribuisce alle regioni compiti di tutela e di valorizzazione, da esplicarsi, rispettivamente, <secondo modi e forme che potranno essere stabiliti di comune accordo con l'amministrazione statale> ovvero <secondo programmi concordati con lo Stato> (art. 2 d.P.R. n. 805 del 1975 cit.), ne deriva che la legislazione vigente non soltanto non viola, quanto a tutela e gestione dei beni culturali, gli artt. 117, 118 e 119 Cost., ma si inspira a principi funzionali costituzionalmente corretti. E poiché in siffatto contesto deve operare il d.l. n. 371 del 1987, appare chiaro che le censure che hanno ad oggetto tale disciplina si rivelano, sotto i profili già indicati, infondate; esse, se mai, vanno riferite ai modi di attuazione concreta della normativa.
4.-L'ultima parte del ricorso, ampiamente ripreso nella memoria della Regione, concerne la disciplina posta dall'art. 4 del d.l. n. 371 del 1987, nel testo di cui alla legge di conversione, in materia di promozione di attività culturali, che si concretano in celebrazioni, manifestazioni artistiche, congressuali, scientifiche ecc.. Si lamenta la violazione della sfera regionale nella gestione di alcune espressioni culturali, che non sono riconducibili al concetto di bene in senso proprio o rispetto alle quali il bene si colloca in posizione meramente strumentale.
Pare opportuno, anche qui, il riferimento all'art. 9 Cost.. Per le considerazioni già svolte, questa norma non postula una riserva statale, ma e intesa a promuovere il concorso o la collaborazione, nella sfera di rispettiva competenza, delle strutture centrali e locali per il migliore perseguimento di un grande obbiettivo di civiltà.
Secondo questa premessa va inquadrato il primo comma dell'articolo 49 del d.P. n. 616 del 1977, il quale dispone: <le regioni, con riferimento ai propri statuti ed alle proprie attribuzioni, svolgono attività di promozione educativa e culturale attinenti precipuamente alla comunità regionale, o di- rettamente o contribuendo al sostegno di enti, istituzioni, fondazioni, società regionali o a prevalente partecipazione di enti locali e di associazioni a larga base rappresentativa, nonché contribuendo ad iniziative di enti locali o di consorzi di enti locali>.
Questa norma conferisce alle regioni, nell'ambito statutario e normativo vigente, attribuzioni dirette alla promozione culturale, riferite all'ambito proprio, col perseguimento di obiettivi diretti a valorizzare particolari testimonianze della cultura regionale, sorreggendo con prevalenza l'azione delle strutture istituzionali e associative locali.
4.l.-L'art. 4 del d.l. n. 371 del 1987 prevede in particolare l'erogazione di contributi a sostegno ad attività ed iniziative che riguardano il restauro di beni culturali pubblici e privati e la realizzazione di manifestazioni culturali, artistiche, congressuali e scientifiche, a carattere anche internazionale (n. 5). La norma individua specificamente le attività inerenti a questo settore: celebrazioni di anniversari di eventi culturali per le quali, alla data del 30 ottobre 1987, risulti istituito con decreto del Presidente della Repubblica apposito comitato nazionale (n. 2); a questo vengono devoluti i contributi destinati alla manifestazione (n. 3).
Per il sostegno di attività ed iniziative di particolare prestigio culturale promosse da amministrazioni comunali e provinciali ovvero da enti o fondazioni, con il patrocinio del Presidente della Repubblica e con il contributo finanziario delle regioni, il Ministro per i beni culturali e ambientali assegna tali contributi agli enti promotori (n. 4).
Osserva la Regione ricorrente che quest'ultima ipotesi e di per se esemplare per indurne la violazione delle competenze ad essa spettanti, dato che la presenza di un interesse regionale viene assunta a presupposto dell'intervento di sostegno finanziario: tali <attività ed iniziative di particolare prestigio culturale, provviste del patrocinio del Presidente della Repubblica, sono condizionate dal sostegno del contributo finanziario delle regioni>.
