SENTENZA N. 362
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale della legge 8 agosto 1992, n.359, concernente: "Conversione in legge con modificazioni del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, recante misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica" e del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, recante: "Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali", promossi con ricorsi della Regione Sicilia, notificati l'11 settembre e l'11 dicembre 1992, depositati in cancelleria il 21 settembre e il 18 dicembre 1992 ed iscritti ai nn. 66 e 71 del registro ricorsi 1992.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;
uditi l'avv. Francesco Castaldi per la Regione Sicilia e l'avv. dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
l. La Regione Sicilia, con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri l'11 settembre 1992, ha promosso giudizio di legittimità costituzionale, in via principale, della l. 8 agosto 1992, n. 359.
Con il ricorso si espone che la legge impugnata - dopo avere previsto, tra l'altro, l'istituzione di un'imposta straordinaria immobiliare sui fabbricati e di un'imposta straordinaria sui depositi bancari e postali (art. 7), l'aumento dell'imposta di bollo (art. 9) e l'aumento delle tasse sulle concessioni governative (art. 10) - all'art. 13 ha disposto che le relative entrate "sono riservate all'erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento degli strumenti antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonchè alla realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".
Secondo la regione ricorrente, così disponendo la legge statale avrebbe violato l'art. 36 dello statuto regionale (che ne garantisce l'autonomia finanziaria), in relazione al disposto dell'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (recante norme di attuazione dello statuto in materia finanziaria), il quale consente la riserva allo Stato di nuove entrate, solo ove siano destinate dalle leggi che le prevedono alla copertura di oneri diretti a soddisfare "particolari finalità", specificate nelle leggi medesime. Tale condizione non si verificherebbe nel caso di specie, essendo la riserva rivolta genericamente alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico e alle esigenze di riequilibrio del bilancio statale.
Inoltre, essa non riguarda solo le nuove imposte straordinarie, ma anche l'aumento dell'imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative, destinato a produrre effetti senza limite di tempo.
La regione lamenta, infine, che la riserva allo Stato degli aumenti di imposte già esistenti risulta "di difficile applicazione per l'impossibilità di discriminare le quote dell'aumento oggetto della riserva dal normale gettito del tributo di spettanza regionale".
2. Si è costituito dinanzi a questa Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Nell'atto di costituzione si osserva che, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 61 e 87 del 1987), "l'eccezione alla regola che vuole devoluta alla regione ogni nuova entrata tributaria (da riscuotersi nel territorio regionale) richiede nella legge istitutiva (confermativa, o maggiorativa dei proventi) la inclusione di una apposita clausola di destinazione a particolari finalità statali da soddisfare, o altro pertinente, specifico riferimento ad essa".
Tale condizione, sarebbe stata adempiuta dal legislatore, in quanto la riserva all'erario del gettito delle imposte straordinarie di nuova istituzione (sui fabbricati e sui depositi bancari e postali) e degli aumenti disposti della imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative è contestualmente destinata "alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico", nonchè al soddisfacimento degli "impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria": vincolo di destinazione duplicemente specifico.
Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, infine, le finalità cui ha riguardo la norma-parametro ben possono essere "continuative" e, per altro verso, l'addotta impossibilità di discriminare le quote dell'aumento del bollo e delle tasse di concessioni dal normale gettito di tali tributi (conservato alla regione) non sussiste, bastando al riguardo un semplice calcolo proporzionale.
3. Con successiva memoria la Regione Sicilia ha insistito nel ricorso, contestando le argomentazioni dell'Avvocatura generale dello Stato.
Ha sostenuto, in proposito, che secondo la giurisprudenza costituzionale la particolarità del fine è rinvenibile solo ed esclusivamente quando sussista l'eccezionalità di una situazione contingente, che legittima l'attribuzione, comunque eccezionale rispetto al sistema ordinario, all'erario dell'intero provento delle nuove imposte. Nel caso di specie, viceversa, non vi sarebbe una situazione eccezionale che giustifichi la destinazione. In particolare, mancherebbe quel carattere di temporaneità dell'imposizione, che trova il suo presupposto nell'eccezionalità della situazione che legittima la riserva allo Stato.
Secondo la regione siciliana, l'eccezionalità del fatto cui riconnettere la finalità particolare, deve essere un evento naturale imprevedibile, e non - come nel caso in specie - la conseguenza di un comportamento del soggetto (lo Stato) che lo adduce come condizione legittimante dell'eccezionalità della norma.
Consentendosi allo Stato di far ricadere sulla regione gli oneri derivanti dal debito pubblico, infatti, non costituendo questo un fatto contingente ed occasionale, si legittimerebbe la riserva allo Stato di ogni futura imposizione, destinandola alla copertura degli oneri suddetti.
Inoltre, secondo la regione siciliana, le entrate dovute alle nuove imposte o all'addizionale su imposte già esistenti, sono destinate non solo, come esplicitamente afferma l'art. 13, alla copertura degli oneri del debito pubblico ma anche al soddisfacimento di maggiori spese, dovute a misure introdotte con lo stesso decreto legge n. 333 del 1992.
