ORDINANZA N. 443
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 440 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13 gennaio 1992 dal Tribunale di Civitavecchia nel procedimento penale a carico di Barlaam Patrizia, iscritta al n. 202 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.
RITENUTO che nel corso di un procedimento penale in cui l'imputato aveva fatto richiesta di definizione del processo con il rito abbreviato, con il consenso del P.M., richiesta respinta dal Giudice in sede di udienza preliminare, sulla base della non definibilità allo stato degli atti, il Tribunale di Civitavecchia, con ordinanza emessa il 13 gennaio 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.440 del codice di procedura penale nella parte in cui esclude qualunque possibilità di sindacato su tale decisione di rigetto;
che secondo il giudice a quo, essendo impossibile, nell'ipotesi considerata, per il giudice del dibattimento l'applicazione dello sconto di pena, risulterebbe leso il diritto soggettivo dell'imputato a chiedere il giudizio abbreviato;
che inoltre, a parere del Tribunale rimettente, l'analogia con la disciplina del patteggiamento evidenzierebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra le due ipotesi, dal momento che l'accordo ex art. 444 del codice di procedura penale, anche se non "omologato" dal Giudice dell'udienza preliminare per qualsiasi motivo, può sempre essere riproposto al giudice del dibattimento;
che infine si evidenzierebbe una disparità anche all'interno del procedimento stesso, atteso che il giudice del dibattimento, a seguito della sentenza di questa Corte n. 81 del 1991, può applicare all'imputato la riduzione di pena ex art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale anche ove manchi il consenso del P.M. al rito abbreviato, mentre tale possibilità è esclusa nella ipotesi censurata, con ulteriore, possibile lesione dell'art. 25 della Costituzione (venendosi ad "espropriare" il giudice stesso del potere di decidere della sanzione avvalendosi di tutti gli strumenti processuali che l'ordinamento appresta in favore dell'imputato);
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che questa Corte, con la sentenza n. 23 del 1992 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento -- ritenendo che il processo poteva, su richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico ministero, essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari -- possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma;che in tale occasione si è escluso che al giudice per le indagini preliminari possa spettare [...] l'ultima parola, in modo preclusivo, sulla decidibilità allo stato degli atti;
che, pertanto le censure mosse dal giudice a quo circa l'insindacabilità del rigetto della richiesta di rito abbreviato risultano superate dal potere di controllo circa la decidibilità allo stato degli atti ora riconosciuto al giudice del dibattimento;
che, quindi, la questione è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 440 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Civitavecchia con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/11/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore
Depositata in cancelleria il 13/11/92.