Ordinanza n.127 del 1993

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ORDINANZA N. 127

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 448, primo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

 

1) ordinanza emessa il 2 aprile 1992 dal Tribunale di Crotone nel procedimento penale a carico di Nocita Francesco, iscritta al n. 307 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1992;

 

2) ordinanza emessa il 15 maggio 1992 dal Tribunale di Lamezia Terme nel procedimento penale a carico di Lo Scavo Vincenzino ed altro, iscritta al n. 446 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

 

Ritenuto che il Tribunale di Crotone ed il Tribunale di Lamezia Terme hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 448, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che solo all'esito del dibattimento il giudice possa applicare la pena richiesta dall'imputato nell'ipotesi in cui il pubblico ministero abbia espresso il proprio dissenso;

 

che la dedotta violazione del principio di uguaglianza si fonda, secondo il Tribunale di Crotone, sulla circostanza che l'indicata disciplina determina un identico trattamento sanzionatorio anche nel caso in cui il rito seguito sia quello ordinario, mentre ad avviso del Tribunale di Lamezia Terme il contrasto con l'art. 3 della Costituzione va rinvenuto nella "disparità di trattamento rispetto al provvedimento positivo emesso nel corso degli atti preliminari al dibattimento", in quanto il giudice è chiamato "a decidere con un materiale probatorio diverso rispetto a quello valutato dal P.M. e normalmente previsto come sufficiente nel caso di consenso";

 

che la disposizione impugnata contrasterebbe anche, secondo i giudici a quibus, con l'art. 97 della Costituzione giacchè, imponendosi la celebrazione del dibattimento e, quindi, "un defatigante lavoro istruttorio potenzialmente non utile", rimane insoddisfatta la funzione deflattiva tipica dei riti speciali a cui si saldano gli effetti premiali sulla pena;

 

che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

 

considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti;

 

che, come precisa la Relazione al Progetto preliminare, la disposizione oggetto di impugnativa ha inteso recepire le indicazioni contenute nella sentenza di questa Corte n.120 del 1984, con la quale, offrendosi l'interpretazione secundum Constitutionem degli artt. 77 e 78 della legge n. 689 del 1981 in tema di applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato, si è ritenuto che il parere del pubblico ministero fosse vincolante per il rito ma non per il merito, con la conseguenza che, nel caso di parere negativo, fosse precluso l'epilogo anticipato del procedimento, ma non l'accoglimento della richiesta dell'imputato da parte del giudice, una volta completato regolarmente il dibattimento;

 

che il petitum che i giudici a quibus mostrano di perseguire è invece volto a consentire l'"anticipazione" del provvedimento decisorio sulla applicazione della pena richiesta dall'imputato, in tal modo escludendo qualsiasi rilevanza al dissenso del pubblico ministero ai fini della celebrazione del rito speciale;

 

che una siffatta prospettiva, peraltro, nell'affidare al giudice il potere di surrogare ex officio la carenza di uno dei presupposti del rito (il consenso del pubblico ministero), viene a porsi in stridente autonomia non solo con la struttura pattizia che sta alla base dello speciale procedimento che viene qui in discorso, ma, soprattutto, con il principio di parità delle parti, posto che il pubblico ministero verrebbe ad essere autoritativamente "espropriato" del potere di esercitare in dibattimento il proprio diritto alla prova, che ben può volgersi a dimostrare, fra l'altro, proprio la fondatezza delle ragioni in base alle quali la stessa parte pubblica non ha ritenuto di accondiscendere alla richiesta di applicazione della pena formulata dall'imputato;

 

che la disposizione oggetto di censura, pertanto, non può in alcun modo ritenersi lesiva degli invocati parametri, rappresentando, anzi, il frutto di un coerente disegno normativo volto a mantenere in equilibrio fra loro i contrapposti diritti delle parti e le attribuzioni del giudice;

 

e che, di conseguenza, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 448, primo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Crotone e dal Tribunale di Lamezia Terme con le ordinanze in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Giuliano VASSALLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 29/03/93.