Sentenza n. 256 del 1994

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SENTENZA N. 256

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale delle leggi:

 

a) legge provinciale di Bolzano 3 luglio 1959, n. 6, recante "Ordinamento degli uffici e del personale della Provincia di Bolzano" e successive leggi di modifica e integrazione 3 ottobre 1991, n. 27, 16 ottobre 1992, n. 36, e artt. 4, 6, 10 e 12 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10;

 

b) legge provinciale di Trento 29 aprile 1983, n. 12, recante "Nuovo ordinamento dei servizi e del personale della Provincia autonoma di Trento" e successive leggi di modifica e integrazione 30 marzo 1989, n. 1, 23 febbraio 1990, n. 6, e 24 gennaio 1992, n. 5;

 

c) legge regionale del Trentino-Alto Adige 9 novembre 1983, n.15, recante "Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e trattamento economico del personale" e successive leggi di modifica e integrazione 11 giugno 1987, n.5, e 21 febbraio 1991, n. 5, nonchè legge regionale 5 marzo 1993, n. 4, recante "Nuove norme sullo stato giuridico ed il trattamento economico dei dipendenti dei Comuni e dei segretari comunali"; promossi con i ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 4 novembre 1993, depositati in cancelleria il 18 successivo ed iscritti ai nn.73, 74 e 75 del registro ricorsi 1993.

 

Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano, della Provincia autonoma di Trento e della Regione Trentino-Alto Adige;

 

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli;

 

uditi l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta, per il ricorrente, e gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e Giandomenico Falcon per la Regione Trentino-Alto Adige.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato in data 4 novembre 1993 il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che sia dichiarata, con riferimento all'art. 2, commi secondo e terzo, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, l'illegittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Bolzano 3 luglio 1959, n. 6 (Ordinamento degli uffici e del personale della Provincia di Bolzano) e successive leggi di modifica e integrazione 3 ottobre 1991, n.27, e 16 ottobre 1992, n. 36, nonchè degli artt. 4, 6, 10 e 12 della legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10 (Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano), a causa del mancato adeguamento della suddetta normativa alle norme costituenti limiti di cui all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in tema di razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e di revisione della disciplina in materia di pubblico impiego.

 

Il ricorrente espone che con legge 23 ottobre 1992, n.421, fu data delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, di sanità, di previdenza e di finanza territoriale. Tale delega è stata esercitata, per la materia del pubblico impiego, con il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che all'art. 1, terzo comma, ha disposto che le disposizioni dello stesso decreto "costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione" e che "i principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, costituiscono altresì, per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica".

 

Pertanto, osserva il ricorrente, la Provincia di Bolzano, titolare, ai sensi dell'art. 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di competenza legislativa primaria in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto, avrebbe dovuto adeguare la propria legislazione alle suddette norme fondamentali di riforma entro il termine di sei mesi, così come stabilito dall'art. 2, primo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino- Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali nonchè la potestà statale di indirizzo e coordinamento.

 

Non essendo intervenuto l'adeguamento entro detto termine, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato la questione di costituzionalità della normativa provinciale per i seguenti motivi di contrasto con norme fondamentali della legislazione statale di riforma:

 

1) la legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 6 del 1959 e le successive leggi di modifica ed integrazione n. 27 del 1991 e n. 36 del 1992, nel loro complesso, sarebbero confliggenti con l'art. 2, lett. a), della legge di delegazione n. 421 del 1992, così come attuato dall'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo n. 29 del 1993, nella parte in cui non prevedono che i rapporti di lavoro dei dipendenti siano ricondotti sotto la disciplina del diritto civile (sez.II e III, capo I, titolo II, del libro V del codice civile e leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa), in quanto compatibile con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali;

 

2) l'art. 90 della legge provinciale n. 6 del 1959 sarebbe in contrasto con quanto previsto dalla lettera r) dell'art. 2 della legge n. 421 e dall'art.43 del decreto legislativo n.29, in materia di trasferimenti;

 

3) gli artt. 4, 6, 10 e 12 della legge provinciale n. 10 del 1992, non prevedendo l'affidamento ai dirigenti della gestione delle risorse finanziarie, sarebbero in contrasto con l'art. 2, lett. g), punto 1, della legge n. 421 e con l'art. 3 del decreto legislativo n. 29;

 