Il comma 7 dell'art. 8 del decreto stabilisce, ad esempio, che le maggiori entrate vengano destinate al soddisfacimento degli oneri dovuti ai nuovi controlli fiscali dell'anagrafe tributaria. Ugualmente l'art. 10 destina le maggiori entrate alla copertura delle passività dovute alle agevolazioni sulla tassa di concessione per l'iscrizione delle società nel registro delle imprese. Pertanto, il decreto-legge destina le maggiori entrate a soddisfare finalità che nulla hanno di particolare, ma che sono, invece, connesse ad una manovra fiscale generale. Ne conseguirebbe l'illegittimità del d.l. n. 333 del 1992 anche sotto questo profilo, poichè le maggiori entrate verrebbero destinate al soddisfacimento di finalità che nulla hanno di particolare, ma che costituisco no, invece, normali oneri di un bilancio.
4. La regione siciliana, con altro ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri l'11 dicembre 1992, ha promosso giudizio di legittimità costituzionale in via principale del d.l. 19 settembre 1992, n.384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438.
Con il ricorso si espone che detta legge prevede, tra l'altro, l'istituzione di una imposta straordinaria per l'anno 1992 su determinati beni ivi indicati (art. 8, n. 1) sulle riserve di caccia e di pesca (art. 8, n. 9); l'adeguamento delle detrazioni d'imposta e nuove aliquote Irpef (art. 9); la trasformazione di alcuni oneri deducibili in detrazioni di imposta e l'indeducibilità ai fini dell'Irpef e dell'Irpeg dell'imposta locale sui redditi (art. 10); disposizioni circa l'accertamento presuntivo dei redditi delle imprese minori e da lavoro autonomo, nonchè in ordine alla liquidazione e riscossione delle relative imposte (artt. 11 e 11 bis); la soggezione all'imposta straordinaria immobiliare delle abitazioni assegnate ai soci dalle cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa (art.12 bis); disposizioni limitative della deducibilità, ai fini della tassazione dei redditi d'impresa, degli interessi passivi (art. 13 bis).
L'art. 13 della legge dispone, in particolare, che "le entrate derivanti dal presente capo sono riservate all'erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento di strumenti antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonchè alla realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria (primo comma). Con decreto del ministro delle finanze, di concerto con il ministro del tesoro, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, saranno definite, ove necessarie, le modalità per l'attuazione di quanto previsto al comma 1".
Secondo la regione ricorrente, così disponendosi sarebbe stato violato l'art. 36 dello statuto speciale in relazione al disposto dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, il quale riserva alla regione "tutte le entrate erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime".
Il suddetto art. 13, infatti, sarebbe rivolto genericamente alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico e alle esigenze di riequilibrio del bilancio statale, senza identificare in modo adeguato un fine specifico delle nuove entrate.
Non è previsto, inoltre, un limite temporale alla riserva delle nuove entrate allo Stato, per cui quest'ultima continuerà a dispiegare i propri effetti indefinitamente nel tempo, sottraendo alla finanza della regione quote tributarie, alla stessa attribuite dallo statuto e dalle relative norme di attuazione, anche quando le ipotetiche esigenze poste a fondamento della suddetta riserva statale saranno venute meno.
Infine, la riserva sarebbe in concreto di difficile attuazione per l'impossibilità di discriminare le quote dei maggiori proventi derivanti dall'applicazione delle disposizioni della legge impugnata (eccezione facendo per l'imposta straordinaria) dal normale gettito del tributo di spettanza regionale.
5. Dinanzi a questa Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, giacchè la riserva all'erario del gettito derivante dalle misure fiscali adottate col d.l. n.384 del 1992 è specificamente finalizzata "alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico", oltre che all'osservanza degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria. Quanto alla mancata previsione di un limite temporale entro il quale la riserva del gettito dell'erario è destinata a restare operante, tale predeterminazione non è in alcun modo desumibile dalla norma- parametro che, al contrario, parlando di "finalità contingenti o continuative dello Stato", autorizza a ritenere costituzionalmente legittima anche una riserva di gettito destinata a rimanere - ove necessario - operante a tempo indeterminato.
Considerato in diritto
l. I ricorsi hanno per oggetto questioni analoghe e pertanto vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
2. La Regione Sicilia ha chiesto a questa Corte di decidere:
a) se la legge 8 agosto 1992, n. 359 - che ha istituito un'imposta straordinaria sui fabbricati, un'imposta straordinaria sui depositi bancari e postali, l'aumento dell'imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative - riservando allo Stato (art. 13) le relative entrate (o maggiori entrate) - violi l'art. 36 dello statuto siciliano in relazione all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074;
b) se il d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 - che ha istituito un'imposta straordinaria su determinati beni mobili; l'adeguamento delle detrazioni d'imposta e nuove aliquote Irpef; la trasformazione di alcuni oneri deducibili in detrazioni d'imposta e l'indeducibilità, ai fini dell'Irpef e dell'Irpeg, dell'imposta locale sui redditi; disposizioni circa l'accertamento presuntivo dei redditi delle imprese minori e da lavoro autonomo, nonchè in ordine alla liquidazione e riscossione delle relative imposte; la soggezione all'imposta straordinaria immobiliare delle abitazioni assegnate ai soci delle cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa; disposizioni limitative della deducibilità, ai fini della tassazione dei redditi d'impresa, degl'interessi passivi - riservando allo Stato (art. 13, primo comma) le relative entrate (o maggiori entrate) - violi a sua volta l'art. 36 dello statuto regionale in relazione all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.
