Ordinanza n.14 del 1993

CONSULTA ONLINE

ORDINANZA N. 14

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 12 febbraio 1955, n. 77, (Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari) come emendato dall'art. 12 della legge 12 giugno 1973, n. 349 (Modificazione alle norme sui protesti delle cambiali e degli assegni bancari), promosso con ordinanza emessa il 20 maggio 1982 dalla Corte d'Appello di Palermo sul reclamo proposto da La Barbera Cosimo, iscritta al n. 388 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1992 il Giudice relatore Renato Granata;

Ritenuto che con ordinanza del 20 maggio 1992 la Corte d'appello di Palermo - adita da La Barbera Cosimo con reclamo avverso il decreto del Presidente del tribunale di Palermo dell'11 marzo 1992 con cui era stata rigettata l'istanza di cancellazione dal bollettino dei protesti - ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 3 della legge 12 febbraio 1955 n.77, come emendato dall'art. 12 della legge 12 giugno 1973 n.349, nella parte in cui, pur dopo l'entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990 n.386 (modificativa della disciplina dell'assegno bancario), non consente al traente di un assegno bancario, o agli altri soggetti legittimati, di adire il presidente del tribunale per ottenere la cancellazione dal bollettino dei protesti;

che - secondo la Corte rimettente - il decreto presidenziale deve ritenersi reclamabile, in ragione della regola generale della reclamabilità dei provvedimenti camerali (ex artt. 739-742 c.p.c.);

che la Corte rimettente ritiene violato il principio di eguaglianza perchè la citata normativa, oggetto di censura, non consente al traente di un assegno bancario protestato di ottenere la cancellazione del proprio nome dal bollettino dei protesti, a differenza del debitore cambiario, che tale provvedimento favorevole può ottenere ove abbia effettuato il pagamento, entro cinque giorni dal protesto, dell'importo della cambiale;

che la diversità del regime giuridico e sanzionatorio del protesto dell'assegno bancario rispetto al protesto della cambiale si sarebbe attenuata per effetto della citata legge n.386 del 1990, la quale, in particolare, ha previsto (all'art.8) che l'avvenuto pagamento dell'assegno, degli interessi, della penale e delle spese di protesto rende improcedibile l'azione penale sollevando il traente da ogni conseguenza sanzionatoria;

che a seguito di tale riforma pertanto il trattamento differenziato sarebbe ingiustificatamente deteriore per il traente dell'assegno protestato che rimane sprovvisto di alcuna tutela (con conseguente violazione del diritto di difesa), anche nell'ipotesi in cui l'avvenuto pagamento dell'assegno, degli interessi, della penale e delle spese di protesto lo abbia restituito ad una condizione di piena legalità, non essendo più esposto ad alcuna conseguenza sanzionatoria ed avendo provveduto all'integrale ristoro del danno nei confronti del creditore;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato sostenendo la non fondatezza della questione di costituzionalità in riferimento all'art. 3 Cost. perchè cambiale ed assegno bancario sono istituti ben diversi, avuto riguardo alla loro funzione economica (essendo la prima strumento di credito, mentre il secondo un mezzo di pagamento); nè vi è violazione dell'art. 24 Cost. giacchè è l'ambito della tutela sostanziale che risulta limitato e quindi manca il diritto od interesse tutelato in relazione al quale prospettare la lesione della tutela giurisdizionale;

Considerato che la questione è ammissibile atteso che l'eventuale carenza di potere giurisdizionale del giudice rimettente (che conseguirebbe alla negazione della reclamabilità dell'ordinanza del presidente del tribunale di diniego del provvedimento di cancellazione dal bollettino dei protesti) potrebbe essere rilevata da questa Corte soltanto se evidente ed incontestabile (cfr., ex plurimis, sent. n.414 del 1989);

che, nel merito, permangono - anche dopo l'entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990 n.386 che ha modificato la disciplina dell'assegno bancario - le ragioni che hanno già indotto questa Corte, nella sentenza n. 317 del 1990, a ritenere non fondata la stessa questione di costituzionalità;

che in particolare permane il diverso regime sanzionatorio atteso che - mentre il mancato pagamento della cambiale continua a non costituire oggetto di sanzioni specifiche, oltre quelle proprie dell'inadempimento - l'emissione dell'assegno bancario senza che sia pagato all'atto della presentazione rappresenta una condotta che integra gli estremi di un reato (salva l'eventuale improcedibilità dell'azione penale ex art. 8 legge n.386 del 1990 citata) e comunque comporta la revoca al traente di ogni autorizzazione ad emettere assegni (art. 9 legge citata);

che diversa è ancora la funzione tipica dei due titoli di credito, costituendo l'assegno bancario un mezzo di pagamento e la cambiale, invece, uno strumento di credito;

che tale diversità giustifica la disciplina differenziata quanto alla facoltà (riconosciuta al traente di una cambiale e non anche al traente di un assegno bancario) di adire il presidente del tribunale per ottenere la cancellazione dal bollettino dei protesti in caso di pagamento del titolo entro cinque giorni dalla sua presentazione;

che l'esclusione della disparità di trattamento denunciata dal giudice rimettente esclude anche ogni violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) non essendo configurabile tutela processuale quando non è riconosciuta alcuna situazione sostanziale di diritto od interesse;

che pertanto la questione di costituzionalità è manifestamente infondata;

visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 3 della legge 12 febbraio 1955 n.77 (Pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari), come modificato dall'art. 12 della legge 12 giugno 1973 n.349 (Modificazione alle norme sui protesti della cambiali e degli assegni bancari), in riferimento agli art. 3 e 24 della Costituzione, sollevata dalla Corte d'appello di Palermo con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 19/01/93.