SENTENZA N. 61
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 7 agosto 1992, depositato in Cancelleria il 13 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero della sanità, D.G. Servizi Igiene Pubblica, div. VI, prot. 406/AG.2.6/734 del 24 giugno 1992 concernente "Applicazione normativa sulla utilizzazione e commercio acque minerali naturali", nella parte in cui si ritiene non più operante l'art. 48 della legge regionale 44/1980, relativa all'approvazione regionale delle etichette, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 105/92 attuativo della Direttiva 80/777/CEE in materia di utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali ed iscritto al n.30 del registro conflitti 1992.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 15 dicembre 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
uditi l'avv. Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso del 5 agosto 1992 la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla nota del Ministero della Sanità, Dir.gen.Servizi igiene pubblica, Div. VI, n. 406/AG.2.6/734 del 24 giugno 1992, nella parte in cui asserisce che, in conseguenza del d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 105 - che ha dato attuazione alla Direttiva CEE 15 luglio 1980, n. 777, relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali, in adempimento della delega conferita al Governo dalla legge 19 dicembre 1990, n. 428 - deve intendersi non più operante l'art. 48 della legge regionale 29 aprile 1980, n. 44.
Tale disposizione stabilisce che "le etichette delle acque minerali saranno approvate dalla giunta regionale ai sensi degli artt. 10 e 12 del r.d.28 settembre 1919, n. 1924, dell'art. 40 del d.m. 20 gennaio 1927 e del d.m. 26 giugno 1977, n. 1643". Secondo la nota ministeriale impugnata, la caducazione di tutta la normativa statale previgente, per effetto della nuova disciplina, ha coinvolto anche le norme regionali ad essa collegate. Pertanto i titolari di autorizzazione all'utilizzazione di sorgenti di acque minerali non sono più soggetti alla preventiva approvazione regionale delle etichette, ma soltanto all'obbligo di preventiva comunicazione ai competenti organi regionali degli aggiornamenti delle analisi prescritti dall'art. 11, comma 6, del decreto n. 105 del 1992.
Ad avviso della ricorrente, questa interpretazione contrasta con gli artt.117 e 118 Cost., con l'art. 61 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con l'art. 10 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 oltre che con precedenti manifestazioni della medesima autorità ministeriale, in particolare con la nota del 28 aprile 1992, prot. n. 406/AG.2.6/320, che lasciava impregiudicato il potere regionale di autorizzazione delle etichette.
Essa non è giustificata dalla lettera del d.lgs. n. 105 del 1992 ed è incongrua sul piano logico-sistematico, atteso che i controlli previsti dall'art. 61 del d.P.R. n. 616 del 1977 non sono finalizzati soltanto a esigenze stricto sensu igienico-sanitarie, per le quali la semplice comunicazione dei risultati delle analisi aggiornate potrebbe forse essere sufficiente, ma anche alla tutela della denominazione dell'acqua minerale naturale e del nome della località di utilizzazione, cioè di un interesse di rilevanza tipicamente locale. Nè varrebbe invocare il principio di eguaglianza, dato che l'autonomia regionale, costituzionalmente garantita, implica per se stessa differenze di trattamento normativo da regione a regione per la necessità di adattare la disciplina alle varie esigenze locali.
2. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza del ricorso.
Il sollevato conflitto sarebbe inammissibile anzitutto perchè tardivo, dato che già la nota ministeriale del 28 aprile 1992, non impugnata, aveva interpretato il d.lgs. n.105 come nuova disciplina caducatrice dell'autorizzazione preventiva delle etichette prevista dalla normativa precedente; in secondo luogo e soprattutto perchè tra Stato e Regione Lombardia non esiste alcun conflitto di attribuzione, bensì un conflitto di interpretazioni del ripetuto decreto, per risolvere il quale lo strumento prescelto dalla Regione non è appropriato.
Nel merito il ricorso è, secondo l'Avvocatura, palesemente infondato.
L'adeguamento della legislazione nazionale alle direttive comunitarie ha comportato il mutamento di taluno dei "principi" posti dalla legislazione previgente, e in particolare l'eliminazione del requisito di autorizzazione preventiva delle etichette, e conseguentemente si è verificata l'incompatibilità dell'art. 48 della legge regionale n. 44 del 1980 con la nuova cornice della sopravvenuta legislazione statale.
La ricorrente ha replicato osservando che la direttiva comunitaria non ha determinato la totale abrogazione dell'art. 61 del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale costituisce tuttora una norma integrativa del parametro dell'art. 117 Cost., e che la questione interpretativa sollevata col conflitto di attribuzione è strumentale a un petitum consistente nella declaratoria di spettanza alla Regione della competenza autorizzativa delle etichette, arbitrariamente negata dalla nota impugnata in diretta e immediata violazione della Costituzione.
