SENTENZA N. 455
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'articolo 7, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse:
A)in procedimenti civili vertenti tra Fiore Amedeo ed altri, contro l'Ente FF.SS.:
- due, dal Pretore di Torino, entrambe il 13 gennaio 1992, iscritte ai nn.121 e 122 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992;
- dal Pretore di Bari, sei, il 5 febbraio 1992, iscritte ai nn.211, 212, 213, 215, 216 e 217 del registro ordinanze 1992; due, il 7 febbraio 1992, iscritte ai nn. 209 e 210 del registro ordinanze 1992; una, il 14 febbraio 1992, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 1992; tutte pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1992;
- dalla Pretura di Brindisi -Sezione distaccata di San Vito dei Normanni- il 28 marzo 1992, iscritta al n. 356 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1992;
- dal Tribunale di Genova, il 5 marzo 1992, iscritta, al n. 328 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1992; - dal Pretore di Roma, il 14 febbraio 1992, iscritta al n. 224 del 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1992.
B) Nel procedimento civile vertente tra Capasso Giuseppe ed I.N.A.D.E.L.: - dal Pretore di Napoli, il 21 aprile 1992, iscritta al n. 336 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.27, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visti gli atti di costituzione di Fiore Amedeo, Floris Pietro Francesco, Papadia Francesco Vincenzo e Solazzo Vito, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 ottobre 1992 il Giudice relatore Francesco Greco;
uditi gli avv.ti Michele Abbatescianni per Floris Pietro Francesco e Papadia Francesco Vincenzo; Luciano Ventura per Solazzo Vito e l'Avvocato dello Stato Luigi Criscuoli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il Pretore di Torino, nei giudizi promossi da Fiore Amedeo e Brancaccio Vincenzo nei confronti dell'Ente Ferrovie dello Stato, per ottenere il riconoscimento dei benefici di cui all'art. 20 della legge 24 dicembre 1986, n. 958, per il servizio militare prestato rispettivamente dal 2 luglio 1962 al 2 dicembre 1963 e dal 25 marzo 1968 al 23 febbraio 1970, con ordinanza in data 13 gennaio 1992 (R.O. n. 121 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, primo comma, della legge 30 dicembre 1991 n. 412, il quale ha disposto che i suddetti benefici operano esclusivamente per il servizio militare in corso alla data di entrata in vigore della citata legge n. 958 del 1986 e per quello prestato successivamente.
Il giudice a quo ha osservato, in particolare che:
a) la questione è rilevante poichè soltanto la norma censurata è d'ostacolo al riconoscimento, in favore dei lavoratori, dei rivendicati benefici, concessi dalla precedente norma, dichiarata espressamente applicabile al <<settore pubblico>>, nel quale deve ritenersi compreso anche l'Ente Ferrovie dello Stato;
b) che la limitazione dell'ambito temporale di efficacia di detti benefici, disposta con la norma censurata, irragionevolmente discrimina i lavoratori che hanno prestato servizio militare prima del 30 gennaio 1987 e quelli che lo hanno prestato successivamente, pur nell'identità della prestazione e dei sacrifici richiesti agli uni ed agli altri, senza che i suddetti si possano considerare come uno speciale compenso per una maggiore gravosità della leva militare successiva alla data suddetta (violazione art.3 della Costituzione); che, peraltro, i detti benefici hanno la funzione di evitare che la prestazione del servizio militare, obbligatorio ex art 52 della Costituzione, comporti pregiudizio (reale o virtuale) per la vita lavorativa onde, la intervenuta limitazione importa la violazione del richiamato precetto costituzionale (art. 52 della Costituzione).
2. - L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata altresì pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
2.1 - Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite le parti private ed è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La difesa delle prime ha insistito per la declaratoria dell'illegittimità costituzionale della norma censurata, con argomenti sostanzialmente identici a quelli esposti dal giudice remittente.
