SENTENZA N. 25
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Legge finanziaria 1992), nella parte in cui approva le tabelle A e B per gli anni 1993 e 1994; 7, comma 1, della legge 31 dicembre 1991, n. 431 (Rifinanziamento delle leggi 22 marzo 1985, n. 111, e 14 giugno 1989, n. 234, concernenti interventi a favore del settore navalmeccanico e armatoriale); 9, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 433 (Disposizioni per la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite dagli eventi sismici del dicembre 1990 nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa); 42, commi 6 e 7, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate); 4, comma 1, della legge 7 febbraio 1992, n. 140 (Interventi per la realizzazione di opere di rilevanza nazionale nel settore della irrigazione, nonchè per la concessione di mutui a tasso agevolato per operazioni di credito a sostegno della cooperazione agricola di rilevanza nazionale); 1, comma 2, e 5 del decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216; 7, 11 e 14, comma 1, del decreto legge 18 gennaio 1992, n. 9 (Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992, n. 217, promosso con ordinanza emessa il 17 settembre 1992 dalla Corte dei conti - Sezione del controllo - nel procedimento sull'ammissione al visto e alla registrazione di decreti del Ministro del tesoro, iscritta al n. 698 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un giudizio sull'ammissione al visto e alla registrazione di alcuni decreti del Ministro del tesoro, attuativi di altrettante leggi mediante variazioni di bilancio a carico degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali di parte corrente (n.6856) e di parte capitale (n. 9001), per il 1992, e (per due decreti) a carico dei capitoli del bilancio pluriennale dello stesso ministero per gli anni 1993 e 1994, la Corte dei conti, Sezione del controllo, con ordinanza emessa il 17 settembre 1992, ha sollevato, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. : a)- 7, comma 1, della legge 31 dicembre 1991 n.431;
b)- 9, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1991 n.433;
c)- 42, commi 6 e 7, della legge 5 febbraio 1992 n. 104;
d)- 4, comma 1, della legge 7 febbraio 1992, n.140;
e)- 1, comma 2, e 5 del decreto legge 7 gennaio 1992 n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992 n.216;
f)- 7, 11 e 14, comma 1, del decreto legge 18 gennaio 1992 n.
9, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992 n. 217;
g)- 2, comma 2, della legge 31 dicembre 1991 n. 415, nella parte in cui approva le tabelle A e B per gli anni 1993 e 1994, ove sono iscritti gli accantonamenti dei fondi speciali (di parte corrente e di parte capitale) utilizzati dalle disposizioni legislative sopra elencate.
2.- Il Collegio rimettente ha rilevato che tutte le leggi "a monte" dei decreti di variazione autorizzano spese a carattere pluriennale e permanente, facoltizzando l'amministrazione ad assumere, sin dal primo anno della loro operatività, obbligazioni verso terzi i cui effetti sono destinati a prodursi sia nell'anno 1992, sia a carico degli altri due esercizi (1993 e 1994) compresi nel bilancio triennale 1992-1994, sia infine a carico degli esercizi successivi al triennio.
Gli interventi disposti da ciascuna di dette leggi presentano infatti carattere unitario ed inscindibile tale da comportare, sia per l'esercizio in corso che per quelli successivi, oneri inderogabili, una volta che sia stata assunta la necessaria decisione amministrativa di attivazione dei benefici.
Le leggi in esame, ad avviso del Collegio, non indicherebbero, "nella quasi totalità, mezzi di copertura finanziaria relativamente agli oneri che graveranno sui bilanci successivi a quello del 1994", mentre, quanto agli oneri relativi al triennio 1992-1994, prevederebbero unicamente il ricorso ad accantonamenti iscritti nei fondi speciali di parte corrente e di conto capitale (di cui alle tabelle A e B allegate alla legge finanziaria 1992), privi a loro volta, per gli ultimi due anni del triennio (1993 e 1994), di adeguate indicazioni di copertura, non trovando corrispondenza in risorse finanziarie certe o ragionevolmente attendibili; donde il dubbio che sia le suindicate leggi di spesa che la legge finanziaria 1992 (n. 415 del 1991) - quest'ultima nella parte in cui preordina, a copertura degli oneri derivanti dalle stesse leggi, appositi accantonamenti dei fondi speciali - abbiano violato l'obbligo di copertura sancito dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
3.- In ordine alla rilevanza delle questioni, nella ordinanza di rimessione si afferma che la risoluzione del dubbio di costituzionalità delle norme impugnate è condizione essenziale perchè l'organo di controllo si pronunci sulla conformità a legge dei decreti ministeriali, attuativi di quelle norme, sul presupposto di una loro idonea copertura finanziaria.
4.1.- Nel merito, il Collegio rimettente ricorda che le leggi nn. 478 del 1978 e 362 del 1988, recanti innovazioni alla disciplina del bilancio dello Stato, prevedono, in sostituzione del previ gente sistema di bilancio meramente recettizio, un documento di programmazione economico- finanziaria, un bilancio "a legislazione vigente" - che riflette gli andamenti "inerziali" della spesa da correggere con la manovra di bilancio - ed una legge finanziaria chiamata ad assumere decisioni sostanziali di finanza pubblica per l'approvazione del bilancio annuale e pluriennale a valenza programmatica, che riassume e conclude la decisione di bilancio".
