Sentenza n. 360 del 1993

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SENTENZA N. 360

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma secondo, 4, comma primo, 6, 16, 22, commi primo, secondo, terzo e sesto, 24, commi primo e secondo, 35 e 36 della legge della Regione Valle d'Aosta riapprovata il 16 febbraio 1993, recante: "Disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 9 marzo 1993, depositato in cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 1993.

 

Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Valle d'Aosta;

 

udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

 

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il ricorrente, e l'avv.Gustavo Romanelli per la Regione.

 

Ritenuto in fatto

 

l. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 9 marzo 1993, ha impugnato gli artt. 3, comma secondo; 4, comma primo; 6; 16;22, commi primo, secondo, terzo e sesto; 24, commi primo e secondo; 35 e 36 della legge regionale della Valle d'Aosta riapprovata il 16 febbraio 1993, recante "Disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali". Nel ricorso si deduce la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonchè dell'art. 43, primo comma, dello statuto della regione Valle d'Aosta, in relazione ai principi stabiliti dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.

 

Al riguardo si espone quanto segue.

 

L'art. 1, comma secondo, della legge 8 giugno 1990, n. 142 dispone che i principi dettati sull'ordinamento delle autonomie locali si applica no anche nelle regioni a statuto speciale, se compatibili con le attribuzioni previste dai relativi statuti. Tale compatibilità, quanto alla Regione Valle d'Aosta, sarebbe dimostrata dalla previsione (art. 62 della legge n.142) di una delega al Governo per l'emanazione, con una particolare procedura, di norme per "armonizzare" le disposizioni della legge n. 142 con l'ordinamento della regione medesima: a tale delega si è adempiuto con il d.legs. 27 aprile 1992, n. 282. Inoltre, ai sensi dell'art. 43, primo comma, dello statuto valdosta no, il controllo sugli atti dei comuni e degli altri enti locali è esercitato dalla regione "nei modi e limiti stabiliti con legge regionale in armonia con i principi delle leggi dello Stato".

 

Ne deriverebbe che la regione, in tale materia, deve rispettare i principi fondamentali dettati dalla legge n. 142.

 

Questa, agli artt. 42 e 43, fissa due criteri generali per quanto riguarda la composizione dell'organo: il primo risultante dalla integrazione della componente elettiva con un membro designato dal rappresentante del Governo nella regione; il secondo, risultante dalla previsione di determinati requisiti tecnici dei componenti, nonchè d'indipendenza e imparzialità.

 

Nel ricorso si sostiene che tali principi sarebbero stati violati dagli articoli impugnati e precisamente:

 

a) dall'art. 3, comma secondo, che ha attribuito al Consiglio regionale l'elezione di tutti (e cinque) i componenti dell'organo di controllo, privandolo - in dissonanza con il primo dei suindicati criteri generali - dell'apporto di un membro di designazione "governativa";

 

b) dall'art. 4, comma primo, il quale prevede, quale requisito per l'elezione, la residenza nella regione per almeno tre anni e non - come stabilito dall'art. 42 - per gli esperti in materie giuridico- amministrative ed economico-finanziarie, almeno dieci anni d'iscrizione in particolari albi e la proposta da parte del rispettivo ordine professionale;

 

c) dall'art. 6 il quale, rispetto al disposto dell'art. 43 della legge n.142, per un verso limita agli "eletti nella regione" la condizione d'incompatibilità ivi prevista (alla lett. a) per i membri del Parlamento europeo e di quello nazionale e, per altro verso, non considera affatto tra le cause d'ineleggibilità l'aver ricoperto la carica di amministratore degli enti soggetti al controllo nell'anno precedente alla costituzione dell'organo;

 

d) dall'art. 16, il quale prevede una forma d'indicizzazione del compenso dei componenti la commissione, non prevista e non consentita dalla legge n.142;

 

e) dagli artt. 22 e 24, in quanto la disciplina dei termini procedimentali ivi prevista non rientrerebbe tra i possibili oggetti della disciplina regionale ai sensi dell'art. 44 della anzidetta legge;