4) la legislazione provinciale di cui al punto 1) si porrebbe in contrasto con l'art. 51, terzo comma, del decreto legislativo n. 29, nonchè con l'art. 2, lett. b), della legge n. 421, laddove non prevede la trasmissione di copia dei contratti collettivi al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero del Tesoro, nonchè nella parte in cui non richiama la possibilità per la Provincia di avvalersi dell'attività di rappresentanza o di assistenza dell'Agenzia per le relazioni sindacali, di cui all'art. 50, quinto comma, dello stesso decreto legislativo n. 29;

 

5) la stessa legislazione provinciale sarebbe in contrasto con l'art. 2, lett. b), della legge n. 421 e con l'art. 45 del decreto legislativo n.29, in quanto non disciplina la composizione delle delegazioni di parte pubblica e di parte sindacale;

 

6) la stessa legislazione provinciale sarebbe in contrasto con le norme fondamentali poste dalla legge n. 421 e dal decreto legislativo n. 29, in ordine alla disciplina dei seguenti istituti: incompatibilità tra l'impiego pubblico ed altre attività; casi di divieto di cumulo tra impieghi ed in carichi pubblici; verifica dei risultati dell'azione amministrativa mediante appositi nuclei di valutazione; area autonoma di contrattazione per la dirigenza medica;contenimento dei costi contrattuali; esercizio temporaneo di mansioni superiori; abolizione di trattamenti economici accessori non collegati alla produttività e allo svolgimento effettivo di attività disagiate, pericolose o dannose alla salute; comunicazione all'amministrazione di appartenenza degli emolumenti corrisposti per gli incarichi conferiti al personale dipendente ai sensi dell'art. 24 della legge 30 dicembre 1991, n. 412; divieto di procedere a nuove assunzioni in caso di mancata rideterminazione delle piante organiche ai sensi della stessa legge n. 412 del 1991; periodo di sette anni di effettiva permanenza nella sede di prima sistemazione; mobilità d'ufficio per il personale eccedente che non accetti la mobilità volontaria e il collocamento in disponibilità; transito dei dipendenti degli enti pubblici a società private nel caso di trasferimento alle stesse delle funzioni dei detti enti pubblici; assunzione per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento; attuazione della pari opportunità ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125; completamento del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche.

 

2. - Si è costituita nel giudizio la Provincia di Bolzano deducendo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.

 

A giudizio della Provincia il ricorso sarebbe, in primo luogo, inammissibile per essere stato proposto prima della scadenza del termine di cui all'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, stabilito in sei mesi dalla pubblicazione dell'atto nella Gazzetta ufficiale, salvo che l'atto stesso non preveda un termine più ampio. Ora, l'ultimo comma dell'art. 2 della legge di delegazione n. 421 del 1992 ha previsto la possibilità di emanare disposizioni correttive della normativa delegata, mediante uno o più decreti legislativi, fino al 31 dicembre 1993. É, pertanto, a partire da quest'ultima data che - secondo la resistente - dovrebbe farsi decorrere il periodo per l'adeguamento, con conseguente inammissibilità del ricorso della Presidenza del Consiglio, notificato il 4 novembre 1993.

 

Lo stesso ricorso sarebbe, inoltre, inammissibile per la genericità ed insufficienza della deliberazione a ricorrere assunta dal Consiglio dei ministri, nella quale non vengono individuate le specifiche disposizioni legislative provinciali che si intendono impugnare, in quanto non adeguate, e neppure le specifiche norme statali in relazione alle quali viene lamentato il mancato adeguamento. Nè tali specificazioni sarebbero rinvenibili, secondo la resistente, nell'atto che le è stato notificato.

 

La Provincia ribadisce poi che la propria competenza esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e del personale risulta vincolata solo al rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e, quindi, non a tutte le disposizioni della legge di delegazione n. 421 e del decreto legislativo n. 29.

 

La Provincia contesta, infine, il merito delle singole censure proposte nel ricorso.

 

3. - Con ricorso di analogo contenuto, proposto nei confronti della Provincia di Trento - anch'esso notificato il 4 novembre 1993 - il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato per mancato adeguamento:

 

1) la legge della provincia autonoma di Trento 29 aprile 1983, n. 12 (Nuovo ordinamento dei servizi e del personale della Provincia autonoma di Trento), e successive leggi di modifica ed integrazione (30 marzo 1989, n. 1, 23 febbraio 1990, n. 6, e 24 gennaio 1992, n. 5) nella parte in cui non prevedono che i rapporti di lavoro dei dipendenti siano ricondotti sotto la disciplina del diritto civile, in quanto compatibile con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali;

 