La nuova disciplina legislativa costituisce applicazione dei precetti e dei vincoli posti al bilancio dello Stato e alla legislazione di spesa dall'art. 81, terzo e quarto comma, della Costituzione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza n. 1 del 1966, per le leggi pluriennali di spesa nel senso della necessità dell'indicazione dei mezzi finanziari occorrenti anche per gli oneri gravanti sugli esercizi successivi al primo, senza che ciò si traduca in una previsione "stringente e puntuale", ma occorrendo, comunque, un riscontro in "impegnative esplicitazioni delle proiezioni pluriennali di finanza pubblica, in documenti programmatici sufficientemente articolati ed analitici, in bilanci pluriennali corredati di un'intelaiatura programmatica e previsionale.... [per le] decisioni di spesa che ... sono in grado di ipotecare.... i bilanci a venire...." Tali principi sono stati confermati ed ulteriormente sviluppati di recente dalla sentenza n.384 del 1991, nella quale opportunamente si esplicita l'esigenza di un "equilibrio tendenziale tra entrate e spese, la cui alterazione, in quanto riflettentesi sull'indebitamento, postula una scelta legata ad un giudizio di compatibilità con tutti gli oneri già gravanti sugli esercizi futuri".
Da ciò deriverebbe, sempre secondo l'ordinanza di rimessione, che anche gli accantonamenti dei fondi speciali, iscritti nella legge finanziaria - abilitata essa pure a prevedere nuove o maggiori spese o minori entrate, e quindi "soggetta al vincolo di copertura di cui al quarto comma dell'art. 81 Cost." - per costituire mezzi effettivi di copertura riguardo alle leggi di spesa successive, debbano trovare corrispondenza in risorse finanziarie "certe o almeno ragionevolmente attendibili" non solo per il primo anno del triennio cui gli accantonamenti si riferiscono, ma anche per il secondo e per il terzo.
Senonchè nè la legge finanziaria 1992 nè le singole norme di spesa impugnate risponderebbero ai suddetti canoni. Tale non rispondenza si riscontrerebbe per la copertura sia degli oneri ricadenti nei due esercizi successivi al primo anno del triennio, sia degli oneri ricadenti negli esercizi successivi al triennio.
4.2.- Sotto il primo aspetto si rileva che la legge finanziaria 1992 sarebbe rispettosa del precetto costituzionale solo per il primo esercizio, il 1992, e non anche per gli altri due (1993 e 1994), per i quali avrebbe rinviato l'effettivo reperimento delle risorse alle leggi finanziarie degli anni a venire; le sei leggi di spesa, a loro volta, non conterrebbero altro "quadro programmatico della spesa", se non il riferimento alle tabelle A e B allegate alla suddetta legge finanziaria 1992, e quindi agli accantonamenti iscritti nei due fondi speciali, privi anch'essi di adeguata copertura.
Gli stessi documenti di bilancio segnalerebbero che il legislatore si sarebbe limitato a prevedere la spesa, senza collocare tale previsione in un contesto di "ragionati equilibri di bilancio neppure per il triennio al quale si estende la programmazione finanziaria"; infatti "per il 1993, mentre il bilancio pluriennale programmatico (che riflette l'impostazione del documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 92-94) reca l'indicazione di un saldo netto da finanziare (...con indebitamento) pari a 102.700 miliardi, il bilancio triennale '92-94 (nel quale si riflettono le effettive decisioni di spesa pluriennale assunte dalla legge finanziaria 1992) indica che l'indebitamento raggiungerà, nel 1993, i 152.147 miliardi; per il 1994, poi, il divario si prospetta ancora più ampio poichè il saldo netto da finanziare auspicato dal bilancio pluriennale programmatico è previsto nella misura di 78.600 miliardi, mentre l'analogo saldo esposto nel bilancio triennale 1992-94 ammonta a 169.328 miliardi".
Questa divaricazione sarebbe, secondo l'ordinanza di rimessione, "del tutto irragionevole" e deriverebbe "in larga misura" dalla previsione di spese pluriennali e permanenti a carattere inderogabile e incomprimibile (cioè non modulabili dalle leggi finanziarie successive), alla cui previsione non farebbe riscontro l'indicazione, "sia pure di larga massima", delle risorse con cui farvi fronte.
Spese siffatte sarebbero quelle previste appunto dalle sei leggi denunciate, il cui onere è distribuito nel triennio in modo non uniforme e costante, bensì crescente da un anno all'altro, sì che gran parte di esso grava proprio sugli ultimi due esercizi del triennio. Orbene, pur se la graduazione degli oneri nel triennio rientra nella discrezionalità del legislatore, ove si colleghi a una "ragionevole" valutazione dei tempi di attuazione della spesa o dell'intervento, nelle leggi in esame mancherebbe qualsiasi indicazione sulle fonti e sui mezzi di copertura, anche solo in termini di "ragionevole e credibile indicazione".
Perchè vi sia ragionevolezza della copertura finanziaria delle spese di parte corrente, osserva la rimettente che:"gli accantonamenti di segno negativo dovrebbero essere sostenuti e supportati da progetti di legge già presentati alle Camere (art. 11- bis, comma 3 [della legge n. 362 del 1988]) e ...dalla indicazione, pur soltanto allo stato di iniziativa legislativa, di incrementi di entrata o di riduzione di spesa.
Invece... la natura straordinaria e non ripetibile di buona parte dei mezzi di copertura previsti per il 1992 ha condotto a prevedere, per gli esercizi finanziari 1993 e 1994, accantonamenti negativi nel fondo speciale di parte corrente rispettivamente per 20.950 e 28.426 miliardi, senza che i corrispondenti progetti di legge siano stati presentati alle Camere, rinviando così alle manovre di bilancio per il 1993 ed il 1994 non solo l'individuazione dei mezzi per avvicinare i saldi a legislazione vigente e quelli programmatici, ma anche l'individuazione dei mezzi di copertura di oltre la metà delle spese iscritte nel fondo speciale di parte corrente".