Secondo la regione la "riserva" di dette entrate allo Stato non sarebbe consentita dalle norme ora indicate, le quali, in via di principio, le attribuiscono tutte le entrate tributarie riscosse nel suo territorio, fatta eccezione per le nuove entrate destinate dalle leggi che le prevedono alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità dello Stato, specificate nelle leggi medesime.
Detto vincolo di destinazione non sarebbe ravvisabile nelle leggi impugnate, essendo del tutto generica la finalità di far fronte agli oneri derivanti dal debito pubblico o al riequilibrio del bilancio statale e riferendosi le nuove entrate, in parte, ad una manovra fiscale generale. Inoltre le nuove entrate sarebbero riservate allo Stato senza limiti di tempo e senza lo scopo di far fronte ad una situazione eccezionale e contingente. Il loro computo, infine, rispetto alle entrate precedenti, sarebbe di difficile attuazione.
3. Va preliminarmente rilevato che la riserva allo Stato delle entrate in questione è stata disposta dall'art. 13 del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359 e dall'art. 13, primo comma, del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438. Ancorchè la regione abbia formalmente impugnato l'intera legge 8 agosto 1992, n. 359 e l'intero d.l.19 settembre 1992, n. 384 con la relativa legge di conversione, deve ritenersi pertanto che, in effetti - secondo quanto si evince dalle censure formulate e dalle argomentazioni esposte nei ricorsi - essa abbia inteso impugnare l'art. 13 del d.l. n. 333 del 1992, convertito nella legge n. 359 del 1992 e l'art. 13, primo comma, del d.l. n. 384 del 1992, convertito nella legge n. 438 del 1992.
4. Le questioni sono infondate.
Va premesso che l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n.1074, nel dettare le norme di attuazione dello statuto della Regione Sicilia in materia finanziaria, ha disposto che, ai sensi del primo comma dell'art.36 dello statuto "spettano alla regione, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime".
Questa Corte (sentenze n. 61 e n. 87 del 1987) ha affermato che l'eccezione al principio devolutivo alla Regione Sicilia dei proventi delle nuove entrate tributarie, riscosse nel suo territorio, richiede nella legge "la inclusione di un'apposita clausola di destinazione alle particolari finalità statali da soddisfare". Tali finalità, secondo quanto risulta dagli impugnati artt. 13 del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359 e 13, primo comma, del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 - sono state espressamente identificate e definite dal legislatore, il quale ha destinato le nuove entrate in questione "alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonchè alla realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degl'impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".
Trattasi di finalità chiaramente individuate e riferite all'emergenza finanziaria, in relazione alla quale le nuove entrate hanno una funzione essenziale anche in adempimento di precisi impegni comunitari, ai quali la legge fa esplicito riferimento.
Privo di consistenza è il rilievo che la riserva allo Stato delle nuove entrate non sia circoscritta nel tempo, poichè il sopra citato art. 2 delle norme di attuazione dello statuto siciliano, prevede la possibilità della riserva stessa anche in relazione a finalità "continuative" (oltre che contingenti), come tali destinante ad essere perseguite senza limitazioni cronologicamente determinate.
Nè può ritenersi - come vorrebbe la regione - che la riserva possa operare solo in riferimento ad "eventi naturali imprevedibili", ai quali lo Stato debba fare fronte, non essendo rinvenibile una simile limitazione nella lettera del citato art. 2 ed essendo la stessa incompatibile con la sua ratio, che è quella di consentire alla legge dello Stato di istituire nuove entrate tributarie destinate alla realizzazione di finalità proprie all'intera comunità nazionale.
Neppure integra violazione delle norme di riferimento l'affermata difficoltà di computo delle nuove entrate rispetto alle precedenti: essa, infatti, oltre ad essere non dimostrata, non è valutabile in relazione alla legittimità costituzionale della disciplina, non inserendosi nell'oggetto di un tale giudizio le eventuali difficoltà di fatto nell'applicazione della legge.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, recante: "Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica", convertito nella legge 8 agosto 1992, n.359 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 11 luglio 1992, n. 333, recante misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), promosso dalla Regione Sicilia, in relazione agli artt. 36 dello statuto regionale e 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, con il ricorso 11 settembre 1992;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.13, primo comma, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), convertito con modificazioni nella l.14 novembre 1992, n. 438 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, recante misure urgenti in materia di previdenza di sanità e di pubblico impiego, nonchè disposizioni fiscali), promosso dalla Regione Sicilia, in relazione all'art. 36 dello statuto regionale e all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, con il ricorso 11 dicembre 1992.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/06/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Gabriele PESCATORE, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/07/93.