2) gli artt. 15 e 16 della legge provinciale n. 12 del 1983 relativi ai compiti dei dirigenti generali, in quanto non prevedono che agli stessi spetti la gestione finanziaria di cui all'art. 2, lett. g), punto 1, della legge n. 421 del 1992 ed all'art. 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993;

 

3) l'art. 157 della legge provinciale n. 12 del 1983, relativo alla aspettativa per mandato sindacale, per contrasto con l'art.2, lett. q), della legge n. 421 e con l'art. 64, quarto comma, del decreto legislativo n. 29;

 

4) l'art. 6 della legge provinciale n. 1 del 1989, in quanto non prevede la possibilità di sospensione degli accordi sindacali, richiesta dall'art. 2, lett. b), della legge n. 421 e dall'art. 45 del decreto legislativo n. 29;

 

5) l'art. 42 della legge provinciale n. 5 del 1992, relativo ai permessi sindacali, per contrasto con l'art. 2, lett. q), della legge n.421 e con l'art. 54, quinto comma, del decreto legislativo n. 29;

 

6) la legislazione provinciale di cui al punto 1), per contrasto con l'art. 51, terzo comma, del decreto legislativo n. 29, in quanto non prevede la trasmissione di copia dei contratti collettivi al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero del Tesoro, nonchè nella parte in cui non prevede la possibilità per la Provincia di avvalersi dell'attività di rappresentanza o di assistenza dell'Agenzia per le relazioni sindacali, di cui all'art. 50, quinto comma, dello stesso decreto legislativo;

 

7) la stessa legislazione provinciale, in quanto prevede una disciplina degli accordi sindacali difforme da quella regolata nell'art. 2, lett.b), della legge n. 421 e nell'art.45 del decreto legislativo n. 29, in materia di composizione delle delegazioni di parte pubblica e di parte sindacale;

 

8) la stessa legislazione provinciale, in quanto non prevede la disciplina di tutti gli istituti già richiamati nel punto 6) del ricorso precedente.

 

4. - Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento sostenendo, in primo luogo, l'improcedibilità o comunque l'inammissibilità del ricorso in quanto notificato oltre il termine previsto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992.

 

La ricorrente deduce che l'obbligo di adeguamento imposto alla Provincia autonoma concerne le sole norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica che, nel caso di specie, sono costituite dai principi desumibili dalle disposizioni dell'art. 2 della legge n. 421 del 1992, come espressamente indicato dal secondo comma dello stesso art. 2 e ribadito dall'art. 1, terzo comma, del decreto legislativo n. 29 del 1993. Pertanto, secondo la Provincia, il termine di impugnazione doveva essere calcolato a partire dalla data di pubblicazione della legge n. 421 (cioè dal 31 ottobre 1992), posto che il decreto legislativo n. 29 non avrebbe minimamente novellato le norme fondamentali obbligatorie per la Provincia stessa. Il ricorso risulterebbe, conseguentemente, tardivo.

 

Nel merito, il ricorso sarebbe, comunque, infondato sia perchè invocherebbe parametri inammissibili o inconferenti, quali le norme del decreto legislativo n. 29; sia perchè non individuerebbe correttamente i principi costituenti le norme fondamentali della riforma; sia, infine, perchè sosterrebbe erroneamente la non conformità della legislazione provinciale vigente ai principi costituenti norme fondamentali, trascurando varie disposizioni legislative provinciali sia preesistenti che sopravvenute rispetto alla legge n. 421 del 1992.

 

5. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, infine, sollevato, analoghe questioni di legittimità costituzionale nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige, con ricorso - sempre notificato in data 4 novembre 1994 - nel quale vengono il lustrate le seguenti censure:

 

1) la legge regionale 9 novembre 1983, n. 15 (Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e trattamento economico del personale) e le successive leggi di modifica ed integrazione (11 giugno 1987, n. 5, e 21 febbraio 1991, n. 5) nonchè la legge regionale 5 marzo 1993, n. 4 (Nuove norme sullo stato giuridico ed il trattamento economico dei dipendenti dei Comuni e dei segretari comunali), nel loro complesso, sarebbero confliggenti con l'art. 2, lett. a), della legge n. 421 così come attuato dall'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo n.29, nella parte in cui non prevedono che i rapporti di lavoro dei dipendenti siano ricondotti sotto la disciplina del diritto civile, in quanto compatibile con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali;

 