Quanto alle spese in conto capitale nell'ordinanza si sostiene che "la legge finanziaria 1992 non reca alcuna previsione di nuove o maggiori entrate o di minori spese a fronte degli accantonamenti iscritti per dette spese (tabella B allegata alla legge finanziaria 1992)....; che l'art. 81, quarto comma, Cost. non distingue fra spese correnti e spese in conto capitale ai fini dell'obbligo di copertura.... (e che) in ogni caso l'evoluzione della spesa in conto capitale è anch'essa legata, nel contesto delle leggi n. 468/78 e 362/88, all'equilibrata evoluzione delle grandezze di bilancio (art. 11, sesto comma, della legge n.468/78, nel testo novellato dalla legge n. 362/88); equilibrata evoluzione che si è già dimostrato non essere stata posta a fondamento della decisione di bilancio per il 1992".
4.3.- Per quanto concerne gli oneri ricadenti negli esercizi successivi al periodo di vigenza del bilancio triennale, la rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale (sent. 384 del 1991 cit.) con la quale si è affermato l'obbligo di indicare i mezzi di copertura esteso a tutto il periodo di durata delle leggi di spesa, e non solo al triennio, e ribadisce che le disposizioni denunciate, "del tutto" prive della indicazione di idonei mezzi di copertura per il periodo ultratriennale, non sarebbero rispettose del parametro costituzionale invocato.
5. - É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, ovvero sia rimessa per un nuovo esame al giudice a quo.
Quanto all'inammissibilità, nell'atto di intervento si sostiene che può dubitarsi della rilevanza della questione, "sia in generale perchè non...sollevata nell'ambito di un procedimento di controllo riguardante l'attuazione di spese ipoteticamente non coperte, sia in particolare, per quanto riguarda le leggi interessate da decreti relativi a variazioni per il solo esercizio 1992, in ordine al quale non vengono mossi rilievi nell'effettività della copertura della spesa".
Nel merito, ad avviso della difesa dello Stato, diversamente da quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, le leggi impugnate recherebbero un'esatta quantificazione della spesa e una corretta indicazione della relativa copertura.
Infatti, per gli oneri gravanti sui bilanci successivi a quello del 1994, la "strumentazione contabile" consentirebbe di verificare "come gli oneri inerenti al terzo anno di spesa siano pari a quelli a regime; il che implica il massimo di attendibilità possibile nella conseguente previsione di copertura ..." in un'ottica di equilibrio tendenziale della finanza pubblica. L'indicazione dei mezzi di copertura per tutto il periodo di attuazione delle leggi di spesa si realizzerebbe, infatti, "attraverso il controllo della perfetta coerenza tra onere a regime e onere coperto nell'ultimo anno compreso nell'orizzonte del bilancio triennale"; e "in una cornice convenzionale di previsione pluriennale solo l'accennato equilibrio può costituire l'elemento per una valutazione di ragionevolezza della previsione di copertura", che si voglia mantenere sul piano rigoroso della legittimità "senza invadere il campo dell'indirizzo politico e degli apprezzamenti economici".
Sulla specifica censura, secondo la quale sussisterebbe una asserita carenza di copertura nel terzo anno del bilancio triennale (e quindi nel momento della massima esposizione finanziaria delle leggi in esame), tale da determinare una frattura del sistema interno allo stesso ciclo triennale "che impedirebbe di postulare, in proiezione, una continuità di tendenziale equilibrio per gli esercizi ulteriori" - censura, questa, che darebbe fondamento anche alla prospettazione inerente alla mancanza di copertura per gli esercizi successivi al triennio - la difesa dello Stato rileva che le norme di spesa impugnate prevedono il ricorso ad accantonamenti iscritti nei fondi speciali (di parte corrente e di conto capitale) della legge finanziaria 1992, la quale "non presenta smagliature formali ..." e "i (cui) profili problematici hanno superato il vaglio delle specifiche procedure previste dai regolamenti parlamentari".
Infine l'Avvocatura generale dello Stato osserva che è in corso un'importante manovra di riequilibrio della finanza pubblica avviata sulla base del decreto legge n. 384 del 1992 e della legge di delega n.421 del 1992, per cui "risulta del tutto innovato e corretto il quadro di riferimento finanziario per gli anni 1993 e 1994". Ciò comporta che le norme impugnate andrebbero valutate alla luce di tale sostanziale modifica e che, di conseguenza, le sollevate questioni di legittimità costituzionale dovrebbero essere rinviate alla Corte dei conti per una nuova valutazione.
La difesa dello Stato riferisce, poi, che la stessa Corte dei conti "si è di recente positivamente espressa" in ordine a decreti del Ministro del tesoro relativi ad altre leggi di spesa (leggi nn. 145, 212 e 356 del 1992) che, in relazione alla copertura finanziaria, hanno connotati analoghi a quelli delle leggi ora denunciate; il che dovrebbe far ritenere "caducato" ogni rilievo di attendibilità precedentemente mosso in ordine alla copertura di tali leggi.
6. - In prossimità dell'udienza l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria nella quale sostiene che i denunciati scostamenti, per gli anni 1993 e 1994 - negli importi del saldo netto da finanziare, riportati nel bilancio pluriennale programmatico, rispetto ai valori esposti, sempre per gli anni '93 e '94, nel bilancio triennale a legislazione vigente - sarebbero del tutto normali in un sistema di programmazione finanziaria "a scorrimento" ed irrilevanti ai fini del rispetto dell'art. 81 della Costituzione.
