Sentenza n. 278 del 1992

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SENTENZA N. 278

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

-        Dott. Francesco GRECO

-        Prof. Gabriele PESCATORE

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, lett.b), del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica) e 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), promosso con ordinanza emessa il 13 novembre 1991 dal Tribunale militare di Verona nel procedimento penale a carico di Klieber Ralph, iscritta al n. 42 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale, per il reato di mancanza alla chiamata, a carico di un soggetto, già cittadino italiano (in quanto nato in Italia da genitori stranieri) che aveva però da tempo trasferito in Austria la propria residenza, acquistando la cittadinanza di quello Stato, il Tribunale militare di Verona, con ordinanza emessa il 13 novembre 1991, ha sollevato, in relazione agli artt. 2, 3 e 52 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, lett. b), del d.P.R.14 febbraio 1964, n. 237, in riferimento all'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, nella parte in cui non prevede l'esenzione dagli obblighi di leva per coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato (e siano quindi tenuti a prestare in quest'ultimo il servizio militare).

Rileva il giudice a quo che l'effetto libera torio da detti obblighi si verifica, ex art. 7 legge n. 555 del 1912, per coloro che, nati e residenti in uno Stato estero e da questo considerati propri cittadini, rinuncino alla cittadinanza italiana, ma non per i cittadini italiani che, come l'imputato, siano nati in Italia ed abbiano fissato poi all'estero la loro residenza, acquistando, senza il concorso della loro volontà, la cittadinanza straniera ex art. 8, n. 2, di detta legge. Tale ipotesi si differenzierebbe da quella di cui al n. 1 della stessa norma -- già scrutinata da questa Corte con ordinanza di manifesta infondatezza n.109 del 1988 -- proprio per la involontarietà dell'acquisto della cittadinanza straniera, elemento idoneo ad escludere gli abusi viceversa ipotizzabili nel caso, contemplato sub 1, di chi spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito all'estero la propria residenza.

Le situazioni poste a confronto sarebbero qui rese omogenee da un comune accadimento involontario: la nascita all'estero (ex art.7) ed il difetto di volontà nell'acquisto della cittadinanza straniera (ex art. 8, n. 2) ma riceverebbero un diverso trattamento.

Secondo il Tribunale rimittente inoltre, un ulteriore e più significativo profilo d'illegittimità deriverebbe dalla stretta analogia tra la situazione de qua e quella che ha dato luogo alla declaratoria d'illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 974 del 1988.

Il principio della ultrattività della cittadinanza non potrebbe altresì giustificare impedimenti al mutamento della cittadinanza senza un'evidente violazione dell'art. 2 della Costituzione.

Argomenta infine il giudice a quo che i doveri ex art.52 della Costituzione possono ritenersi attuali solo in presenza di un effettivo vincolo del soggetto con lo Stato italiano "ancorchè non identificabile con la cittadinanza" e non possono viceversa tradursi in un obbligo giuridico penalmente sanzionato per chi abbia conservato con lo Stato stesso solo il legame morale costituito dalla perduta cittadinanza.

Considerato in diritto

1. -- Il Tribunale militare di Verona, con ordinanza del 13 novembre 1991 (R.O. n. 42 del 1992), ha sollevato, in relazione agli artt.2, 3 e 52 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, lett. b), del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), con riferimento all'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), nella parte in cui non prevede l'esenzione dagli obblighi di leva per coloro che, avendo perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato, siano tenuti al servizio militare verso quest'ultimo.

2. -- La questione è fondata.

La conservazione dell'obbligo del servizio militare a carico di coloro che hanno perduto la cittadinanza italiana, sancita dalla legge n.555 del 1912, sembra ispirata alla ratio prevalente di garantire una platea per la formazione dei contingenti di leva anche con la coscrizione degli emigrati non più cittadini.

Tale finalità è divenuta anacronistica.

L'art. 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 ha sancito per ogni individuo il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Quale che sia il valore delle Dichiarazioni di principi, non v'è dubbio che tra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2 della Costituzione della Repubblica sia da individuarsi anche il diritto di abbandonare il proprio paese.

Sicchè una legislazione che ostacolasse l'esercizio di questo diritto fondamentale si porrebbe fuori dall'attuale contesto di valori giuridici internazionali e costituzionali.

É inoltre da tener presente che la prassi internazionale dominante induce a ritenere esistente una norma generale, che vincola gli Stati a non assoggettare ad obblighi militari cittadini stranieri.

In base alla conformazione dell'ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, statuita dall'art.10, primo comma, della Costituzione, una normativa che continuasse a richiedere il servizio militare ai non cittadini contrasterebbe la norma generale internazionale, violando la Costituzione.

É proprio per adeguare ad un tale mutato contesto il nostro ordinamento interno che l'art. 22 della legge 5 febbraio 1992, n.91 (Nuove norme sulla cittadinanza) stabilisce: Per coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 8 della legge 13 giugno 1912, n.555, cessa ogni obbligo militare.

Entrando la citata legge in vigore sei mesi dopo la data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 1992, essa non è immediatamente applicabile nel giudizio a quo, rispetto alla cui impostazione resta estranea come ius superveniens.

3. -- Peraltro, tutto ciò premesso, l'accoglimento della questione, nei limiti in cui è stata sollevata, si radica nella giurisprudenza di questa Corte. Le disposizioni oggi denunciate, nella parte in cui non prevedono l'esenzione dall'obbligo del servizio militare per coloro che hanno perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato, nel quale abbiano già prestato servizio militare, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione del principio di parità di trattamento, di cui all'art. 3 della Costituzione (sent. n. 974 del 1988).

Invero, per l'art. 5 della Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963 (sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima), ratificata con legge 4 ottobre 1966, n.876, chiunque possegga doppia o plurima cittadinanza è tenuto agli obblighi militari nei confronti di uno solo degli Stati di cui sia cittadino. A fortiori tale trattamento va dunque applicato a chi ha perduto la cittadinanza italiana e possegga in atto la sola cittadinanza straniera.

Ma non v'è chi non veda la equivalenza delle situazioni di chi ha prestato e di chi sia tenuto a prestare il servizio militare nello Stato straniero di cui sia divenuto cittadino.

Ne consegue l'eadem ratio decidendi per la questione de qua rispetto al precedente illustrato.

4. -- Restano pertanto assorbiti i profili proposti rispetto agli altri parametri, di cui agli articoli 2 e 52 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, lett. b), del d.P.R.14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica) e 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), nella parte in cui non prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di un altro Stato nel quale siano tenuti a prestare il servizio militare.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/06/92.

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 17/06/92.