2) l'art. 29 della legge regionale n. 15 del 1983 sarebbe in contrasto con l'art. 2, lett. b), della legge n. 421 e con gli artt. 45 e 51, terzo comma, del decreto legislativo n. 29, in quanto non disciplina la composizione delle delegazioni di parte pubblica e di parte sindacale nè la trasmissione di copia dei contratti;

 

3) gli artt. 37 e 40 della legge regionale n. 15 del 1983 risulterebbero in contrasto con la disciplina di cui all'art. 2 della legge n. 421 ed all'art. 54 del decreto legislativo n. 29, in materia di aspettative e permessi sindacali;

 

4) l'art. 4 della legge regionale 21 febbraio 1991, n. 5, sarebbe in contrasto con l'art. 51, terzo comma, del decreto legislativo n. 29, laddove non prevede la trasmissione di copia dei contratti collettivi, nonchè con l'art. 50, quinto comma, dello stesso decreto nella parte in cui non prevede la possibilità di avvalersi dell'attività di rappresentanza o di assistenza dell'Agenzia per le relazioni sindacali;

 

5) l'art. 6 della stessa legge regionale n. 5 del 1991 non risulterebbe adeguato a quanto disposto dalla lettera l) dell'art. 2 della legge n. 421 e dall'art. 52, terzo comma, del decreto legislativo n. 29, non prevedendo la possibilità di sospensione totale o parziale degli accordi in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa. Inoltre, nella legge regionale in questione non è previsto che il contratto collettivo sia corredato dei necessari documenti indicativi degli oneri finanziari, ai sensi dell'art. 2, lett. b), della legge n. 421 e dell'art. 52, terzo comma, del decreto legislativo n. 29;

 

6) l'art. 8 della legge regionale n. 5 del 1991 sarebbe in contrasto con l'art. 2. lettere f) e g) della legge n. 421 e con il capo II del decreto legislativo n. 29, in materia di contrattazione e disciplina della dirigenza;

 

7) la legge regionale n. 5 del 1991 non sarebbe adeguata alle norme fondamentali della legge n. 421 e del decreto legislativo n. 29, non prevedendo la disciplina degli istituti già citati, rispettivamente, ai punti 6) e 8) dei due ricorsi precedenti;

 

8) gli artt. 3, 4 e 5 della legge regionale 5 marzo 1993, n. 4, meriterebbero gli stessi rilievi degli artt. 4 e 6 della legge regionale n.5 del 1991 per quanto riguarda la mancata previsione della trasmissione di copia dei contratti collettivi al Dipartimento della funzione pubblica, la possibilità di avvalersi dell'attività di rappresentanza o di assistenza dell'Agenzia per le relazioni sindacali e la possibilità della sospensione degli accordi sindacali.

 

6. - Si è costituita nel giudizio la Regione Trentino- Alto Adige opponendo, in via pregiudiziale, la tardività del ricorso statale, con argomentazioni analoghe a quelle già espresse dalla Provincia di Trento.

 

La Regione eccepisce quindi l'inammissibilità o l'infondatezza nel merito delle censure esposte nel ricorso.

 

7. - In prossimità dell'udienza la Regione Trentino-Alto Adige ha presentato una memoria nella quale eccepisce l'inammissibilità del ricorso statale per l'assoluta genericità della deliberazione governativa di impugnazione.

 

Una siffatta deliberazione - secondo la ricorrente - sarebbe lesiva dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, che consentirebbe al Governo di impugnare solo specifiche disposizioni legislative regionali in relazione ad altrettanto specifiche norme fondamentali e non già di censurare un generico comportamento inadempiente, globalmente considerato.

 

Considerato in diritto

 

1. - I tre ricorsi proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri rispettivamente contro la Provincia autonoma di Bolzano (n. 73 del 1993), la Provincia autonoma di Trento (n.74 del 1993) e la Regione Trentino-Alto Adige (n. 75 del 1993) pongo no questioni analoghe, in quanto diretti a contestare il mancato adeguamento della legislazione provinciale e regionale - nei termini indicati dall'art. 2, secondo e terzo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 - ai principi e norme costituenti limiti - di cui agli artt.4 e 5 dello Statuto speciale - desumibili dalla recente legislazione statale in materia di pubblico impiego (art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29).

 

I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti per essere decisi con una stessa pronuncia.

