Sentenza n.18 del 1994

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SENTENZA N. 18

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, nono comma, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonche' altre disposizioni urgenti), convertito con modificazioni nella legge 26 settembre 1990, n.165, promosso con ordinanza emessa il 28 ottobre 1992 dalla Commissione tributaria di primo grado di Larino sul ricorso proposto da Salerno Antonio contro l'Ufficio II. DD. di Termoli, iscritta al n. 278 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 1993 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

1. Nel corso di un procedimento scaturito dal ricorso proposto da Salerno Antonio avverso una cartella esattoriale emessa a seguito della provvisoria iscrizione a ruolo, in base ad accertamento notificato il 18 dicembre 1990, di somme dovute a titolo di I.R.PE.F. e I.L.O.R. per l'anno 1984, la Commissione tributaria di primo grado di Larino, con ordinanza emessa in data 28 ottobre 1992, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.5, nono comma, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonche' altre disposizioni urgenti), convertito con modificazioni nella legge 26 giugno 1990, n. 165, nella parte in cui non prevede che soltanto a decorrere dall'anno d'imposta 1990 possa trovare applicazione la detta disposizione, in forza della quale, nel caso di provvisoria iscrizione a ruolo di somme dovute per imposte sul reddito o sul valore aggiunto (art. 15, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e art. 60, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), "devono essere iscritti a ruolo e pagati anche i relativi interessi".

 

Nel giudizio a quo la parte ricorrente sosteneva che il disposto di cui al citato art. 5, nono comma, del decreto-legge 27 aprile 1990, n.90 non poteva essere applicato retroattivamente; ma si ribatteva, da parte dell'Ufficio tributario, che, trattandosi di norma processuale, la stessa doveva trovare comunque immediata applicazione.

 

La Commissione tributaria, ritenuta condivisibile questa ultima interpretazione, ha osservato -però- nell'ordinanza di rimessione, che l'applicazione della norma in questione anche con riferimento a somme dovute a titolo di imposta per anni precedenti a quello della sua entrata in vigore potrebbe dar luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento fra i soggetti ai quali l'accertamento (come nel caso specifico) sia stato notificato in epoca successiva alla detta entrata in vigore e quelli ai quali analogo accertamento (avendo l'Amministrazione operato con maggiore tempestività) sia stato notificato in epoca precedente, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione.

 

2. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

A sostegno di tale richiesta la difesa erariale motiva che la pretesa disparità di trattamento non attiene alla imposizione, ma esclusivamente al procedimento di riscossione del tributo, e precisamente ad una fase del tutto provvisoria e momentanea di detto procedimento, esaurita la quale, datosi luogo all'accertamento e alla riscossione in via definitiva, identico risulterà il trattamento dei contribuenti, avendo ciascuno pagato le imposte dovute, con gli interessi maturati fino al momento del pagamento.

 

A ciò si aggiunga, prosegue l'Avvocatura, che la differenziazione provvisoria trae comunque giustificazione razionale dal fatto che l'elemento differenziatore e' costituito dal naturale fluire del tempo, in relazione al quale vanno raffrontate non le posizioni dei contribuenti del medesimo periodo di imposta, ma quelle dei contribuenti che, quale che sia il tributo e il periodo di riferimento di esso, si trovino parimenti assoggettati a riscossione in via provvisoria. Invero, non si verifica in tal modo alcuna ingiustificata diversità di trattamento, dal momento che tutte le riscossioni antecedenti la data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 1990 sono state eseguite senza includere gli interessi, e tutte le successive sono state eseguite con aggravio, invece, degli interessi.

 

 

Considerato in diritto

 

 

1. La Commissione tributaria di 1° grado di Larino, con ordinanza emessa il 28 ottobre 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, nono comma, del decreto- legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini della imposta sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonche' altre disposizioni urgenti), convertito con modificazioni nella legge 26 giugno 1990, n. 165, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che soltanto a decorrere dall'anno d'imposta 1990 possa trovare applicazione la detta disposizione, in forza della quale, nel caso di provvisoria iscrizione a ruolo delle somme dovute per imposte sul reddito o sul valore aggiunto (art. 15, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e art. 60, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633), "devono essere iscritti a ruolo e pagati anche i relativi interessi".