L'Avvocatura Generale dello Stato ha, in particolare, rilevato che:
- l'art. 20 della legge n. 958 del 1986, attributiva dei contestati benefici, non può trovare applicazione nei confronti dei dipendenti di un ente pubblico i cui rapporti di lavoro si svolgono in regime privatistico, come per l'Ente ferrovie. Ciò è reso palese sia dalla mancanza di norme espresse che identifichino il "settore pubblico", cui è commisurato l'ambito di operatività della norma, con quello comprensivo, oltre che dallo Stato, anche di altri enti pubblici minori; sia dal fatto che l'art.20 della citata legge n. 958 del 1986 ha posto gli oneri da essa implicati sul bilancio dello Stato, autonomo rispetto a quello dell'Ente ferrovie, con ciò dimostrando che dette spese non possono che riguardare i dipendenti statali;
- in ogni caso, la norma censurata, in coerenza con il principio della irretroattività, risolvendo una incertezza ermeneutica, e perciò di interpretazione autentica, ha precisato che i benefici in questione non possono applicarsi se non quando il fatto costitutivo del diritto ai medesimi si sia avverato successivamente alla sua entrata in vigore;
- appartiene, poi, alla discrezionalità del legislatore che accorda un particolare beneficio, stabilirne i limiti temporali, anche in considerazione delle compatibilità finanziarie e degli oneri che l'assenza di quei limiti comporterebbe;
- inconsistente è il richiamo all'art. 52 della Costituzione, posto che la mancata fruizione dei benefici in questione non si risolve affatto in un pregiudizio per la posizione di lavoro dell'interessato che abbia prestato servizio militare.
3. - Identica questione è stata proposta dal Pretore di Torino con ordinanza della stessa data (R.O. n. 122 del 1992) nel procedimento promosso da Luzzini Lucio ed altri contro l'Ente Ferrovie.
Nel giudizio avanti questa Corte è intervenuta solo l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, cha ha svolto difesa identica a quella precedente.
4. - In termini sostanzialmente analoghi, la questione è stata poi sollevata: A) dal Pretore di Napoli, con ordinanza del 21 aprile 1992 (R.O. n.336 del 1992), in procedimento Capano Giuseppe contro I.N.A.D.E.L., che pone in riferimento solo l'art. 3, primo comma, della Costituzione;
B) dal Pretore di Bari con sei ordinanze del 5 febbraio 1992 (R.O. nn. 211, 212, 213, 215, 216, 217/92), due del 7 febbraio 1992 (R.O. nn. 209 e 210/92) e una del 14 febbraio 1992 (R.O.n. 214/92);
C) dal Pretore di Roma (R.O. n. 224/92) con ordinanza del 14 febbraio 1992;
D) dal Pretore di Brindisi con ordinanza del 28 marzo 1992 (R.O. n.356 del 1992): E) dal Tribunale di Genova, con ordinanza del 5 marzo 1992 (R.O. n.328 del 1992); tutte emesse in giudizi contro le FF.SS..
4.1 - Questa ultima ordinanza (R.O. n. 328 del 1992) contiene ulteriori censure e profili particolari, rispetto alle altre.
Il giudice remittente, ponendo in riferimento, oltre gli artt. 3 e 52 della Costituzione, anche gli artt. 24, 53, 101 e 104, della Costituzione, ha osservato che con la norma in esame: a) è stata introdotta una limitazione a diritti soggettivi, il cui rispetto, viceversa, appare uno dei fondamenti dello Stato "di diritto", cui si ispira la vigente Costituzione; tale risultato si è voluto conseguire mediante una disposizione indicata come interpretativa, quindi con efficacia retroattiva (terzo comma dell'art. 7), pur in assenza di rilevanti contrasti giurisprudenziali sul punto, con l'effetto di privare i titolari del diritto già conseguito e di creare nuove disuguaglianze fra soggetti che rimangono beneficiari e soggetti privati del beneficio; c) è stata limitata la tutela giurisdiziale dei cittadini relativamente al proprio diritto, sorto contestualmente per tutti con l'entrata in vigore dell'art. 20, anche se i presupposti concreti per l'esercizio di esso in alcuni casi già erano esistenti, in altri coesistevano ed in altri sono sorti successivamente, ma sempre nell'ambito omogeneo di un rapporto lavorativo in corso; d) è stata introdotta una differenza nell'entità della contribuzione dei cittadini alla spesa pubblica perchè alcuni soltanto dei precedenti legittimati possono usufruire del beneficio, mentre gli oneri contributivi sono a carico di tutti gli appartenenti alla stessa categoria; e) è stata introdotta una valenza differenziata di una prestazione, quella del servizio militare, che la Costituzione chiaramente prevede come un dovere imposto in misura uguale a tutti i cittadini, con beneficio solo a favore di coloro che hanno adempiuto a detto servizio in tempi in cui esso si era notevolmente alleggerito; f) tutto quanto sopra è stato realizzato in base a considerazioni discriminatorie ed irragionevoli, mentre l'unica soluzione corretta sarebbe stata l'abolizione del beneficio per tutti se lo si fosse ritenuto troppo oneroso per le finanze dello Stato.