Quanto poi alla circostanza della mancata presentazione di progetti di legge a sostegno degli accantonamenti negativi di fondo speciale, la difesa dello Stato osserva che la funzione di tali accantonamenti sarebbe proprio quella di "sterilizza re" le spese fino al reperimento delle risorse occorrenti, per cui la omessa presentazione delle iniziative legislative avrebbe comportato automaticamente la mancata attivazione delle spese collegate; inoltre con la legge finanziaria 1993 si sarebbe proceduto ad una ricognizione della legislazione vigente, comprensiva della nuova manovra, provvedendosi così al reperimento dei mezzi di copertura anche per gli accantonamenti negativi non perfezionati, e l'entità della manovra realizzata, valutabile in un miglioramento del saldo netto da finanziare di oltre 88.000 miliardi, eliminerebbe "in radice" qualsiasi perplessità cui possa aver dato luogo la legge finanziaria 1992.
Considerato in diritto
1.- La Sezione del controllo della Corte dei conti, nel corso di procedimenti sull'ammissione al visto ed alla registrazione dei decreti del Ministro del tesoro concernenti variazioni per l'anno finanziario 1992 negli stati di previsione della spesa dei ministeri del tesoro, dell'agricoltura e delle foreste, della marina mercantile, dell'interno, della difesa, delle finanze, di grazia e giustizia, dei lavori pubblici, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e della sanità, per l'anno finanziario 1992, nonchè per due di detti decreti - riguardanti i ministeri della marina mercantile e della difesa - anche gli anni 1993 e 1994, ha sollevato, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (legge finanziaria per il 1992) nella parte in cui approva le tabelle A e B per gli anni 1993 e 1994; 7, comma 1, della legge 31 dicembre 1991, n. 431; 9, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 433; 42, commi 6 e 7, della legge 5 febbraio 1992, n. 104; 4, comma 1, della legge 7 febbraio 1992, n. 140; 1, comma 2, e 5 del decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216; 7, 11, 14, comma primo, del d.l. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992, n. 217.
Ad avviso della Corte dei conti, le sopracitate leggi, autorizzando spese di carattere permanente, a valere tanto sul triennio 1992-94, al quale si riferisce la programmazione di bilancio operata dalla legge finanziaria 1992 (legge n. 415 del 1991) e dalla legge di bilancio annuale e pluriennale (legge n. 416 del 1991), quanto sugli esercizi successivi al suddetto triennio, non prevederebbero, "nella quasi totalità", mezzi di copertura finanziaria relativamente agli oneri che graveranno sui bilanci successivi a quello del 1994.
Quanto, invece, agli oneri che si produrranno nel triennio 1992-94, le leggi predette non risulterebbero adeguatamente coperte dalle risorse recate dalla legge finanziaria suddetta nel suo complesso, la quale prevede anche il ricorso ad accantonamenti di segno negativo iscritti nei fondi speciali, privi a loro volta di provvista costituita da disegni di legge almeno presentati alle Camere.
2.- La Presidenza del Consiglio interveniente ha adombrato l'eventualità della restituzione degli atti alla Corte dei conti per un riesame delle questioni, "in dipendenza dell'importante manovra di riequilibrio della finanza pubblica, avviata sulla base del d.l. n. 384/1992 e della legge di delega 421/1991", che avrebbe "del tutto innovato e corretto il quadro di riferimento finanziario per gli anni 1993 e 1994".
Questa Corte non ritiene che sussistano le condizioni per potersi provvedere nei sensi anzidetti, con riguardo a tutte le questioni sollevate nell'ordinanza di rinvio, perchè non solo non risulta una specifica corrispondenza fra la menzionata "manovra di riequilibrio" e le varie leggi di spesa oggetto di censura, ma l'auspicio è formulato dall'Avvocatura generale dello Stato con indicazione del tutto generica, senza che sia chiarito in qual modo il jus superveniens possa incidere sulle questioni nei termini in cui queste sono state sollevate.
3.- L'interveniente Presidenza del Consiglio dei ministri ha eccepito poi l'inammissibilità delle questioni per irrilevanza, sostenendo che non sono state sollevate "nell'ambito di un procedimento di controllo riguardante l'attuazione di spese ipoteticamente non coperte in particolare per quanto riguarda le leggi interessate da decreti relativi a variazioni per il solo esercizio 1992, in ordine al quale non vengono mossi rilievi sull'effettività della copertura della spesa".
L'eccezione è, nella sostanza, analoga a quella formulata nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 384 del 1991 ed allora già disattesa da questa Corte in ragione del carattere unitario delle leggi di spesa pluriennali quando sono riferite ad interventi per loro natura finanziariamente inscindibili, per cui, anche se per la maggior parte dei decreti di variazione - sottoposti al visto della Corte dei conti e che riguardano il bilancio annuale o quello triennale in corso - non vengono mossi rilievi relativamente all'esercizio cui le variazioni si riferiscono, detta inscindibilità determina la rilevanza delle questioni pur se il difetto di copertura riguardi gli esercizi successivi; ciò non senza considerare che due dei decreti predetti si riferiscono anche agli altri due esercizi del triennio.
Le leggi di spesa ora denunciate presentano tali caratteristiche perchè esse, come risulta dal loro contenuto e come si precisa nell'ordinanza di rinvio, regolano "interventi che, per il modo come sono configurati, presentano carattere unitario ed inscindibile, atteso che, una volta assunta la decisione amministrativa di far luogo all'intervento, tale decisione determina, a carico dell'esercizio in corso e di quelli successivi, oneri sostanzialmente inderogabili".