 

f) dall'art. 35, in quanto differisce l'applicazione delle norme sulla composizione dell'organo al primo rinnovo del Consiglio regionale successivo all'entrata in vigore della disciplina relativa, mentre una volta intervenuto il decreto legislativo n. 282 del 1992, di armonizzazione delle disposizioni della legge n. 142 con le particolari condizioni di autonomia della Valle d'Aosta, non sarebbe configurabile alcuna ragione idonea a giustificare detto differimento;

 

g) dall'art. 36 in quanto, assoggetta alla nuova disciplina "tutte le deliberazioni adottate dopo la sua entrata in vigore", mentre l'art. 61 della legge n. 142 del 1990 prevede l'immediata applicabilità della nuova disciplina a tutta l'attività di controllo, senza altro limite che l'emanazione delle normative regionali.

 

2. Si è costituita davanti a questa Corte la Regione Valle d'Aosta, deducendo innanzitutto l'inammissibilità del ricorso perchè formulato in maniera generica e senza la specificazione dei principi costituzionali che si assumono violati.

 

Nel merito, la regione contesta che i principi della legge n. 142 del 1990 siano tutti, indistintamente, applicabili, ai sensi dell'art. 1, comma secondo, anche alle regioni a statuto speciale e lamenta che l'esegesi che se ne dà nel ricorso sia "antitetica rispetto al suo dato testuale, secondo cui le disposizioni della legge non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste negli statuti e nelle relative norme di attuazione". Sostiene, pertanto, che "nel corpus della legge n. 142 del 1990 si possono individuare disposizioni che non si applicano alla Regione Valle d'Aosta, in quanto in contrasto con lo statuto di autonomia speciale, e disposizioni che possono applicarsi soltanto in quanto oggetto di specifico adattamento alla realtà regionale". La legge n. 142, comunque, non potrebbe incidere in alcun modo sulla competenza attribuita alla regione dall'art. 43 dello statuto, di disciplinare "il controllo sugli atti dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, dei consorzi e delle consorterie ed altri enti locali", con l'unico limite "dell'armonizzazione con i principi della legislazione statale".

 

Passando all'esame delle singole censure, la regione sostiene quanto segue.

 

L'art. 43 dello statuto regionale non prevede la composizione degli organi di controllo fra le materie la cui disciplina deve essere armonizzata con quella statale, essendo posto tale vincolo esclusivamente per le modalità di esercizio del controllo, nè prevede l'integrazione dell'organo regionale con membri designati dallo Stato.

 

I requisiti individuati dalla legge regionale per l'eleggibilità nella commissione di controllo non contrastano con l'esigenza di assicurare una particolare qualificazione tecnica e la necessaria indipendenza dei membri della commissione stessa. Infatti, da un lato la designazione da parte degli ordini professionali richiesta dall'art. 42 della legge statale n. 142 del 1990 non può essere ritenuta condizione necessaria e sufficiente per garantire la terzietà dell'organo; dall'altro, in una realtà regionale particolarmente ristretta come quella della Valle d'Aosta, i professionisti che operano da parecchi anni possono trovarsi con maggiore probabilità in posizione conflittuale rispetto alle situazioni sottoposte alla commissione.

 

Inoltre, la designazione da parte di organi di ordini professionali e una determinata anzianità nell'iscrizione all'albo professionale, implicherebbero per i membri della commissione la provenienza da una cerchia di soggetti eccessivamente ristretta, mentre i requisiti posti dalla legge regionale consentono una più ampia scelta.

 

L'art. 43, lett. a) della legge n. 142 del 1993 non afferma il principio che l'appartenenza ad una "parte politica" esclude la eleggibilità alla commissione di controllo, non prevedendo esso un'incompatibilità per iscrizione a partiti politici, o comunque un divieto di iscrizione a partiti politici, che potrebbero giustificare quanto ex adverso sostenuto.

 

Considerazioni analoghe valgono per la mancata previsione dell'ineleggibilità per chi abbia ricoperto cariche negli organi sottoposti a controllo.

 

Secondo la regione, la censura relativa all'art. 18 della legge regionale, in tema di determinazione dell'indennità per i componenti della commissione, sarebbe inammissibile, mancando il riferimento ai parametri costituzionali violati.

