ORDINANZA N. 186
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 363, recante: "Disciplina della proroga degli organi amministrativi", promosso con ricorso della Regione Calabria notificato l'11 ottobre 1993, depositato in cancelleria il 14 successivo ed iscritto al n. 59 del registro ricorsi 1993.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto che la Regione Calabria ha impugnato, in riferimento agli artt. 77, ultimo comma, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione, talune norme del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 363 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi);
che la ricorrente rileva che l'art. 9 del decreto-legge impugnato - secondo cui "le disposizioni.. [del decreto] operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario fino a quando esse non avranno adeguato i rispettivi ordinamenti ai principi generali ivi contenuti" - se pure con una formulazione che attenua l'impatto sull'autonomia regionale rispetto alle precedenti versioni, ancor più lesive, dei provvedimenti d'urgenza reiterati dal Governo nella specifica materia (decreti-legge nn. 381 e 439 del 1992, 7, 69, 150 e 239 del 1993, tutti non convertiti in legge, di cui alcuni già impugnati dalla medesima regione), non elimina del tutto la violazione delle competenze regionali, tenuto conto che con la legge regionale 5 agosto 1992, n. 13 è stata emanata la disciplina delle nomine di competenza della regione al fine di evitare il fenomeno della prorogatio alla scadenza, in coerenza con l'art. 97 della Costituzione e con i principi affermati nella sentenza n. 208 del 1992 di questa Corte;
che, pertanto, ove la norma impugnata fosse interpretata come abrogativa della legge regionale e tale da rendere il decreto-legge direttamente applicabile nella regione, in ogni suo istituto, la disciplina denunziata sarebbe invasiva della competenza costituzionalmente riconosciuta in capo alla ricorrente, e in particolare lo sarebbero:
a) l'art. 4, comma 2, che, attribuendo la competenza sulle designazioni o nomine per la rinnovazione degli organi scaduti, in caso di inerzia degli organi collegiali, ai presidenti di detti organi, violerebbe sia la competenza regionale in materia di ordinamento degli uffici ed enti dipendenti dalle regioni (art. 117 della Costituzione) sia la competenza statutaria (art.123 della Costituzione), in quanto inciderebbe sulle norme che regolano le competenze degli organi collegiali, creando ex novo una competenza dei presidenti e sottraendo ai collegi i correlativi poteri;detta disposizione, inoltre, contrasterebbe con gli articoli 121 e 122 della Costituzione, per le nomine di competenza del Consiglio regionale, attesa la configurazione del presidente di detto organo, che non è autonomo rispetto al Consiglio stesso da cui è eletto per dirigerne i lavori (art. 122, terzo comma, della Costituzione) nè ha rilevanza esterna propria, a differenza del Consiglio, della Giunta e del Presidente di questa (art. 121, primo comma, della Costituzione);
b) l'art. 3 che, sul regime di proroga degli organi amministrativi scaduti e degli atti da questi emanati, limitando la competenza degli organi prorogati e sanzionando come illegittimi gli atti posti in essere fuori dei limiti ivi previsti, inciderebbe sulla competenza regionale in materia, violando l'art. 117 della Costituzione; la censura sarebbe da estendere al successivo art. 6 che prevede la nullità di diritto degli atti compiuti dagli organi scaduti;
c) l'art. 8, che, convalidando gli atti di ricostituzione di organi scaduti adottati, prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, da presidenti di organi collegiali, in sostituzione dei competenti collegi, violerebbe sia l'art.77, ultimo comma, della Costituzione, in relazione anche all'art. 15, comma 2, lett. d), della legge n. 400 del 1988, sia le competenze regionali in materia di organizzazione di uffici ed enti, impedendo alle regioni di revocare gli illegittimi atti dei loro presidenti e di provvedere diversamente in ordine agli organi scaduti, così rispristinando l'ordine naturale delle competenze;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle questioni.
Considerato che il decreto-legge 17 settembre 1993, n. 363 non è stato convertito in legge entro il termine prescritto, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 271 del 18 novembre 1993;
che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, ordinanze nn. 133 e 32 del 1994), le questioni sollevate dalla Regione Calabria devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, comma 2, 6, 8 e 9 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 363 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi), sollevate, in riferimento agli artt. 77, ultimo comma, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 1994.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 16/05/1994.