4.1.- Ridotta ai suoi termini essenziali, l'ordinanza di rimessione si muove su un duplice ordine di considerazioni sostenendo, in primo luogo, che rispetto alle sei leggi di spesa, sospettate di incostituzionalità negli articoli denunciati, mancherebbe ogni attendibile indicazione dei mezzi di copertura relativamente agli oneri successivi al triennio considerato dal bilancio pluriennale 1992-94, per cui si verserebbe nella stessa ipotesi censurata da questa Corte con la sentenza n. 384 del 1991. In secondo luogo si sostiene che le previsioni di copertura indicate per il triennio in corso dalla legge finanziaria 1992 (legge n. 415 del 1991) sarebbero a loro volta inattendibili perchè fondate su entrate occasionali e non ripetibili oltre il primo anno, mentre gli accantonamenti di segno negativo, cui farebbero capo le leggi di spesa denunciate, non sarebbero accompagnati dalla presentazione di disegni di legge di provvista; onde, sotto questo profilo, il sospetto di incostituzionalità, per inidoneità dei mezzi di copertura, dell'art.2, comma 2, della legge n. 415 del 1991 (legge finanziaria 1992) si riverbererebbe sulle leggi di spesa sopraindicate.
4.2.- Seguendo nell'ordine prospettato lo svolgimento delle questioni, va innanzitutto dichiarata l'infondatezza di quella concernente la mancanza di previsione della copertura ultra triennale delle leggi di spesa denunciate.
In proposito questa Corte, anche alla stregua di precedenti pronunce, nella più recente sentenza n. 384 del 1991, assunta dall'ordinanza di rimessione a fondamento delle questioni sollevate nel presente giudizio, ha affermato che, quando si tratti di oneri inderogabili, pur dopo l'introduzione del bilancio pluriennale ad opera delle leggi n.468 del 1978 e n. 362 del 1988 permane la validità del principio secondo cui, relativamente alle leggi pluriennali di spesa, l'obbligo di indicazione dei mezzi di copertura riguarda anche gli esercizi successivi a quelli compresi nel bilancio triennale. Nelle richiamate pronunce si è poi precisato che, mentre per gli esercizi considerati dal bilancio è necessaria una puntuale indicazione delle risorse finanziarie disponibili, per quelli successivi è sufficiente che la previsione delle risorse, destinate a far fronte ai relativi oneri, risulti in modo ragionevole e credibile, tale da evitare previsioni fittizie ed arbitrarie.
Nel caso che aveva allora formato oggetto di sindacato di costituzionalità, la richiamata sentenza n. 384 del 1991 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge denunciata in quanto questa, riguardando l'assunzione da parte del bilancio dello Stato degli oneri, per interessi e per ammortamenti, derivanti dall'accensione di mutui e dalla emissione di obbligazioni da parte degli enti di gestione delle partecipazioni statali, aveva previsto un periodo di preammortamento pari alla durata del bilancio triennale in corso, sul quale andava a gravare solo la spesa per gli interessi, mentre nessuna previsione dei mezzi di copertura risultava relativamente agli anni successivi, nei quali sarebbero cominciati a decorrere, in aggiunta agli interessi, i ben più consistenti oneri di ammortamento del capitale.
L'illegittimità costituzionale della legge, che risultava così coperta solo per i primi tre esercizi corrispondenti al bilancio triennale, era stata perciò dichiarata in presenza del notevole divario quantitativo tra il limite di impegno relativo ai soli interessi - gravante sui primi tre anni e per il quale era prevista la copertura nel bilancio triennale - e gli stanziamenti, comprensivi di interessi ed ammortamento, che sarebbero andati a gravare sugli esercizi successivi, senza che risultasse alcuna attendibile previsione di copertura con cui far fronte agli oneri relativi agli esercizi successivi al triennio, rispetto al quale essi, come si è rilevato, sarebbero lievitati in modo tanto considerevole.
Il principio, desumibile dalla richiamata sentenza, è dunque che, in presenza di leggi pluriennali di spesa che si protraggono anche negli esercizi successivi a quelli considerati dal bilancio triennale in corso, non è sufficiente la copertura degli oneri relativi alla durata di esso, quando per gli anni successivi le quote assumono andamenti marcatamente crescenti e richiedono perciò un fabbisogno ulteriore rispetto a quello previsto per l'ultimo anno del triennio. Difatti l'equilibrio contabile tra onere coperto ed onere a regime deve costituire l'elemento formale da prendersi a riferimento per valutare - senza invadere il campo dell'indirizzo politico in materia di bilancio - la ragionevolezza della copertura, dallo specifico punto di vista del mantenimento di un plausibile rapporto di equilibrio tra entrate e spese.
Invece, il caso delle leggi di spesa oggetto del presente giudizio è diverso da quello risolto con la richiamata sentenza n. 384 del 1991, che impropriamente la Corte dei conti invoca come precedente per la soluzione della presente questione. Difatti, relativamente alle leggi ora denunciate, per gli esercizi successivi al bilancio triennale, non si ravvisa quell'apprezzabile scostamento rispetto alle previsioni di spesa gravanti nell'anno di massima esposizione finanziaria del triennio, che questa Corte aveva allora censurato nella prospettiva della salvaguardia del tendenziale equilibrio tra entrate e spese. Di conseguenza, muovendo dal presupposto di un presumibile andamento non regressivo del flusso delle entrate secondo dati confortati dall'esperienza, si realizza una ragionevole coerenza tra onere coperto nel triennio e onere a regime, il che non risultava invece relativamente alla legge censurata con la richiamata sentenza.