E’ da avvertire al riguardo che il patrocinio del Presidente della Repubblica conferisce alle dette attività ed iniziative rilevanza nazionale, rilevanza che non e esclusa dalla coesistenza di un contributo regionale, dato che tali attività ed iniziative, pur essendo promosse dalla Regione e avendo presumibilmente con questo ente un particolare nesso territoriale, ben possono assumere rilevanza nazionale. Questa più ampia sfera di incidenza non fa peraltro venir meno l'origine e il ruolo promozionale della Regione (anche per la contribuzione da essa erogata), ma gli conferisce un più alto ed ampio rilievo, che non risulta incompatibile con la provenienza locale della scelta.
Quanto agli altri interventi previsti nel n. 2 dell'art. 4, ritiene la Corte che non ricorra del pari violazione delle competenze regionali. La presenza di un comitato nazionale istituito con decreto del Presidente della Repubblica segnala il riflesso ultraregionale delle attività e delle iniziative, le quali, riferendosi a celebrazioni di anniversari di eventi culturali, per i quali e prevista la istituzione di un apposito organo a livello nazionale, qualificano l'avvenimento, di cui il comitato nazionale esprime l'inerenza allo Stato. Nel complesso, la normativa ora esaminata realizza una delle forme di collaborazione tra amministrazione statale e regionale, prevista dall'art. 2 del d.P.R. n. 805 del 1975 (cfr. n. 3.2) e non é lesiva dell'autonomia regionale. Si tratta di interventi reciprocamente integrativi e la pluralità delle partecipazioni si riannoda efficacemente proprio al precetto dell'art. 9 Cost., non escludendo la concorde azione dei diversi enti.
Può concludersi, relativamente alle censure mosse all'art. 4 del d.l. n. 371, che la norma non incorre in dedotti vizi di illegittimità. E’ da soggiungere che, per quanto concerne le attività e le iniziative che riguardano il restauro di beni culturali pubblici e privati (n. 5), esse si riferiscono a beni, la cui rilevanza nazionale é stata già posta in luce (cfr. n. 3.1 e 3.2).
5. - Il motivo del ricorso, che concerne la violazione dell'autonomia finanziaria della Regione (art. 119 Cost.), con tiene uno specifico riferimento all'art. 126 d.p. n. 616 del 1977 che vieta allo Stato di <conservare o istituire nel bilancio capitoli con le stesse denominazioni e finalità di quelli soppressi e comunque relativi a spese concernenti le funzioni trasferite>.
La censura non é fondata, dato che, per quanto concerne i musei e le biblioteche di enti locali-materia di pertinenza regionale - l'eventuale fabbisogno per essi previsto e inglobato nell'onere complessivamente fissato in 620 miliardi (art. 5 d.l. n. 371 cit.), sì che, esclusa la devoluzione ai musei e alle biblioteche anzidetti, tale stanziamento può provvedere più adeguatamente ad altri settori, ai quali legittimamente attiene.
Il sistema normativo, che si é delineato, non appare caratterizzato da inefficienza e mancata trasparenza dell'attività amministrativa nonché sovrapposizione di finanziamenti, essendo le diverse azioni destinate a operare o a cooperare in settori a ciascuna propri. Ne sussiste un automatico concorso di attribuzioni tra loro contrastanti, con conseguente inefficienza amministrativa; si é visto che il concorso può ben realizzare processi integrativi, connessi al razionale impiego delle attività e delle risorse.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, lett. a) del d.l. 7 settembre 1987, n. 371 (<Interventi urgenti di adeguamento strutturale e funzionale di immobili destinati a musei, archivi e biblioteche e provvedimenti urgenti a sostegno di attività culturali>), convertito con modificazioni dall'art. 1 comma primo, della l. 29 ottobre 1987, n. 449, nella parte in cui si riferisce ai <musei e biblioteche di enti locali>;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 lett. b) e c), 2 e 4 commi secondo, terzo, quarto e quinto del suddetto d.l. 7 settembre 1987, n. 371, come convertito, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost., sollevate con il ricorso della Regione Lombardia 2 dicembre 1987 (R. ric. n. 24 del 1987).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/07/88.
Francesco SAJA - Gabriele PESCATORE
Depositata in cancelleria il 28/07/88.