 

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede - con riferimento all'art. 2, secondo e terzo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 - la dichiarazione di illegittimità costituzionale:

 

A) nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano: a) della legge provinciale 3 luglio 1959, n. 6, recante "Ordinamento degli uffici e del personale della Provincia di Bolzano" e successive leggi di modifica ed integrazione 3 ottobre 1991, n. 27, e 16 ottobre 1992, n. 36, laddove non prevedono che i rapporti di lavoro del personale regionale siano disciplinati dalle disposizioni delle sezioni II e III, capo I, titolo II del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, in quanto compatibili con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali nei termini definiti dal decreto legislativo n. 29 del 1993; b) dell'art. 90 della legge provinciale 3 luglio 1959, n. 6, in relazione all'art.2, lett. r) della legge n. 421 del 1992 ed all'art. 43 del decreto legislativo n. 29 del 1993; c) degli artt. 4, 6, 10 e 12 della legge provinciale n. 10 del 1992, recante "Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano", in relazione agli artt. 2, lett. g), punto 1, della legge n. 421 del 1992 e 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993; d) delle leggi provinciali n. 6 del 1959, n. 27 del 1991 e n. 36 del 1992, per non essere state adeguate alle disposizioni elencate nel ricorso;

 

B) nei confronti della Provincia autonoma di Trento: a) della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12, recante "Nuovo ordinamento dei servizi e del personale della provincia autonoma di Trento" e successive leggi di modifica ed integrazione 30 marzo 1989, n. 1, 23 febbraio 1990, n. 6, e 24 gennaio 1992, n. 5, laddove non prevedono che i rapporti di lavoro del personale regionale siano disciplinati dalle disposizioni delle sezioni II e III, capo I, titolo II del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, in quanto compatibili con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali nei termini definiti dal decreto legislativo n. 29 del 1993; b) degli artt. 15, 16 e 157 della legge provinciale n. 12 del 1983, in relazione all' art. 2, lettere g), punto 1, e q) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed agli artt. 3 e 64, quarto comma, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29; c) dell'art. 6 della legge provinciale n. 1 del 1989, in relazione all'art. 2, lett. b), della legge n. 421 del 1992 ed all'art. 45 del decreto legislativo n. 29 del 1993; d) dell'art. 42 della legge provinciale n. 5 del 1992, in relazione all'art. 2, lett. q), della legge n. 421 ed all'art.54, quinto comma, del decreto legislativo n. 29 del 1993; e) delle leggi provinciali n. 12 del 1983, n. 1 del 1989, n. 6 del 1990 e n. 5 del 1992, per non essere state adeguate alle disposizioni elencate nel ricorso;

 

C) nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige: a) della legge regionale del Trentino-Alto Adige 9 novembre 1983, n. 15, recante "Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e trattamento economico del personale" e successive leggi di modifica ed integrazione 11 giugno 1987, n. 5, e 21 febbraio 1991, n. 5, nonchè della legge regionale 5 marzo 1993, n. 4, recante "Nuove norme sullo stato giuridico ed il trattamento economico dei dipendenti dei Comuni e dei segretari comunali", laddove non prevedono che i rapporti di lavoro dei dipendenti siano disciplinati dalle disposizioni delle sezioni II e III, capo I, titolo II del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, in quanto compatibili con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli interessi generali nei termini definiti dal decreto legislativo n. 29 del 1993; b) degli artt. 29, 37, 40 della legge regionale 9 novembre 1983, n. 15, in relazione agli artt. 2, lettere a), b) e q) della legge 23 ottobre 1992, n.421 e agli artt. 45, 51 e 54 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; c) degli artt. 4, 6 e 8 della legge regionale 21 febbraio 1991, n. 5, in relazione agli artt. 2, lettere b), f) g) e l) della legge n. 421 del 1992 e agli artt. 50, 51, 52 del decreto legislativo n.29 del 1993; d) della legge regionale n. 15 del 1983 e delle successive leggi di modifica ed integrazione n. 5 del 1987 e n. 5 del 1991, per non essere state adeguate alle disposizioni elencate nel ricorso;e) degli artt. 3, 4 e 5 della legge regionale 5 marzo 1993, n. 4, in relazione agli artt. 2, lettere b), f), g) e l), della legge n. 421 del 1992 e agli artt. 50, 51, 52 del decreto legislativo n. 29 del 1993.

 

3. - Le Province autonome di Bolzano e di Trento e la Regione Trentino-Alto Adige, prima di replicare nel merito alle censure formulate nei ricorsi, hanno sollevato varie eccezioni di inammissibilità nei confronti degli stessi.