5.- Per quel che riguarda il secondo dei profili indicati, relativo al difetto di copertura nell'arco del triennio - profilo, questo, che può riverberarsi sulla questione della copertura per gli anni successivi, per l'effetto di trascinamento che su questi sarebbe prodotto dalla asserita carenza di mezzi finanziari nel triennio - poichè le sei leggi di spesa in esame fanno capo ai fondi speciali previsti dalla legge finanziaria per il triennio 1992-94, la censura di inattendibilità delle previsioni di copertura, pur investendo sia le leggi di spesa che la legge finanziaria 1992, riguarda direttamente quest'ultima. Difatti, quello che viene presentato anche come argomento rivolto a sorreggere la questione riguardante le leggi di spesa in precedenza elencate, si risolve in sostanza nella censura dell'art. 2, comma 2, della legge finanziaria 1992 (legge n. 415 del 1991) influendo solo indirettamente sulle altre leggi denunciate, in quanto si basa sulla asserita natura straordinaria di buona parte delle previsioni di entrate contemplate dalla legge finanziaria, che non sarebbero ripetibili oltre il 1992, e sulla mancata provvista degli accantonamenti di segno negativo della stessa legge, per cui la censura potrebbe influire, ove accolta, solo in via consequenziale sulle leggi pluriennali di spesa.
Per mettere in dubbio l'attendibilità delle previsioni di copertura relative al secondo e al terzo anno del triennio 1992- 94, la Corte dei conti ritiene, "per quanto riguarda le spese di parte corrente", non rispettata la "legge n. 362/88, nel senso che gli accantonamenti di segno negativo dovrebbero essere sostenuti e supportati da progetti di legge già presentati alle Camere (art. 11 bis, comma 3) e, insomma, dalla indicazione, pur soltanto allo stato di iniziativa legislativa, di incrementi di entrata o di riduzione di spesa". Sostiene la Corte dei conti che "la natura straordinaria e non ripetibile di buona parte dei mezzi di copertura previsti per il 1992 ha condotto a prevedere per gli esercizi finanziari 1993 e 1994, accantonamenti negativi nel fondo speciale di parte corrente rispettivamente per lire 20.950 e 28.426 miliardi, senza che i corrispondenti progetti di legge siano stati presentati alle Camere, rinviando così alle manovre di bilancio per il 1993 ed il 1994 non solo l'individuazione dei mezzi per avvicinare i saldi a legislazione vigente a quelli programmatici, ma anche l'individuazione dei mezzi di copertura di oltre la metà delle spese iscritte nel fondo speciale di parte corrente".
In primo luogo va rilevato che se, da quel che è possibile arguire dall'ordinanza di rimessione, la Corte dei conti abbia inteso dire che proprio a causa della irripetibilità delle entrate negli anni successivi al 1992 si è dovuti ricorrere al meccanismo degli accantonamenti negativi, la censura relativa alla irripetibilità anzidetta perderebbe valore perchè sarebbe allora la stessa legge finanziaria a dimostrare la consapevolezza che dal 1993 non si potrà più contare su quel tipo di entrate, tanto è vero che, per compensarne la mancanza, sono stati previsti accantonamenti di segno negativo; di conseguenza residuerebbe soltanto la censura relativa al meccanismo di quegli accantonamenti, di cui si parlerà in prosieguo.
Ma poichè, come è più probabile dal tenore dell'ordinanza, sembra che la Corte dei conti abbia prospettato entrambe le censure, pur accomunandole sotto un unico profilo, esse concretano due autonome questioni: la prima, che riguarda la sufficienza dei fondi speciali nel loro complesso a far fronte alle leggi di spesa in parola e, la seconda, che riguarda l'asserita violazione della norma (art.11 bis della legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge n. 362 del 1988) che disciplina il meccanismo compensativo degli accantonamenti di segno negativo sostenendosi che, nella specie, essi sarebbero stati iscritti nella legge finanziaria, per far fronte ad accantonamenti di segno positivo, senza l'avvenuta presentazione dei "corrispondenti progetti di legge" (comma 3) relativi alle "minori spese o maggiori entrate" (comma 2).
Quanto alla prima delle questioni anzidette, che riguarda l'inattendibilità della copertura in dipendenza della occasionalità ed irripetibilità di alcune entrate, essa è inammissibile per genericità. Difatti dal collegio rimettente non vengono indicate le entrate che sarebbero caratterizzate da tale occasionalità ed irripetibilità, il che non consente a questa Corte di compiere, con propri autonomi criteri, un'indagine diretta ad individuarle, non essendosi in grado di stabilire, in mancanza di qualunque indicazione, quale sia il punto di vista da cui muove l'organo rimettente per esprimere tale giudizio.
6.1.- Relativamente alla questione della provvista degli accantonamenti di segno negativo iscritti nel fondo speciale di parte corrente della legge finanziaria 1992, la Corte dei conti lamenta il mancato rispetto del meccanismo previsto dall'art. 11 bis della legge n. 468 del 1978, come modificato dalla legge n. 362 del 1988. Questo consente di prevedere, nei fondi speciali della legge finanziaria, accantonamenti di segno negativo in corrispondenza di accantonamenti di segno positivo diretti a coprire leggi di spesa in itinere, solo nel caso in cui i corrispondenti provvedimenti legislativi, recanti minori spese o maggiori entrate, siano presentati alle Camere. Nell'ordinanza di rinvio si assume che, invece, la previsione di tali accantonamenti negativi è nella specie avvenuta senza presentazione di dette leggi di provvista, onde l'illegittimità costituzionale della legge finanziaria per violazione di tale prescrizione, considerata attuativa dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
L'illegittimità della legge finanziaria sotto tale aspetto si riverbererebbe così sulle leggi di spesa denunciate, la cui copertura grava su tali accantonamenti.