 

Comunque, l'art. 44 della stessa legge n.142 attribuisce alle regioni la determinazione del compenso dei membri della commissione di controllo e l'esigenza di un congruo compenso trova conferma nella previsione dell'art. 42, settimo comma, della legge n. 142 del 1990, secondo il quale il presidente ed il vice presidente della commissione, se "dipendenti pubblici", sono collocati "in aspettativa non retribuita".

 

Per quanto poi concerne le doglianze in ordine alla disciplina dei termini di cui agli artt. 22 e 24, la regione rileva che, "stante la riserva di legge regionale di cui all'art. 43 dello statuto, è fuor di luogo invocare i limiti di contenuto della legislazione regionale, quali risulterebbero dall'art. 44 della legge statale ordinaria n. 142 del 1990".

 

Analoghe considerazioni - secondo la regione - valgono per la censura relativa al regime transito rio previsto dall'art. 35: la riserva di legge regionale di cui all'art. 43 dello statuto postula, infatti, che sia la regione a stabilire tempi e modalità per il passaggio al nuovo regime.

 

Considerato in diritto

 

l. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso in via principale, ha impugnato gli artt. 3, comma secondo; 4, comma primo; 6; 16; 22, commi primo, secondo, terzo e sesto; 24, commi primo e secondo; 35 e 36 della legge regionale valdostana riapprovata il 16 febbraio 1993, recante "Disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali", deducendo la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonchè dell'art. 43, primo comma, dello statuto valdostano, in relazione ai principi stabiliti dalla legge 8 giugno 1990, n. 142. In particolare con il ricorso si lamenta:

 

a) che l'art. 3, comma secondo, ha attribuito al consiglio regionale l'elezione di tutti (e cinque) i componenti dell'organo di controllo, mentre la legge n. 142 ha previsto - con norma da ritenersi di principio - che di esso debba far parte anche un membro di designazione governativa, col compito di garantire l'uniformità d'indirizzo nell'esercizio della funzione di controllo sugli enti locali;

 

b) che l'art. 4, comma primo, prevede, per gli esperti in materie giuridico- amministrative ed economico-finanziarie, quale requisito per l'elezione, la residenza nella regione da almeno tre anni e non come stabilito dall'art. 42 della legge n. 142 del 1990, con norma di principio diretta ad assicurare l'imparzialità e la capacità tecnica dell'organo - almeno dieci anni d'iscrizione in determinati albi e la proposta da parte del rispettivo ordine professionale: c) che l'art. 6 limita agli "eletti nella regione" la condizione d'incompatibilità prevista dall'art. 43, lett. a) della legge n. 142 per i membri del Parlamento europeo e di quello nazionale e non considera tra le cause d'ineleggibilità l'aver ricoperto la carica di amministratore degli enti soggetti al controllo nell'anno precedente alla costituzione dell'organo;

 

d) che l'art. 16 prevede una forma d'indicizzazione del compenso dei componenti la commissione, in contrasto con l'indirizzo di contenimento della spesa pubblica;

 

e) che gli artt. 22 e 24 dettano una disciplina dei termini del procedimento di controllo che non rientra nella competenza regionale (art. 44 della legge n. 142) e, comunque, contrasta con la normativa statale di principio (artt.46, 47 e 50 della legge n. 142);

 

f) che l'art. 35, differendo l'applicazione delle norme sulla composizione dell'organo al primo rinnovo del Consiglio regionale successivo all'entrata in vigore della disciplina relativa, contrasterebbe con l'art. 61, terzo comma, della legge n.142, ai sensi del quale l'entrata in vigore dovrebbe essere coeva a quella del decreto di armonizzazione delle disposizioni della legge statale con le particolari condizioni di autonomia della Valle d'Aosta;

 

g) che l'art. 36 assoggetta alla nuova disciplina "tutte le deliberazioni adottate dopo la sua entrata in vigore", mentre l'art. 61 della legge n. 142 del 1990 prevede l'immediata applicabilità della nuova disciplina a tutta l'attività di controllo, senza altro limite che l'emanazione delle normative regionali.