 

In particolare il giudice a quo ravvisa una disparità di trattamento tra la situazione di coloro per i quali e' prevista l'iscrizione a ruolo ed il pagamento di interessi su una imposta relativa ad anni precedenti a quello cui si riferisce la disposizione impugnata (nella specie il riferimento e' all'anno 1984), ma il cui accertamento e' avvenuto pochi mesi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 1990, ed altri contribuenti che, in relazione agli stessi anni d'imposta, abbiano ricevuto l'avviso di accertamento ed una iscrizione a ruolo provvisoria (senza gli interessi) prima dell'aprile 1990.

 

2. La questione non e' fondata.

 

Va premesso che, ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), l'iscrizione nei ruoli delle imposte viene effettuata in base ad accertamenti non definitivi, in una misura diversa a seconda delle fasi di svolgimento del contenzioso in corso. La prima misura del pagamento sulle imposte contestate scatta "dopo la notifica dell'atto di accertamento, per un terzo dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggior imponibile accertato dall'ufficio".

 

Poiche' nella norma ora richiamata non si precisava se nella somma da iscriversi e pagarsi dovessero calcolarsi anche gli interessi, dovuti a norma dell'art. 20 dello stesso d.P.R., ed essendo emersi diversi orientamenti al riguardo, il legislatore -mediante l'art. 5, nono comma, del decreto-legge n. 90 del 1990, convertito nella legge n. 165 del 1990- ha stabilito che "oltre le somme indicate nell'art. 15, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (...) devono essere iscritti a ruolo e pagati anche i relativi interessi".

 

La nuova disposizione e' entrata in vigore il 1° maggio 1990, ed e' stata quindi applicata a cominciare dagli avvisi di accertamento notificati dopo questa data. Da qui la doglianza che forma oggetto dell'ordinanza di rimessione: questione che non attiene, quindi, alla misura e alla decorrenza degli interessi dovuti ai sensi dell'art. 20 del d.P.R. n.602 del 1973 (in ordine alle quali non si lamenta alcuna disparità), ma riguarda unicamente il momento della loro iscrizione a ruolo e del loro pagamento prima della definitività a conclusione del contenzioso.

 

3. La questione non può essere accolta, non tanto per la considerazione relativa alla provvisorietà dell'anticipazione del pagamento, quanto perche' e' ravvisabile una diversità di situazioni là dove il giudice a quo ritiene invece verificarsi un ingiustificato diverso trattamento tra situazioni omogenee, oltre che in base a principi generali del nostro sistema giuridico.

 

Sotto il primo profilo va anzitutto osservato che se la notifica dell'avviso di accertamento e le successive fasi del contenzioso si sono verificate (per i più vari motivi) in un tempo più breve per un contribuente (e -per quel che qui interessa- prima del maggio 1990) rispetto ad un altro, pur con riguardo ad imposte relative allo stesso anno, ciò non esclude che le situazioni siano diverse, quanto meno perche' l'amministrazione finanziaria -in uno dei due casi- ha potuto ottenere prima la realizzazione della sua pretesa tributaria. Ma soprattutto deve in proposito ricordarsi il costante orientamento di questa Corte (sentenze nn. 322 del 1987; 159 del 1987; 283 del 1984 ed altre), secondo cui "il fatto che alla stessa categoria di soggetti si applichi un trattamento differenziato per effetto del mutamento della disciplina non contrasta col principio di eguaglianza, poiche' il trascorrere del tempo costituisce di per se' un elemento differenziatore".

 

4. In linea di principio, la questione va inquadrata nel regime di successione di diverse leggi durante il procedimento di applicazione della disciplina giuridica ad una imposta nel caso concreto. Vige in proposito la regola generale che il sopravvenire di una nuova norma applicabile ad un fatto simile a quello regolato dalla norma precedente non determina una disparità di trattamento costituzionalmente illegittima. Per quanto specificatamente riguarda la materia tributaria, può distinguersi tra momento genetico e momento realizzativo della pretesa tributaria, soggetti ciascuno, per loro natura, alla disciplina vigente al momento del loro attualizzarsi.

 

L'iscrizione a ruolo ed il pagamento attengono al momento della riscossione e quindi ad essi e' applicabile legittimamente la norma esecutiva sopravvenuta senza dovere, questa situazione, essere raffrontata o parificata al diverso trattamento di analoga situazione precedentemente verificatasi.

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzione dell'art. 5, nono comma, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonche' altre disposizioni urgenti), convertito con modificazioni nella legge 26 giugno 1990, n. 165, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Larino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/01/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 03/02/94.