 

In particolare, la Provincia di Bolzano ha eccepito l'inammissibilità del ricorso: a) per essere stato proposto prima della scadenza del termine di sei mesi previsto per l'adeguamento dal primo comma dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, dal momento che non si è tenuto conto della previsione, contenuta nell'art. 2, ultimo comma, della legge n. 421 del 1992, delle "disposizioni correttive" che potevano essere emanate fino al 31 dicembre 1993; b) per la genericità e l'insufficienza della delibera adottata dal Consiglio dei ministri ai fini della proposizione dell'impugnativa, delibera dove non sono state specificate nè le disposizioni statali rispetto a cui si richiedeva l'adeguamento nè le disposizioni provinciali oggetto d'impugnativa; c) per la mancata specificazione delle censure non essendo individuate nel ricorso le disposizioni che s'intendono impugnare ed i principi e le norme della legislazione statale in relazione alle quali si lamenta il mancato adeguamento.

 

A sua volta la Provincia autonoma di Trento eccepisce l'inammissibilità del ricorso per la sua tardività essendo stato notificato oltre il termine di novanta giorni stabilito dall'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo n. 266 del 1992, dal momento che il precedente termine di sei mesi sanzionato nel primo comma dello stesso articolo avrebbe iniziato a decorrere dalla pubblicazione della legge n. 421 del 1992 - che individuava i principi vincolanti il legislatore provinciale - e non del decreto legislativo n. 29 del 1993.

 

Infine, la Regione Trentino-Alto Adige ha contestato l'ammissibilità del ricorso deducendo : a) la sua tardività (con argomentazioni analoghe a quelle esposte dalla difesa della Provincia di Trento); b) la genericità della delibera autorizzativa al giudizio (con argomentazioni analoghe a quelle svolte dalla difesa della Provincia di Bolzano).

 

4. - Risulta pregiudiziale l'esame dell'eccezione di inammissibilità prospettata sia dalla Provincia autonoma di Bolzano che dalla Regione in ordine alla genericità della delibera autorizzativa ai tre giudizi adottata dal Governo ed alla sua conseguente insufficienza ai fini della individuazione degli oggetti delle controversie.

 

L'eccezione si presenta fondata.

 

Nella seduta del 26 ottobre 1993 il Consiglio dei ministri con una stessa delibera statuiva "di promuovere ricorso per legittimità costituzionale nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano in relazione al mancato adeguamento della legislazione regionale e provinciale al decreto legislativo n. 29 del 1993 sulla revisione della disciplina in materia di pubblico impiego".

 

Questa formulazione - come rilevano le difese delle resistenti - non è tale da consentire l'individuazione nè delle disposizioni delle leggi provinciali e regionali che, ai sensi del secondo comma dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, si intendevano impugnare per mancato adeguamento alla legislazione statale, nè dei principi e delle norme di tale legislazione rispetto alle quali si decideva di contestare il mancato adeguamento da parte delle Province autonome e della Regione. E questo tanto più ove si consideri che nella delibera autorizzativa si è fatto esclusivo riferimento al decreto legislativo n. 29 del 1993, mentre i principi suscettibili di vincolare le Regioni a statuto speciale e le Province autonome sono stati, per esplicita previsione legislativa, correlati alle disposizioni espresse nell'art. 2 della legge n. 421 del 1992.

 

Questa Corte ha già avuto modo di precisare il proprio orientamento in tema di requisiti minimi richiesti per la delibera governativa autorizzativa al giudizio di cui all'art. 2, secondo comma, del decreto legislativo n. 266 del 1992: requisiti che - tanto con riferimento alle disposizioni impugnate quanto in relazione ai principi ed alle norme sta tali rispetto a cui si contesta il mancato adeguamento - devono rendere la questione proposta sufficientemente determinata o quanto meno determinabile nella sua sostanza (v. sent. nn. 496 del 1993 e 172 del 1994). Con la conseguenza che "se pure in modo sintetico, la determinazione del Consiglio dei ministri volta a promuovere il giudizio di costituzionalità nei modi previsti dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992 deve indicare, oltre alla legge regolante la materia di competenza delle Province autonome o della Regione Trentino-Alto Adige non sottoposta al dovuto adeguamento, le disposizioni statali innovatrici comportanti la predetta attività legislativa di adeguamento" (sent. n.172 del 1994).

 

Il che non si è verificato nel caso in esame.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi, dichiara inammissibili i ricorsi di cui in epigrafe, proposti con riferimento all'art. 2, commi secondo e terzo, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano (n. 73/1993), della Provincia autonoma di Trento (n. 74/1993) e della Regione Trentino-Alto Adige (n.75/1993).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/94.

 

Gabriele PESCATORE, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 23/06/94.