ORDINANZA N. 75
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) promosso con ordinanza emessa il 14 gennaio 1993 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia sul ricorso proposto da Mazzarolo Augusto contro l'Intendenza di Finanza di Venezia, iscritta al n. 654 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 1994 il Giudice relatore Renato Granata;
Ritenuto che - nel corso del giudizio d'appello avente ad oggetto la pretesa di Mazzarolo Augusto al rimborso dell'imposta pagata a titolo di IRPEF sull'indennità di fine rapporto erogatagli dall'INADEL il 5 febbraio 1982, pretesa contrastata dall'Intendenza di finanza che deduceva, tra l'altro, la decadenza del diritto a rimborso (ex art. 38, comma 2, d.P.R. n. 602/73) per tardività della relativa domanda - la Commissione tributaria di secondo grado di Venezia ha sollevato (con ordinanza del 14 gennaio 1993) questione incidentale di legittimità costituzionale, con riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 38, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 per violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) in quanto riserva ai dipendenti non solo di imprese private, ma anche di enti pubblici diversi dalle Amministrazioni statali, un trattamento irragionevolmente diverso da quello dei dipendenti statali atteso che, mentre questi ultimi hanno dieci anni di tempo per chiedere il rimborso delle imposte ritenute sui loro emolumenti e indennità (ex art. 37 d.P.R. n. 602/73), i primi hanno soltanto diciotto mesi (ex art. 38 d.P.R. n. 602/73);
che - rileva ancora la Commissione tributaria rimettente - ancorchè la legge 26 settembre 1985 n. 482, nel modificare il trattamento fiscale delle indennità di fine rapporto, abbia stabilito, fra l'altro, l'applicabilità delle nuove disposizioni nei giudizi "ritualmente promossi e pendenti" alla data della sua entrata in vigore, in realtà occorre (perchè ci sia la pendenza di un giudizio <<ritualmente>> promosso) che la pretesa di rimborso sia stata tempestivamente fatta valere, sicchè la sua tempestività condiziona l'applicabilità della nuova (più favorevole) normativa;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata;
Considerato che secondo la giurisprudenza di legittimità e tributaria la nuova normativa della tassazione dell'indennità di fine rapporto si applica a tutti i giudizi pendenti senza che sia di ostacolo l'eventuale decadenza per inosservanza del termine di diciotto mesi di cui all'art. 38 d.p.r. n.602/73 ove si tratti di indennità percepite a partire dal 1° gennaio 1980, le quali <<in ogni caso>> - come prescrive l'art. 5 legge n.482/85 cit., così introducendo una disposizione che è speciale e, in particolare, derogatoria anche dell'art. 38 cit. (così come già questa stessa Corte ha rilevato: v. ord. n.145 del 1990) - devono essere riliquidate secondo i nuovi criteri (più favorevoli per il contribuente) di calcolo dell'imposta;
che nella specie l'oggetto della controversia tributaria riguarda proprio la riliquidazione di un'indennità percepita dopo la data suddetta;
che pertanto, non trovando applicazione la norma censurata in ragione del diritto vivente come risultante dalla citata giurisprudenza, la questione di costituzionalità è priva dell'indefettibile requisito della rilevanza e quindi è manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n.87 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 03/03/94.