ORDINANZA N. 103
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Giudici
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 24 marzo 1993, n. 75, promosso con ordinanza emessa il 21 aprile 1993 dal Tribunale di Pesaro nel procedimento penale a carico di Ballardini Leopoldo, iscritta al n. 668 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46 prima serie speciale dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli;
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale nei confronti di Ballardini Leopoldo, imputato dei reati tributari previsti dall'art. 4 nn. 5 e 7 della legge 7 agosto 1982, n. 516, il Tribunale di Pesaro - decidendo sull'istanza dell'imputato diretta ad ottenere la sospensione del procedimento per consentire la presentazione della domanda di condono fiscale e la conseguente applicazione dell'amnistia prevista dal d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23 - con ordinanza del 21 aprile 1993 ha sollevato, in riferimento all'art. 79 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge 24 marzo 1993, n.75, "nella parte relativa alla estinzione per amnistia di reati per i quali si ritenga operante il condono fiscale ivi disciplinato";
che il giudice remittente premette che la legge n. 75 del 1993 ha "riaperto" i termini del condono fiscale di cui alla legge 30 dicembre 1991, n. 413, consentendo fino al 20 giugno 1993 la proposizione di nuove domande di condono, in grado di determinare effetti di estinzione per amnistia dei connessi reati tributari ai sensi del d.P.R. n. 23 del 1992;
che, ad avviso del giudice a quo, la stessa legge n. 75 del 1993 - approvata dalle Camere secondo la procedura ordinaria con maggioranza semplice - opererebbe una "reviviscenza" dell'amnistia prevista dal d.P.R. n. 23 del 1992, così violando l'art. 79 della Costituzione che, nel testo modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 1992, richiede, per la legge che concede l'amnistia, la maggioranza di due terzi per l'approvazione di ogni articolo e per la votazione finale;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato per chiedere che la questione sia dichiarata infondata.
Considerato che il giudice a quo ha impugnato la legge 24 marzo 1993, n. 75, di conversione del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, "nella parte relativa alla estinzione per amnistia di reati per i quali si ritenga operante il condono fiscale ivi disciplinato", deducendo la questione di costituzionalità dal fatto che la legge impugnata avrebbe operato una "reviviscenza" dell'amnistia prevista dal d.P.R. n. 23 del 1992;
che, diversamente da quanto affermato nell'ordinanza di rinvio, la legge n. 75 del 1993, essendosi limitata a regolare, all'art. 3, primo e secondo comma, la riapertura dei termini per la presentazione delle dichiarazioni e delle istanze ai fini dell'applicazione del condono tributario previsto dalla legge n. 413 del 1991, ha investito soltanto la disciplina della condizione pregiudiziale indicata dal d.P.R.n. 23 del 1992 per la concessione dell'amnistia per i reati tributari commessi fino al 30 settembre 1991 - condizione costituita dalla definizione agevolata delle controversie tributarie - ma non ha assunto la natura di legge di amnistia ai sensi dell'art. 79 della Costituzione, non avendo formulato alcuna disposizione innovativa relativamente ai reati ai quali, ai sensi del d.P.R. n. 23 del 1992, può applicarsi la misura di clemenza;
che, come già affermato da questa Corte nell'ordinanza n.452 del 1993, ogni ulteriore effetto in sede penale derivante dalla presentazione delle dichiarazioni e delle istanze per la definizione agevolata delle controversie tributarie così come previsto dalle disposizioni impugnate è rimesso all'interpretazione del giudice, che è tenuto a valutare, oltre alla realizzazione della suddetta condizione, la sussistenza di tutti gli altri requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dal d.P.R. n. 23 del 1992 per la concessione dell'amnistia ivi disciplinata;
che, pertanto, la questione di costituzionalità deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legge 24 marzo 1993, n. 75, (Disposizioni in materia di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonchè altre disposizioni tributarie), sollevata, in riferimento all'art. 79 della Costituzione, dal Tribunale di Pesaro con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/03/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24/03/94.