4.2 - In tutti i giudizi promossi con le sopra (sub 4) elencate ordinanze è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di infondatezza della questione con argomenti identici a quelli dianzi ricordati.
4.3 - Si sono poi costituiti:
A) Floris Pietro Francesco, nel giudizio promosso dal Pretore di Bari con ordinanza del 7 febbraio 1992 (R.O. n. 209/92);
B) Solazzo Vito, nel giudizio promosso dal Pretore di Bari con ordinanza del 5 febbraio 1992 (R.O. n. 215/92);
C) Papada Francesco Vincenzo, nel giudizio promosso dal Pretore di Bari con ordinanza del 5 febbraio 1992 (R.O. n. 216/92).
I loro atti difensivi non aggiungono elementi o profili nuovi rispetto a quanto risultante dalla superiore esposizione e si limitano a ribadire le censure svolte dai giudici remittenti.
Nell'imminenza della udienza hanno depositato memorie Solazzo Vito e Floris Pietro Francesco.
La difesa del primo ha ribadito il proprio dubbio sulla natura di norma interpretativa dell'art. 7 della legge n. 412 del 1991, onde la esclusione della sua retroattività.
La difesa del Floris, premesso che i dipendenti delle Ferrovie dello Stato sono destinatari della disposizione dell'art. 20 della legge n. 258 del 1986, ha osservato che la norma censurata, nell'interpretare autenticamente tale disposizione, appone un elemento temporale quale unico discrimine di situazioni identiche, non incidente sugli effetti di una legge, ma sui suoi presupposti di fatto.
Considerato in diritto
1. - Va disposta la riunione dei giudizi al fine della decisione con una unica sentenza, per evidenti ragioni di connessione.
2. - La Corte deve verificare se l'art. 7, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, nella parte in cui stabilisce che il servizio militare valutabile ai sensi dell'art. 20 della legge 24 dicembre 1986, n.958, ed ai fini della attribuzione dei benefici ivi previsti, è esclusivamente quello in corso alla data di entrata in vigore di tale ultima legge nonchè quello prestato successivamente, violi gli artt. 3, 24, 52, 53, 101, 104, della Costituzione perchè:
a) irrazionalmente discrimina fra quanti, con pari o maggiori sacrifici, hanno prestato servizio militare prima della entrata in vigore della legge 412 del 1991 rispetto a quelli che lo hanno prestato successivamente;
b) per la errata qualificazione di norma interpretativa, sottrae retroattivamente un beneficio a coloro che l'hanno già acquisito come destinatari della norma di previsione ed impedisce la funzione interpretativa del giudice in ordine alla portata della stessa;
c) limita il diritto dei cittadini soggetti a tale operazione ablativa di agire in giudizio per la tutela di situazioni giuridiche ad essi anteriormente attribuite;
d) non consente la compiuta eliminazione dei pregiudizi che la prestazione del servizio militare ha arrecato a quei lavoratori che siano stati assoggettati ad essa anteriormente alla entrata in vigore della norma di previsione dei denegati benefici;
e) comporta ineguale contribuzione dei cittadini alla spesa pubblica in danno di quanti non possono usufruire di tali benefici.
3. - La questione non è fondata.
L'art. 20 della legge 24 dicembre 1986, n. 958, ha previsto la validità del servizio militare a tutti gli effetti per l'inquadramento economico e per la determinazione dell'anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale per i dipendenti del settore pubblico.
L'art. 7, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, contenente disposizioni in materia di finanza pubblica, stabilisce che il servizio militare valutabile ai sensi del predetto articolo è esclusivamente quello in corso alla data della sua entrata in vigore nonchè quello prestato successivamente.
