ORDINANZA N. 143
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 3, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, promossi con le seguenti ordinanze:
1) n. 2 ordinanze emesse il 12 luglio 1993 dal Pretore di Viterbo nei procedimenti civili vertenti tra Ercolani Anna, in proprio e n.q., ed altri e l'I.N.P.S., iscritte ai nn. 680 e 687 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1993;
2) n. 4 ordinanze emesse l'11 novembre 1993 dal Pretore di Savona nei procedimenti civili vertenti tra Tronchin Maria ed altre e l'I.N.P.S., iscritte ai nn. 804, 805, 806 e 807 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visti gli atti di costituzione dell'I.N.P.S. nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Luigi Mengoni.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da Anna Ercolani contro l'INPS per ottenere i ratei della pensione di invalidità di cui era titolare il defunto marito, dalla data della revoca del beneficio a quella del decesso, il Pretore di Viterbo, con ordinanza del 12 luglio 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 3, del d.l.19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n.438: il comma 1 reca un nuovo testo dell'art. 47, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, che prevede, rispettivamente, per le controversie in materia di trattamenti pensionistici un termine triennale di decadenza dall'azione giudiziaria (in luogo del precedente termine decennale, già qualificato di decadenza anzichè di prescrizione, dall'art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito nella legge 1° giugno 1991, n. 166), e per le controversie in materia di prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, tra cui i trattamenti economici di malattia, un termine di decadenza di un anno (termini decorrenti dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione, ovvero dalla scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla domanda di prestazione), mentre il comma 3 dispone che la nuova disciplina non si applica "ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data";
che, ad avviso del giudice remittente, nel caso di specie è applicabile la nuova disciplina, il procedimento giudiziale essendo stato promosso posteriormente all'entrata in vigore del d.l. n. 384 del 1992;
che, così interpretata, la legge è ritenuta contrastante: a) col principio di eguaglianza perchè discrimina ingiustificatamente i titolari del diritto, per i quali il dies a quo della decadenza dall'azione giudiziaria si è verificato anteriormente al detto giorno, a seconda che abbiano proposto la domanda giudiziale prima o dopo il 19 settembre 1992; b) col diritto di difesa, perchè il nuovo termine triennale era già scaduto quando è entrato in vigore il d.l. n. 384 del 1992, sicchè l'avente diritto è stata privata della tutela giurisdizionale non per sua inerzia, posto che era ancora in corso a quella data il più ampio termine previsto dalla normativa precedente; c) con l'art. 38 Cost. perchè la retroattività del nuovo regime pregiudica il diritto a una prestazione previdenziale;
che analoga questione, in riferimento ai medesimi parametri, è stata sollevata dallo stesso Pretore di Viterbo, con ordinanza in pari data, nel corso di più procedimenti riuniti, promossi da Romolo Bernardini e altri contro l'INPS per ottenere l'indennità di disoccupazione nella misura rivalutata spettante in base alla sentenza di questa Corte n.497 del 1988;
che il giudice remittente ritiene fondata l'eccezione di decadenza eccepita dall'INPS alla stregua della nuova disciplina, che assoggetta l'azione giudiziaria per questa prestazione previdenziale a un termine di decadenza di un anno, mentre la domanda sarebbe stata tempestivamente proposta se fosse rimasto applicabile il termine quinquennale previsto dalla disciplina precedente;
che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;
che, nel corso di quattro giudizi promossi da Maria Tronchin e altri contro l'INPS per ottenere le prestazioni economiche dell'assicurazione contro la tubercolosi, il Pretore di Savona, con altrettante ordinanze in data 11 novembre 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art.4, commi 2 e 4 (recte 1 e 3) del citato d.l. n. 384 del 1992 convertito nella legge n. 438 del 1992;
che le norme impugnate sono interpretate dal giudice remittente nel senso che restano sottratte alla nuova disciplina decadenziale soltanto le prestazioni previdenziali per le quali il procedimento giudiziario sia stato instaurato anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto e sia ancora in corso a tale data;
che, così interpretata, la legge è ritenuta contraria agli artt, 3, 24 e 113 Cost., con motivazione analoga a quella sopra riferita del Pretore di Viterbo;
che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
Considerato che i giudizi promossi dalle sei ordinanze vertono su questioni identiche o analoghe e, pertanto, possono essere riuniti e decisi con unico provvedimento;
che tali questioni sono già stata esaminate da questa Corte, che le ha dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, con sentenza n. 20 del 1994.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 3, del d.l.19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 - già dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, con sentenza n. 20 del 1994 - sollevate, in riferimento, rispettivamente, agli artt. 3, 24 e 38 della Costituzione, 3, 24 e 113 della Costituzione, dai Pretori di Viterbo e di Savona con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Luigi MENGONI, Redattore
Depositata in cancelleria il 13/04/94.