In proposito l'Avvocatura generale dello Stato sostiene che la funzione "degli accantonamenti negativi è proprio quella di sterilizzare talune iniziative di spesa fino al concretarsi dei mezzi di copertura corrispondenti, per cui la mancata presentazione dei relativi disegni di legge ha comportato automaticamente la mancata attivazione delle spese collegate".
L'assunto non può essere condiviso perchè, in primo luogo, l'Avvocatura generale dello Stato non considera che il meccanismo dell'art. 11 bis è proprio nel senso che la previsione degli accantonamenti di segno negativo sia collegata alla presentazione di disegni di legge di provvista e ciò in relazione alla circostanza che la pluriannualità delle coperture è posta a difesa dell'equilibrio finanziario, per cui ai vantaggi del promettere i benefici della maggiore spesa deve corrispondere, fin dalla sua deliberazione e con sufficiente credibilità, la previsione dei costi della promessa.
In secondo luogo, se è vero che la copertura delle leggi di spesa impugnate, e propriamente soltanto di alcune di esse, come si vedrà in prosieguo, andrà a gravare - peraltro solo dal 1994 - su uno degli accantonamenti in parola, è pur vero che i decreti di variazione sottoposti a controllo attivano interventi che, una volta avviati, determinano spese che l'organo rimettente asserisce inderogabili per tutti gli esercizi successivi. Di conseguenza, come si è già avuto modo di osservare nel respingere in limine analoga eccezione per irrilevanza di tutte le questioni, si è in presenza di oneri inscindibili rispetto ai quali le previsioni di copertura devono essere osservate per tutto l'arco degli interventi.
Non può quindi parlarsi di "sterilizzazione" degli accantonamenti di segno positivo e, quindi, per questa parte, della legge finanziaria, perchè, attivandosi, mediante i decreti di variazione, interventi che determinano oneri inscindibili, fin dal primo momento deve essere garantita la provvista della copertura anche per il 1994.
6.2. - Sulla questione in esame questa Corte condivide, perciò, le preoccupazioni da cui muove l'ordinanza di rimessione sulla possibilità che il meccanismo degli accantonamenti, se non puntualmente osservato, si risolva in un "espediente contabile" per eludere l'obbligo di copertura previsto dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione. Il rispetto sostanziale di questo esige difatti che, per gli oneri pluriennali di spesa, il meccanismo compensativo dell'art. 11 bis non si traduca, come paventa la Corte dei conti, in un rinvio della copertura alle successive manovre di bilancio, dovendosi, fin dal momento in cui una spesa viene deliberata, essere consapevoli dei suoi costi reali e delle fonti di approvvigionamento, in vista del perseguimento della linea di tendenziale equilibrio finanziario.
D'altronde l'art. 11 bis, il cui meccanismo non è posto in discussione in sè, ma solo per lamentarne l'abuso, ritiene soddisfatta quest'ultima esigenza con la previsione - che l'ordinanza di rinvio dichiara non rispettata - dell'obbligo della previa presentazione alle Camere dei disegni di legge (comma 3) a fronte degli accantonamenti di segno negativo, consentendo quindi l'utilizzazione concreta (comma 2) dei corrispondenti accantonamenti di segno positivo solo a seguito dell'approvazione di tali leggi. Il che, assecondando una giusta esigenza di elasticità, pone in grado gli organi preposti alla manovra di bilancio di modulare le previsioni della legge finanziaria nel tempo in relazione ai concreti esiti di tali iniziative legislative.
Peraltro, risulta che nel corso del dibattito parlamentare (documento di base n. 8 del servizio bilancio del Senato sulla legge finanziaria 1992) il problema fu espressamente affrontato, ma superato nonostante che ci si fosse fatti carico che non erano stati presentati i disegni di legge di provvista degli accantonamenti negativi.
6.3. - Relativamente a quest'ultima questione, va innanzi tutto precisato che, come si è già accennato, non per tutte le leggi di spesa denunciate e non per tutti gli esercizi del triennio cui esse fanno riferimento, i relativi accantonamenti di segno positivo fanno capo ad accantonamenti di segno negativo, per la iscrizione dei quali vige la previsione del ricordato art. 11 bis.
La tabella A allegata alla legge finanziaria 1992, per le spese di parte corrente, prevede, tra l'altro, accantonamenti di segno negativo di lire 20.950 miliardi per il 1993 e di lire 28.426 miliardi per il 1994, contrassegnati dalla lettera (a) corrispondente a quella che contraddistingue alcuni accantonamenti di segno positivo riportati nella tabella stessa a copertura di diverse leggi. Delle sei leggi di spesa impugnate, nessuna è interessata al meccanismo degli accantonamenti di segno negativo sopra illustrato (v. nn. 6.1 e 6.2) per l'esercizio 1993, mentre per il 1994 soltanto il decreto legge n. 9 del 1992, convertito nella legge n. 217 del 1992 ed il decreto legge n. 5 del 1992, convertito nella legge n. 216 del 1992, fanno riferimento nelle loro norme di copertura (rispettivamente, il primo, negli artt. 7 e 14, e, il secondo, nell'art. 5) all'accantonamento di segno positivo di lire 540 miliardi (appunto per il 1994) denominato "potenziamento delle forze di polizia" (sotto la voce Ministero dell'interno), per un onere rispettivamente di circa 380 miliardi, il primo, e di circa lire 60 miliardi il secondo (complessivamente lire 440 miliardi).