4. - Preliminarmente deve essere esaminata la eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato, secondo cui la disposizione impugnata non sarebbe applicabile ai dipendenti dell'Ente ferrovie in quanto al momento della entrata in vigore della legge n. 958 del 1986 l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato si era trasformata, per effetto della legge 17 maggio 1985, n. 210, in ente pubblico economico, il quale non fa parte del "settore pubblico".
La eccezione è destituita di fondamento.
A parte la considerazione che sulla nozione di settore pubblico non vi è accordo, in quanto in esso, secondo alcuni, ai fini che interessano, si comprenderebbero anche gli enti pubblici economici, si osserva che la detta riforma si è attuata in concreto successivamente alla entrata in vigore della citata legge n. 210 del 1985 e solo con la emanazione dei previsti regolamenti di organizzazione.
Invero, l'art. 14 ha fatto salve tutte le leggi e i regolamenti vigenti alla suddetta epoca ed afferenti alla organizzazione, sempre che fossero stati compatibili con la disciplina dettata dalla stessa legge.
L'art. 21 poi ha previsto la trasformazione del rapporto di lavoro dei dipendenti da pubblico in privato solo al momento della stipulazione dei contratti collettivi, il primo dei quali ha avuto effetto dal 5 febbraio 1988. E la disposizione in esame incide, direttamente e profondamente, sul rapporto di lavoro in quanto modifica l'inquadramento economico e l'anzianità lavorativa del personale ai fini del trattamento previdenziale.
Peraltro, è oggetto di controversia l'attribuzione del beneficio accordato dalla disposizione denunciata proprio a coloro che hanno prestato servizio anteriormente alla riforma, quando l'Ente faceva parte dell'amministrazione pubblica e il rapporto di lavoro era pubblico.
5. - La questione va, quindi, esaminata nel merito.
Deve accertarsi e precisarsi la natura della legge n. 412 del 1991; se, cioé, essa sia interpretativa, con la conseguente efficacia retroattiva o sia innovativa e, quindi, senza efficacia retroattiva.
La Corte ha più volte deciso (sentt. nn. 155, 390 del 1990) che non ha alcun rilievo la qualifica che della legge ha fatto il legislatore; che va riconosciuto il carattere interpretativo a una legge, la quale, fermo restando il testo della norma interpretativa, ne chiarisca il significato normativo e privilegi una delle tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo sia espresso dalla coesistenza di due norme, quella precedente e quella successiva, che ne esplicita il significato, e che rimangono entrambe in vigore.
Le due norme si sovrappongono e l'una, la successiva, non elimina l'altra, la precedente.
Il legislatore, con una operazione ermeneutica introduce nello ordinamento un quid novi che rende obbligatorio per tutti il significato da lui dato alla norma precedente che resta in vigore.
L'intervento del legislatore è legittimato dai dubbi interpretativi, sorti specialmente nei giudizi che della norma hanno fatto applicazione nelle fattispecie di volta in volta esaminate.
In particolare, la natura interpretativa della legge in esame è desumibile dal terzo comma dell'art. 7, che però non è stato impugnato ma è utilizzabile ai suddetti fini.
Esso regola la sorte degli eventuali maggiori trattamenti comunque in godimento al momento della entrata in vigore della legge, concessi a seguito di interpretazioni difformi da quelle indicate nel primo comma dello stesso articolo che fissa i limiti temporali dell'art. 20 della legge n. 958 del 1986, il quale in proposito non contiene alcuna indicazione.
E proprio per effetto di tale omissione erano sorti dubbi in ordine alla sua applicabilità a rapporti di lavoro ancora in vita alla data della entrata in vigore della legge, ma che riguardavano servizi militari prestati in epoca anteriore e alcuni, come quelli in controversia, molto remota (1962, 1963 ecc.); nonchè in ordine ai riscatti già avvenuti ai fini della indennità di buonuscita.
Tanto che le amministrazioni interessate avevano richiesto pareri alle autorità competenti.Erano intervenuti pareri del Consiglio di Stato, (Adunanza III Sez. 12 luglio 1988; risposta al quesito della Presidenza del Consiglio in data 5 aprile 1989, n. 1598) e una decisione della Corte dei conti in sede di controllo (n. 2049 in data 19 dicembre 1988).
