Ordinanza n. 489 del 1993

CONSULTA ONLINE

ORDINANZA N. 489

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) n.68 ordinanze emesse il 6 aprile 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Foggia nei procedimenti penali a carico di Croce Pietro ed altri, iscritte ai nn. da 487 a 548, 592, 593, 594, 614, 618 e 641 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.38, 39, 41, 42 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1993;

2) ordinanza emessa il 24 gennaio 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Matera nel procedimento penale a carico di Pastore Carlo, iscritta al n. 617 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Foggia ha sollevato, con numerose ordinanze, questione di legittimità costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede, tra gli atti che interrompono il corso della prescrizione del reato, anche la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, deducendo al riguardo la violazione dell'art.3 della Costituzione in quanto, mentre nei confronti dell'imputato "semplicemente" rinviato a giudizio si applica un termine di prescrizione del reato più lungo, operando l'effetto interruttivo connesso alla translatio iudicii, l'imputato "addirittura" assoggettato ad una richiesta di condanna - quale è la richiesta di emissione di decreto penale - non subisce l'identico effetto interruttivo, con la conseguenza che "ad un atto di maggior portata punitiva corrisponde minor efficacia, nell'esprimere l'attualità della volontà punitrice dello Stato";

che analoga questione è stata sollevata dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera, il quale, nel denunciare la medesima norma per violazione del principio di uguaglianza e per contrasto con l'art. 112 della Costituzione, rileva a quest'ultimo riguardo che la disposizione censurata avrebbe omesso "di considerare la possibilità che il P.M. richieda decreto penale di condanna per un reato prossimo a prescriversi ed il giudice la rigetti e restituisca gli atti (art. 459.3 c.p.p.) quando ormai si è verificata la causa d'estinzione del reato";

e che nei giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti;

che i giudici a quibus nella specie richiedono una pronuncia additiva in materia penale volta ad integrare la serie degli atti che tassativamente l'art. 160 del codice penale enumera come i soli idonei a produrre l'effetto di interrompere il corso della prescrizione;

che una simile pronuncia palesemente fuoriesce dai poteri spettanti a questa Corte, ostandovi il principio di legalità sancito dall'art. 25 della Costituzione (v., da ultimo, ordinanze nn. 391, 188 e 193 del 1993);

e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Foggia e dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/93.