Questo specifico accantonamento positivo, come risulta dalla nota in calce alla tabella A sopra ricordata, fa capo solo per 100 miliardi all'accantonamento di segno negativo di oltre 28.000 miliardi, sempre per il 1994.
Alla stregua di tale ricostruzione, che non emerge direttamente dall'ordinanza di rimessione, va dichiarata l'inammissibilità dell'ultima questione per genericità, perchè in primo luogo non risulta se la Corte dei conti intendesse sollevare la questione riferita agli accantonamenti nei confronti di tutte le leggi denunciate, nel qual caso l'asserita mancanza di copertura triennale per effetto del meccanismo degli accantonamenti di segno negativo e della connessa violazione dell'art. 11 bis sopra ricordato, sarebbe addirittura irrilevante per quella parte della legge finanziaria cui si riferiscono le leggi di spesa che non fanno capo agli accantonamenti negativi; in secondo luogo non è dato comprendere in qual modo non vi sarebbe sufficiente copertura delle richiamate leggi nn. 216 e 217 del 1992 (le sole per le quali, in via consequenziale, sarebbe rilevante l'eccezione di incostituzionalità), nonostante che l'onere complessivo da esse previsto per il 1994 (lire 440 miliardi) sembrerebbe già soddisfatto per eccesso nelle disponibilità indicate dall'accantonamento positivo di lire 540 miliardi, dei quali, come si è detto, solo 100 miliardi fanno capo all'accantonamento di segno negativo che manca della provvista di cui all'art. 11 bis, comma 3, più volte ricordato; in terzo luogo, non è possibile stabilire come tale limitato onere, per la sua irrilevante entità rispetto agli oneri complessivi gravanti sulla legge finanziaria 1992 - e che, se effettivamente esistente, potrebbe far apparire comprensibile un rinvio alla successiva manovra di bilancio - possa incidere in modo sostanziale sull'equilibrio tra entrate e spese che, nel sollevarsi una questione di legittimità costituzionale riguardante la provvista degli accantonamenti di segno negativo della legge finanziaria, cui rinviano, tramite i corrispondenti accantonamenti di segno positivo, altre numerose leggi di spesa, è l'aspetto che potrebbe essere preso in considerazione.
7. - Residua il rilievo di cui è cenno nell'ordinanza di rimessione, circa l'esigenza del legame che dovrebbe sussistere tra la legge finanziaria ed il documento di programmazione economica e finanziaria.
Osserva in proposito questa Corte che tale legame non può essere inteso nel senso di un vincolo assoluto, bensì come coerenza con gli indirizzi emergenti dal documento programmatico. Questo, come è noto, è espressione, per sua essenza, di un momento indicativo - e non precettivo come sembrerebbe invece trasparire dalle considerazioni della Corte dei conti - per cui gli scostamenti dalle sue previsioni, e specificamente da quelle del bilancio triennale programmatico, anch'esso di indirizzo, che fa parte del documento in parola, potrebbero assumere rilievo nello scrutinio di costituzionalità, attinente a profili di copertura finanziaria delle leggi nel quadro del tendenziale equilibrio tra entrate e spese (sent.n. 384 del 1991), non tanto su di un piano meramente quantitativo, ma se denotino mancanza di coordinamento tra il momento di fissazione degli obbiettivi e quello della individuazione delle scelte concrete, sì da togliere al primo quel valore di indirizzo che invece gli è riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 384 del 1991, 12 del 1987 e 1 del 1966). Ciò non senza osservare che tale coordinamento assume rilevanza essenzialmente per le spese in conto capitale, perchè, essendo possibile per la loro copertura il ricorso all'indebitamento, il documento programmatico costituisce un indubbio indirizzo per la ponderatezza delle relative decisioni.
Tutta una serie di problemi, questi, che la Corte dei conti - sembrando reputare prevalente, se non addirittura essenziale, l'aspetto quantitativo e senza tener conto del diverso rilievo che il documento programmatico assume per le spese di parte corrente rispetto a quelle in conto capitale - affronta in un'ottica diversa dalle linee anzidette che comunque escludono, come si è osservato, di poter attribuire a quel documento carattere precettivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Legge finanziaria 1992) nella parte in cui approva le tabelle A e B per gli anni 1993 e 1994; 5 del decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3- 12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle al tre forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216; 7 e 14, comma 1, del decreto legge 18 gennaio 1992, n. 9 ( Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992, n. 217, sollevate con l'ordinanza indicata in epigrafe dalla Corte dei conti, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, ed in relazione all'art. 11 bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio), come modificato dalla legge 23 agosto 1988, n. 362 (Nuove norme in materia di bilancio e di contabilità dello Stato);
non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.7, comma 1, della legge 31 dicembre 1991, n. 431 (Rifinanziamento delle leggi 22 marzo 1985, n. 111, e 14 giugno 1989, n. 234, concernenti interventi a favore del settore navalmeccanico e armatoriale); 9 , commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 433 (Disposizioni per la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite dagli eventi sismici del dicembre 1990 nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa); 42, commi 6 e 7, della legge 5 febbraio 1992, n.104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate); 4, comma 1, della legge 7 febbraio 1992, n. 140 (Interventi per la realizzazione di opere di rilevanza nazionale nel settore della irrigazione, nonchè per la concessione di mutui a tasso agevolato per operazioni di credito, a sostegno della cooperazione agricola di rilevanza nazionale); 1, comma 2, e 5 del decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonchè perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n.216; 7, 11 e 14, comma 1, del decreto legge 18 gennaio 1992, n. 9 (Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992, n. 217, sollevate dalla Corte dei conti, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, con la stessa ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.
Francesco Paolo CASAVOLA ,Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 29/01/93.