Sicchè, come si evince anche dalla relazione in sede di lavori parlamentari, si è resa necessaria la emanazione della legge chiarificatrice, anche perchè il legislatore si è preoccupato dei rilevanti aggravi sul bilancio dello Stato derivanti da una interpretazione estensiva.
6. - In verità, per i dipendenti statali il servizio militare di leva svolto prima della instaurazione del rapporto di impiego rientrava già nel computo della anzianità utile ai fini del trattamento di quiescenza (artt. nn. 8, terzo comma, e 145 del d.P.R. n. 1092 del 1973); non produceva effetti ai fini del trattamento previdenziale ma il dipendente aveva facoltà di riscattarlo a domanda e a proprio totale carico (art.15 del d.P.R. n. 1032 del 1973).
Se era svolto durante il rapporto di impiego, il dipendente era collocato in aspettativa e il tempo trascorso era computato per intero ai fini della progressione di carriera, della attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e di previdenza (art. 67 del d.P.R. n. 3 del 1957). Il servizio prestato era utile ai fini della buonuscita.
L'art. 20 in esame ha consentito ai dipendenti pubblici di ottenere il riconoscimento del servizio militare ai fini della anzianità di servizio con il conseguente trattamento economico e dell'incremento dell'anzianità utile ai fini del trattamento di previdenza (buonuscita) senza oneri di riscatto.
L'art. 7, primo comma, della legge n. 412 del 1991, ora impugnato, ha solo fissato i limiti temporali, cioè la decorrenza del beneficio accordato.
7. - In tale situazione non sussistono le denunciate violazioni dei precetti costituzionali invocati.
Non si è creata alcuna ingiustificata discriminazione tra i dipendenti presi in esame dalla disposizione denunciata e quelli ai quali precedentemente è stato concesso il beneficio con limitati oneri a loro carico. Nè il legislatore ha compensato in maniera difforme il sacrificio derivante dalla prestazione del servizio militare di leva, che, peraltro, è obbligatorio ai sensi dell'art. 52 della Costituzione.
Si riafferma, inoltre, che rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere particolari trattamenti di favore per i servizi prestati;
stabilire i limiti temporali della concessione, specie per la necessaria considerazione degli aggravi finanziari sul bilancio statale che ne derivano.
E ciò anche nell'ambito di una stessa categoria di soggetti, giacchè lo stesso fluire del tempo costituisce elemento differenziatore.
La legge in esame, inoltre, può trovare adeguata giustificazione nella incidenza finanziaria e negli aggravi che certamente si sarebbero potuti verificare per effetto della difforme interpretazione, oltremodo estensiva.
Non si è verificata lesione degli artt. 24, 101 e 104 della Costituzione.
Il legislatore ha operato sul piano delle fonti e non ha nè escluso nè compresso la tutela giudiziale delle posizioni giuridiche dei soggetti titolari.
Limitandosi l'esame alla disposizione denunciata (art. 7, primo comma, della legge n. 412 del 1991), non risultano lesi i giudicati formatisi precedentemente, nè sono vulnerate le attribuzioni giudiziarie, in quanto il legislatore ha agito su un piano diverso da quello del giudice.
Nemmeno è leso l'art. 53 della Costituzione, siccome esso riguarda i criteri di proporzionalità che devono presiedere alle prestazioni fiscali imposte ai soggetti passivi nella fase che attiene alla provvista di fondi e non a quella della erogazione della spesa.
Non sussiste alcuna ingiustificata differenziazione di aggravi contributivi per la già rilevata discrezionalità del legislatore nell'accordare trattamenti particolari, subordinandoli alla partecipazione dei cittadini in diversa misura a seconda dei momenti in cui li accorda.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) riunisce i giudizi;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, primo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), in riferimento agli artt. 3, 24, 52, 53, 101, 104 della Costituzione, sollevata dai Pretori di Torino, di Napoli, di Bari, di Roma e di Brindisi nonchè dal Tribunale di Genova con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/11/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Francesco GRECO, Redattore
Depositata in cancelleria il 17/11/92.