 

2. Va pregiudizialmente respinta l'eccezione d'inammissibilità prospettata dalla Regione Valle d'Aosta, sotto il profilo della genericità delle censure proposte: queste, infatti, sono puntuali, essendo indicati specificamente nel ricorso gli articoli impugnati, le norme della Costituzione e dello statuto regionale che si assumono violate (artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 43 dello statuto valdostano) ed i principi della legislazione statale, in riferimento ai quali sono dedotte le violazioni statutarie.

 

3. Passando all'esame del merito, deve premettersi che l'art. 43 dello statuto speciale della Regione Valle d'Aosta (approvato con legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4) dispone che il "controllo su gli atti dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, dei consorzi e delle consorterie ed altri enti locali, è esercitato dalla regione nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale, in armonia con i principi delle leggi dello Stato".

 

Trattasi di norma che differenzia le competenze legislative della Regione Valle d'Aosta in materia di controlli sugli atti degli enti locali, dalla disciplina dettata in materia, per le regioni a statuto ordinario, dall'art.130 della Costituzione, ai sensi del quale l'organo regionale di controllo sugli atti degli enti locali, è "costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica".

 

Al riguardo va tenuto presente che l'art. 117 della Costituzione conferisce alle regioni una potestà legislativa concorrente nella materia "dell'ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione" e, a norma dell'art. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977, in tale materia rientrano anche i controlli relativi a detti enti (sentenza n. 21 del 1985). Sulla base del coordinamento di queste disposizioni con l'art. 130 della Costituzione, la Corte ha affermato che "esiste in materia una ripartizione delle competenze fra Stato e regioni tale che, mentre al primo è riservata la regolamentazione degli aspetti fondamentali e dei principi (vale a dire, oltre alla composizione, le norme più rilevanti sulla competenza e sulle procedure di controllo), spetta invece alle regioni la disciplina residuale e, in particolare, quella concernente il funzionamento dell'organo di controllo" (sentenza n. 612 del 1988).

 

Diversamente, nella Regione Valle d'Aosta il citato art. 43 dello statuto, rimettendo alla legge regionale la determinazione dei "modi" e "limiti" del controllo, "in armonia con i principi stabiliti dalle leggi dello Stato", attribuisce allo Stato la determinazione di tali principi sia in materia di costituzione e composizione dell'organo di controllo, sia in materia di competenza e di funzionamento dell'organo stesso, nonchè del relativo procedimento.

 

Alla legge regionale attribuisce, invece, nelle medesime materie, la competenza ad emanare la normativa dei modi e dei limiti, cioè dei mezzi di attuazione concreta della disciplina e dei confini entro i quali il controllo stesso debba esplicarsi, con riferimento sia agli enti destinatari, che al territorio interessato.

 

La legge n. 142 del 1990, in coerenza con quanto stabilito dall'art. 130 della Costituzione in tema di controlli sugli atti degli enti locali, ha posto le norme sulla costituzione e la composizione del comitato regionale di controllo (artt. 41 - 43), ha delineato la struttura e le fasi del procedimento (art. 46), rimettendo alle regioni (art. 44) la disciplina attuativa e di dettaglio del funzionamento dell'organo e dei termini relativi all'esercizio del controllo (art.46, comma settimo).

 

Ai sensi dell'art. 1, comma secondo, della stessa legge n. 142, tali norme non si applicano alle regioni ad autonomia differenziata "se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione".

 

Vero è che, con riguardo specifico alla Regione Valle d'Aosta, l'art. 62 della legge n. 142 attribuisce al Governo una delega ad emanare - con la particolare procedura prevista dall'art. 3 della l. 5 agosto 1981, n. 453 (approvazione delle norme delegate da parte del Consiglio dei ministri, su proposta di una commissione paritetica formata da tre rappresentanti del Governo e tre della regione, sentita la commissione parlamentare per le questioni regionali) - uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per armonizzare le disposizioni della legge n. 142 con l'ordinamento della regione, tenendo conto delle sue "particolari condizioni d'autonomia". Il decreto legislativo emanato in attuazione di tale delega (d.legsl. 27 aprile 1992, n. 282), peraltro, non reca alcuna norma in tema di controlli, in correlazione alla circostanza, già posta in luce, della precisa demarcazione operata dall'art. 43 dello statuto valdostano. Questa norma infatti ripartisce le competenze dello Stato e della regione al riguardo secondo i criteri già enunciati.

