SENTENZA N. 194
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, terzo comma, della legge della Regione Veneto 23 aprile 1990, n. 28 (Nuove norme per la tutela dell'ambiente. Modifiche alla legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 "Norme per la tutela dell'ambiente"), promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1992 dal Pretore di Vicenza nel procedimento penale a carico di Gasparini Luciano, iscritta al n. 505 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento della Regione Veneto;
udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1993 il Giudice relatore Francesco Greco;
udito l'avv. Luigi Manzi per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1. - Il Pretore di Vicenza, nel procedimento penale a carico di Gasperini Luciano, imputato del reato di cui all'art. 21 della legge n. 319 del 1976 per scarico di sostanze nocive oltre i limiti tabellari stabiliti dalla detta legge, ha rilevato che l'imputato, per sua ammissione, aveva, invece, effettuato lo stoccaggio provvisorio in azienda di reflui tossico-nocivi, dopo aver presentato domanda di autorizzazione ai sensi degli artt. 2 e 3 della legge regionale del Veneto 23 aprile 1990, n. 28, senza ricevere risposta dall'autorità competente; che l'art. 3, terzo comma, della citata legge regionale prevede che la domanda di autorizzazione si intende accolta in caso di silenzio dell'amministrazione provinciale protratto oltre i trenta giorni; e, con ordinanza del 6 marzo 1992 (R.O. n. 505 del 1990), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, terzo comma, citato.
Ad avviso del giudice remittente, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 25, secondo comma, e 116 (rectius: 117) della Costituzione disciplinando in modo più favorevole materia sottratta alla competenza regionale, siccome penalmente sanzionata.
2. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente della Giunta regionale del Veneto, il quale ha preliminarmente eccepito la irrilevanza della questione nel giudizio a quo, in quanto il giudice remittente dovrebbe comunque applicare la norma impugnata siccome più favorevole. Anche perchè la norma censurata sarebbe applicabile solo a seguito della modifica del fatto contestato che era diverso (violazione, sanzionata dall'art. 21 della legge n. 319 del 1976, dei limiti tabellari fissati dalla legge stessa).
Nel merito ha osservato che, siccome il provvedimento che si estrinseca nel silenzio-assenso sarebbe equiparabile ad un provvedimento formale di autorizzazione, il legislatore regionale avrebbe in ogni caso garantito la necessità di un atto autorizzatorio; inoltre, la Regione ha legiferato in esercizio della potestà espressamente riservatale dal d.P.R. n. 915 del 1982, che all'art. 6, lett. f., demanda alle Regioni l'emanazione di norme integrative e di attuazione per l'organizzazione dei servizi di smaltimento e le procedure di controllo e di autorizzazione.
Infine, ha eccepito la violazione di norme procedurali in quanto l'ordinanza di rimessione è stata notificata in proprio alla Regione Veneto anzichè all'Avvocatura dello Stato che la patrocina per legge.
3. - Nell'imminenza della udienza il Presidente della Giunta regionale ha presentato memoria con la quale ha ulteriormente illustrato gli argomenti esposti nell'atto di intervento.
Considerato in diritto
1. - La Corte deve verificare se l'art. 3, terzo comma, della legge della Regione Veneto del 23 aprile 1990, nella parte in cui prevede che per lo stoccaggio provvisorio presso il produttore la domanda di autorizzazione si intende accolta in caso di silenzio dell'amministrazione provinciale protrattosi oltre i trenta giorni, violi gli artt. 3, 25, secondo comma, e 116 (rectius: 117) della Costituzione in quanto sarebbe stata disciplinata dalla Regione materia sottratta alla sua competenza siccome penalmente sanzionata.
2. - Deve essere preliminarmente esaminato il motivo della violazione delle norme processuali che regolano la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio costituzionale.
Il Presidente della Giunta regionale ha rilevato che l'ordinanza di remissione della questione di legittimità costituzionale di cui trattasi è stata irregolarmente notificata alla Regione anzichè all'Avvocatura Generale dello Stato, che per legge ne ha la rappresentanza nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale.
L'eccezione non è fondata in quanto la irregolarità risulta sanata dall'avvenuta costituzione della Regione nei giudizi.
3. - Va, quindi, esaminata l'eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa della Regione. Si è dedotta la irrilevanza della questione e, quindi, la sua inammissibilità nella considerazione che la norma impugnata, anche se dichiarata costituzionalmente non legittima, deve essere egualmente applicata nel giudizio a quo in quanto più favorevole all'imputato.
L'eccezione non è fondata.
Si ribadisce che (sentt. nn. 146 del 1983, 826 del 1988, 124 del 1990) le pronunce di legittimità delle norme penali di favore o comunque più favorevoli all'imputato influiscono o possono influire sul conseguente esercizio della funzione giurisdizionale e che l'eventuale accoglimento delle impugnative di siffatte norme viene ad incidere sulle formule di proscioglimento o, quanto meno, sul dispositivo delle sentenze penali.
Inoltre, la pronuncia della Corte potrebbe riflettersi sullo schema argomentativo della sentenza penale assolutoria modificandone la ratio decidendi. In tal caso risulterebbe alterato il fondamento normativo della decisione.
Nella fattispecie, inoltre, devesi rilevare che l'eventuale decisione di illegittimità della legge de qua influisce sulla stessa imputazione cioé nel fatto da addebitarsi all'imputato e, quindi, sul reato a lui ascrivibile, che, peraltro, è di natura permanente.
4. - Nel merito la questione è fondata.
La norma impugnata prevede, per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi, la possibilità dell'autorizzazione tacita in luogo di quella espressa.
Introduce, cioé, l'istituto del silenzio-assenso in una fattispecie nella quale, attesa la natura degli interessi protetti e le finalità da raggiungere, cioé la tutela della salute e dell'ambiente, che sono beni costituzionalmente protetti (artt. 9 e 32 della Costituzione) e stante l'obbligo dell'osservanza di direttive comunitarie (nn. 75/442;76/403; 78/319, n. 91/156 che modifica la n. 75/442), sono indispensabili per il rilascio dell'autorizzazione accurate indagini ed accertamenti tecnici, nonchè controlli specifici per la determinazione delle misure e degli accorgimenti da osservarsi per evitare danni facilmente possibili per la natura tossica e nociva dei rifiuti accumulati.
Non rileva l'avvenuto trasferimento dallo Stato alle Regioni delle funzioni relative allo smaltimento dei rifiuti con i d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 101) e n. 915 del 1982 (art. 6) in quanto, dovendosi osservare le direttive comunitarie emanate in materia, sussiste l'obbligo dello Stato alla loro attuazione e osservanza (sent. n. 306 del 1992).
Resta assorbita la violazione dell'art. 25 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3, terzo comma, della legge della Regione Veneto 23 aprile 1990, n. 28 (Nuove norme per la tutela dell'ambiente. Modifiche alla legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 "Norme per la tutela dell'ambiente").
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/04/93.
Francesco Paolo CASAVOLA ,Presidente
Francesco GRECO, Redattore
Depositata in cancelleria il 27/04/93.