ORDINANZA N. 273
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 589 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Rovigo, nel procedimento penale a carico di Evstifeev Doriano, iscritta al n. 779 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1994;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di Evstifeev Doriano, imputato del delitto di omicidio colposo in danno del fratello, dal corpo del quale erano stati espiantati alcuni organi a fini di trapianto, prima che fosse accertata la cessazione totale di ogni attività vitale, nel frattempo in parte riscontrata esistente, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Rovigo, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 589 del codice penale, nella parte in cui, pur senza correlarsi espressamente alla legge 2 dicembre 1975, n. 644, la norma va ritenuta integrata dalla nozione di morte sia nella sua originaria accezione naturalistico-biologica, sia secondo la diversa concezione che la legge richiamata avrebbe fatto propria;
che, a giudizio dell'autorità rimettente, la nozione di morte, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di omicidio, va intesa anche alla luce dell'art. 4 della legge n. 644 del 1975, in base al quale la morte si considera avvenuta quando venga riscontrata la contemporanea presenza di una serie di condizioni tassativamente elencate, così introducendo una sorta di fictio iuris, diversamente da quanto previsto dall'art. 3 della stessa legge, con cui si afferma invece una nozione di morte naturalisticamente intesa;
che pertanto, sempre a parere del giudice a quo, l'art. 589 del codice penale, interpretato nel senso che il precetto in esso contenuto si estende sino a ricomprendere la nozione di morte di cui all'art. 4 della legge n. 644 del 1975, contrasterebbe con gli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione: con il primo articolo in quanto irragionevolmente assoggetta a medesima sanzione penale fatti diversi; con l'art. 25, in quanto l'interpretazione stessa sarebbe consentita solo per analogia; con l'art. 27, in quanto la stessa interpretazione contrasterebbe con il principio della personalità della responsabilità penale;
che nel presente giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità della questione, essendo stata la disciplina in oggetto profondamente innovata a seguito dell'entrata in vigore della legge 29 dicembre 1993, n. 578, ovvero per la infondatezza della stessa.
Considerato che in effetti nelle more del giudizio davanti a questa Corte è entrata in vigore la legge 29 dicembre 1993, n. 578 (Norme per l'accertamento e la certificazione di morte), ed è stato emanato il Decreto del Ministero della Sanità 14 aprile 1994;
che si richiede una nuova valutazione in ordine al contesto normativo concernente la suindicata questione di legittimità costituzionale;
che in conseguenza appare opportuno rimettere gli atti al giudice a quo affinché, anche in ordine ad una eventuale riproposizione della questione, riesamini la rilevanza della stessa alla luce della normativa sopravvenuta, tenuto conto peraltro del principio della "legge più favorevole" in materia penale (ordinanza n. 527 del 1990).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Rovigo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1994.