 

Le norme di principio, emanate dalla legge n. 142 del 1990 in materia di controllo sugli atti degli enti locali, si pongono come limite alla disciplina della legge regionale; mentre la normativa non di principio o "di dettaglio", emanata con la legge n. 142, non è applicabile nella Regione Valle d'Aosta (dove in materia di controlli già vigeva la legge regionale 15 maggio 1978, n. 11), secondo quanto previsto dall'art. 1, comma secondo, della stessa legge n. 142.

 

4. Passando all'esame delle singole censure va innanzitutto dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, della legge impugnata, il quale ha attribuito al consiglio regionale l'elezione dei cinque membri effettivi e dei membri supplenti della commissione regionale di controllo sugli atti degli enti locali istituita dall'art. 2.

 

Non ha infatti pregio la censura prospettata sotto il profilo della mancata previsione, tra i componenti delle commissione, di un membro di nomina governativa, come è stabilito, per i comitati regionali di controllo, dall'art.42, n. 1, lett. b) della legge n. 142, che ne demanda la nomina al commissario del Governo.

 

Tale norma - contrariamente a quanto si deduce nel ricorso - non ha valore di principio, non potendosi accedere alla tesi che la presenza minoritaria di un rappresentante governativo nell'organo di controllo possa essere presupposto indispensabile per il buon funzionamento del medesimo, assicurandone l'unitarietà d'indirizzo. La legge n. 142, infatti, non contiene alcuna norma idonea a perseguire tale unitarietà, se intesa con riferimento all'attività di controllo nelle singole regioni, mentre ha espressamente previsto strumenti per attuarla in relazione all'attività del comitato regionale di controllo in ciascuna regione, attraverso le prescrizioni contenute nell'art. 41 (nn. 2 e 3) ed, in particolare, la pubblicazione "delle principali decisioni del comitato regionale di controllo con le relative motivazioni".

 

D'altro canto la legge valdostana impugnata non poteva prevedere una norma analoga a quella contenuta nell'art. 42, n. 1, lett. b) della legge n. 142 del 1990, essendo estranea all'ordinamento dell'autonomia della Regione Valle d'Aosta la figura del commissario del Governo. Gli artt. 31, 45 e 46 dello statuto, infatti, in relazione alle "particolari condizioni di autonomia" della regione - connesse alla peculiarità della sua stessa formazione e alle componenti storiche e territoriali di essa - prevedono che il controllo di legittimità sugli atti amministrativi regionali sia effettuato da una commissione di coordinamento, composta da un rappresentante del ministero degl'interni che la presiede, da un rappresentante del ministero delle finanze e da un rappresentante della regione, designato dal consiglio della Valle d'Aosta (artt. 45 e 46). Il presidente di tale commissione vista le leggi regionali, rinviandole al consiglio ove ritenga che eccedano la competenza regionale o contrastino con l'interesse dello Stato o di altre regioni.

 

5. Deve essere dichiarato illegittimo, invece, l'art. 4, comma primo, lett.a) e lett. b), della legge impugnata.

 

Esso dispone che i componenti effettivi della commissione di controllo debbono essere scelti, fra i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Valle d'Aosta residenti nella regione da almeno tre anni, che abbiano determinati requisiti. Con riferimento a tali requisiti il consiglio regionale deve eleggere, tra gli altri "un esperto in materie giuridico-amministrative in possesso della laurea in giurisprudenza" (art.4, comma primo, lett. a); "un esperto in materie economico-finanziarie in possesso della laurea in economia e commercio" (art. 4, comma primo, lett.b).

 

Con il ricorso si lamenta che la legge regionale, così statuendo, abbia violato la norma di principio stabilita al riguardo dall'art. 42, comma primo, della legge n. 142, il quale prevede che l'organo di controllo sia composto, tra l'altro, da un esperto "iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli avvocati, scelto in una terna proposta dal competente ordine professionale" e da un esperto "iscritto da almeno dieci anni nell'albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna proposta dai rispettivi ordini professionali".