Considerato in diritto
1. La Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzioni in relazione alla nota del Ministero della Sanità, Direzione generale Servizi igiene pubblica, Div.VI, n. 406/AG. 2.6/734 del 24 giugno 1992, nella parte in cui afferma che, in conseguenza del d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 105, deve intendersi non più operante l'art. 48 della legge regionale 29 aprile 1980, n. 44, il quale assoggetta i titolari di autorizzazione all'utilizzazione di una sorgente di acqua minerale naturale alla preventiva approvazione delle etichette da parte della giunta regionale "ai sensi degli artt. 10 e 12 del r.d. 28 settembre 1919, n. 1924, dell'art. 40 del d.m. 20 gennaio 1927 e del d.m. 26 giugno 1977, n. 1643".
2. Il citato decreto legislativo n. 105, emanato in base alla prima "legge comunitaria" del 1990, ha dato attuazione alla direttiva n.80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali. Caratteristica di questa direttiva, come di quella in materia di prodotti alimentari, è la separazione della disciplina relativa all'etichettatura da quella precipuamente ordinata a finalità di tutela sanitaria.
La prima "viene essenzialmente riguardata con riferimento alla materia del commercio e della connessa protezione del consumatore, tendendo ad assicurare il massimo di trasparenza nella vendita dei prodotti" (cfr. sent. n. 401 del 1992). In questo senso il sesto "considerando" della direttiva n. 777 del 1980 richiama le norme generali della direttiva n. 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, la quale afferma il principio che "qualsiasi regolamentazione relativa all'etichettatura dei prodotti alimentari deve essere fondata anzitutto sulla necessità di informare e tutelare i consumatori".
In conformità della direttiva nel d.lgs. n. 105 del 1992 non è più prevista la preventiva approvazione dell'etichetta, che nel regime precedente era un elemento dell'atto di autorizzazione a mettere in vendita un'acqua minerale naturale (art. 5, quarto comma, punto 7°, del r.d. n.1924 del 1919). L'innovazione era stata sottolineata dalla circolare ministeriale n. 320 del 28 aprile 1992, ma la Regione Lombardia ha ritenuto che non ne fosse inciso il suo potere di approvazione delle etichette sancito dall'art. 48 della legge regionale n. 44 del 1980. Tale interpretazione è stata contestata dal Ministero della Sanità con la nota impugnata dalla Regione.
3. Il ricorso è inammissibile perchè tardivo.
La nota impugnata conferma, in termini più elaborati, una interpretazione del d.lgs. n. 105 del 1992 già chiaramente enunciata nella precedente circolare ministeriale appena citata, che la Regione Lombardia non ha tempestivamente provveduto a impugnare. Nell'ottavo capoverso, punto 1), della circolare - "le nuove norme non prevedono più la preventiva autorizzazione delle etichette; peraltro, in occasione dell'aggiornamento delle analisi, è fatto obbligo alle ditte di trasmettere preventivamente ai competenti organi regionali le analisi stesse" - il riferimento della funzione autorizzativa, che si assume decaduta, "ai competenti organi regionali", se non è sintattico, emerge sicuramente sia dall'analisi logica del periodo, sia dall'interpretazione logico- sistematica della proposizione normativa in esso contenuta: dalla prima, perchè la congiunzione "peraltro" introduce la menzione di un correttivo dell'abolizione della funzione previsto dall'art. 11, comma 6, del decreto con riguardo "ai competenti organi regionali"; dalla seconda, perchè si tratta di una funzione trasferita alle regioni in virtù dell'art. 61 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e quindi, alla data della circolare, non più spettante allo Stato.
Alla stregua dell'interpretazione di cui si controverte la nuova disciplina statale dell'utilizzazione e della commercializzazione delle acque minerali naturali non spiega un effetto abrogante immediato sulla legislazione regionale, ma ha un'efficacia indiretta, in quanto la soppressione di funzioni previste dalla precedente normativa (abrogata) priva di contenuto le norme regionali che si limitavano ad esplicitare l'avvenuto trasferimento di tali funzioni alla regione. Tale è l'art. 48 della legge n. 44 del 1980 della Regione Lombardia, che prevede il potere regionale di autorizzazione delle etichette derivandolo esplicitamente dalle originarie fonti normative statali.
Resta impregiudicata la questione se la detta funzione possa essere ripristinata ex novo da un autonomo intervento della legislazione regionale. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la questione non è toccata dall'atto impugnato. Altro è dire - come fa la nota ministeriale, cadendo in un fuor d'opera - che la conservazione nella sola Lombardia dell'approvazione regionale delle etichette offenderebbe il principio di eguaglianza dei cittadini, creando una disparità di trattamento tra gli operatori del settore, e altro è sostenere - ciò che la circolare non fa - che una legge regionale autonomamente ricostitutiva di questo requisito sarebbe preclusa dall'art. 117 Cost. perchè violerebbe un principio fondamentale della legislazione dello Stato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato proposto dalla Regione Lombardia in relazione alla nota del Ministero della sanità, Direzione generale Servizi igiene pubblica, Div. VI Prot. n.406/AG.2.6./734, del 24 giugno 1992.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/02/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Luigi MENGONI, Redattore
Depositata in cancelleria il 16/02/93.