ORDINANZA N. 450
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 238, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1992 dal Tribunale di Lecce nel procedimento penale a carico di Rapanà Salvatore, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 ottobre 1992 il Giudice relatore Mauro Ferri.
RITENUTO che il Tribunale di Lecce, nel presupposto che il rifiuto di sottoporsi all'esame - ex art. 210 del codice di procedura penale - da parte di due coimputati minorenni comportasse la impossibilità, ai sensi dell'art. 513, secondo comma, del codice di procedura penale, di disporre la lettura dei verbali delle dichiarazioni da essi rese al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 238, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui ammette - previo consenso delle parti, nella fattispecie sussistente - l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale solo se si tratta di prove assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento (ovvero di verbali di cui è stata data lettura durante il dibattimento stesso), ma non la estende a tutti gli altri verbali di dichiarazioni comunque rese, alla presenza del difensore, dalle persone indicate nell'art. 210 del codice di procedura penale;
che la norma, ad avviso del remittente, violerebbe l'art. 3 della Costituzione perchè discrimina irragionevolmente l'acquisizione di prove di altro procedimento pur in presenza del consenso dell'imputato, nonchè l'art. 24 della Costituzione in quanto limita il diritto alla prova, anche a danno dell'imputato;
che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che l'art. 3, primo comma, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito, con modificazioni, con legge 7 agosto 1992, n. 356, ha integralmente sostituito l'art. 238 del codice di procedura penale, il quale ora stabilisce in linea generale, come auspicato dal giudice remittente, che "i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati nel dibattimento se le parte vi consentono" (quarto comma);
che, inoltre, va anche rilevato che questa Corte, con sentenza n.254 del 1992, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 513, secondo comma, del codice di procedura penale "nella parte in cui non prevede che il giudice, sentite le parti, dispone la lettura dei verbali delle dichiarazioni di cui al primo comma del medesimo articolo rese dalle persone indicate nell'art. 210, qualora queste si avvalgano della facoltà di non rispondere";
che, pertanto, è venuto meno anche il presupposto su cui il remittente ha fondato la proposta questione;
che, in conclusione, occorre restituire gli atti al giudice a quo affinchè riesamini, alla luce della nuova disciplina della materia, la rilevanza della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Lecce.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/11/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 13/11/92.