 

Deve affermarsi in proposito che la determinazione dei requisiti, che i componenti dell'organo di controllo debbono possedere, si configura come norma di principio, in quanto intesa a garantire l'appartenenza in ciascun membro di competenze valutate, in linea generale, unitaria ed omogenea, come idonee a garantire l'espletamento migliore delle funzioni e, quindi, il migliore funzionamento dell'organo. In particolare, l'iscrizione da almeno dieci anni negli albi indicati dal citato art. 42 della legge n. 142 del 1990 è un requisito diretto ad assicurare la preparazione e l'esperienza dei suoi componenti, mentre il previo inserimento in una terna, designata dai relativi ordini professionali, esprime l'esigenza di perseguire, insieme con la capacità specifica tecnico- professionale della scelta, l'esercizio adeguato delle funzioni.

 

Pertanto la Regione Valle d'Aosta è tenuta ad "armonizzare" la propria legislazione con tali principi, ai sensi dell'art. 43 del proprio statuto.6. Va parimenti dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art.6, della legge impugnata.

 

L'art. 43 della legge n. 142 del 1990, prevede specifiche ipotesi di incompatibilità (o di ineleggibilità), per quello che qui interessa, riferendole nella lett. a) e nella lettera c) rispettivamente ai parlamentari nazionali ed europei ed agli amministratori di comuni o province ed altri enti soggetti a controllo del comitato, nonchè a coloro che abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente alla costituzione del medesimo comitato.

 

Come è agevole percepire, la normativa statale individua categorie, nella loro tipicità e generalità, e considera i titolari delle funzioni ad essi affidate in posizione di incompatibilità (od ineleggibilità) a far parte dei comitati di controllo. La legge regionale impugnata, mentre riferisce detta preclusione soltanto al parlamentare europeo, al senatore e al deputato eletti nella regione (art. 6, lett. a), non menziona affatto come causa di incompatibilità l'ipotesi della titolarità nell'anno precedente alla costituzione del comitato, della carica di amministratore di enti soggetti a controllo, prevista dalla lett. c) dell'art. 43 l. n. 142 del 1990.

 

Così, detta normativa si pone in contrasto con quella statale su un criterio che, come si desume dai lavori preparatori, è stato considerato essenziale nelle scelte del legislatore. Esso può riassumersi nell'esigenza di assicurare al comitato di controllo la partecipazione di persone che garantiscano imparzialità, indipendenza e neutralità nell'esercizio delle relative funzioni.

 

Sotto quest'angolo visuale la normativa statale è del tutto coerente con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha costantemente affermato che il principio di imparzialità stabilito dall'art. 97 della Costituzione - del quale si la menta nel ricorso la violazione - costituisce un valore essenziale cui deve uniformarsi in tutte le sue diverse articolazioni, l'organizzazione dei pubblici uffici (cfr. sentt. n. 18 del 1989; n. 331 del 1988).

 

Del pari è stato affermato dalla Corte che la Costituzione esprime "la distinzione più profonda tra politica ed amministrazione" e che quest'ultima è vincolata ad agire senza distinzione di parti politiche, per il perseguimento delle finalità pubbliche obbiettivate dall'ordinamento (sentt. n. 333 del 1993 ;n. 453 del 1990).

 

Limitando la incompatibilità ai parlamentari eletti localmente e incorrendo nella omissione della previsione d'incompatibilità per gli amministratori, di cui innanzi è accennato, l'art. 6 della legge regionale valdostana, nella parte impugnata, si pone in contrasto con l'art. 43, lett.a) e c) della l. n. 142 del 1990, che esprime al riguardo, per i valori che intende realizzare, principi non derogabili dalla normativa regionale.

 

7. Non fondata è, invece, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge impugnata, secondo il quale l'indennità dei componenti effettivi e supplenti della commissione di controllo, nonchè del presidente, è commisurata all'indennità spettante ai consiglieri regionali, sulla base di determinate percentuali (il trentacinque per cento di tale indennità ai membri effettivi; con una maggiorazione del venticinque per cento per il presidente;il dieci per cento ai membri supplenti).

 

L'art. 44 della legge n. 142 del 1990 rimette, infatti, alla legge regionale la determinazione dell'indennità da attribuire ai componenti degli organi regionali di controllo sugli atti degli enti locali, cosicchè legittimamente essa è stata fissata dalla legge regionale impugnata. Nè si ravvisano nei criteri di determinazione elementi d'irragionevolezza del tutto genericamente lamentati con il ricorso.

 

Ugualmente infondata è la questione di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 24 della legge impugnata, la quale disciplina (all'art. 22) il termine per l'esercizio del controllo e il termine per la comunicazione dell'annullamento dell'atto sottoposto al controllo (art.24) in difformità delle disposizioni della legge n. 142 del 1990 (artt. 46 e segg.). Trattasi, infatti, di modalità attinenti al procedimento di controllo, le cui fasi di svolgimento si conformano - nelle loro linee fondamentali - ai principi della legge statale. Le specifiche previsioni della legge regionale non alterano siffatta omogeneità. Inoltre la materia, ai sensi dell'art. 43, primo comma, dello statuto della Regione Valle d'Aosta, è rimessa alla legislazione regionale.

 

8. Non fondata è anche la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 della legge impugnata, secondo il quale le disposizioni sulla nuova composizione della commissione di controllo si applicano con il primo rinnovo del consiglio regionale successivo all'entrata in vigore della legge stessa.

 

Nel ricorso si sostiene che, una volta intervenuto il decreto legislativo n.282 del 1992, di armonizzazione delle disposizioni della legge n. 142 con le particolari condizioni di autonomia della Valle d'Aosta, non sarebbe configurabile alcuna ragione idonea a giustificare detto differimento.

 

Come già si è esposto in precedenza, il d.lgsl. n. 282 del 1992 è estraneo alla materia dei controlli e non vi è perciò alcuna ragione che vieti al legislatore regionale di differire il momento di entrata in vigore delle nuove disposizioni sulla composizione della commissione di controllo oltre l'emanazione di detto decreto, tenuto conto anche delle esigenze di organizzazione derivanti dalla istituzione dell'ufficio.

 

Non fondata è, infine, la questione relativa all'art. 36 della legge impugnata, il quale dispone che essa si applica "a tutte le deliberazioni adottate dopo la sua entrata in vigore".

 

Si è censurata la norma per la sua irrazionalità, in quanto sarebbe in contraddizione con la dichiarazione d'urgenza della legge regionale di cui al successivo art. 39; essa sarebbe, poi, in contrasto con l'art. 61 della legge n. 142 del 1990, il quale prevede l'immediata applicabilità della nuova disciplina a tutta l'attività di controllo, senza altro limite che l'emanazione delle normative regionali.

 

Il combinato disposto degli artt. 36 e 39 sopra citati implica, invero, che la legge impugnata si applichi a tutte le deliberazioni adottate dopo la sua entrata in vigore, a partire, quindi, dal giorno successivo alla pubblicazione di essa. Nè alcuna norma di principio è posta al riguardo dall'art. 61 della legge n. 142 la quale, al terzo comma, si limita a statuire che, entro un anno dal la sua entrata in vigore, le regioni provvedono alla ricostituzione degli organi di controllo in conformità delle disposizioni della legge stessa nonchè della relativa regolamentazione legislativa regionale. Tale termine, infatti, non comportando alcuna decadenza in relazione al suo decorso senza che le regioni abbiano adempiuto a quanto prescritto, ha carattere ordinatorio e si riferisce, comunque alla ricostituzione degli organi di controllo e non all'applicabilità della nuova normativa alle deliberazioni oggetto del controllo stesso.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma primo, lett. a) e lett. b) della legge della Regione Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, recante "Disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali";

 

b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 della stessa legge della Regione Valle d'Aosta nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a far parte del comitato di controllo del parlamentare europeo, del senatore e del deputato, ovunque eletti, nonchè di coloro che abbiano ricoperto le cariche di amministratori di enti soggetti a controllo del comitato nell'anno precedente alla costituzione del comitato stesso;

 

c) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma secondo, 16, 22, 24, 35 e 36 della medesima legge della Regione Valle d'Aosta, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione e all'art.43 dello statuto speciale della Regione Valle d'Aosta, dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso 9 marzo 1993.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il il 13 novembre 1997.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Gabriele PECSATORE Redattore

 

Depositata in cancelleria il 30 luglio del 1993