Sentenza n. 167 del 1992

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SENTENZA N. 167

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'abrogato art. 574 del codice civile promosso con ordinanza emessa il 13 luglio 1990 dal Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento civile vertente tra Errante Angelo e Broussard Vincenza Beatrice ed altre iscritta al n. 663 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.44, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di costituzione di Errante Concetta ed Angela nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 17 marzo 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. In data 26 ottobre 1970 decedeva intestato Rocco Errante lasciando eredi, secondo il regime successorio allora vigente, le due figlie legittime Concetta e Angela e usufruttuario per un terzo dell'eredità il coniuge.

Contro le eredi Angelo Altomonte otteneva, con sentenza in data 8 aprile 1977, la dichiarazione di filiazione naturale nei confronti del defunto, ai sensi dell'art. 232 delle disposizioni transitorie della legge 19 maggio 1975, n. 151, di riforma del diritto di famiglia, e conseguentemente instaurava davanti al Tribunale di Reggio Calabria un giudizio diretto a conseguire la quota di eredità di sua spettanza secondo la disciplina della successione legittima vigente al tempo dell'aperta successione.

Nel corso di tale giudizio il Tribunale, con ordinanza del 13 luglio 1990, pervenuta alla Corte costituzionale il 17 ottobre 1991, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'abrogato art. 574, primo comma, cod.civ., nella parte in cui, nel concorso di figli naturali con figli legittimi, attribuiva ai primi la metà della quota conseguita dai secondi, anzichè un pari diritto ereditario.

Ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata, applicabile nella specie in virtù del principio tempus regit actum, violerebbe gli artt. 3 e 30 Cost., "incidendo in maniera pesante e discriminatoria sul diritto a succedere dei figli naturali rispetto ai figli legittimi".

2. Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite le convenute.

Esse contestano la valutazione della giurisprudenza di questa Corte espressa nell'ordinanza di rimessione e fanno osservare che il trattamento successorio dei figli naturali in concorso con figli legittimi, previsto nell'ordinamento anteriore alla Novella del 1975, è sempre stato ritenuto costituzionalmente legittimo.

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. L'Avvocatura rileva che l'evoluzione della giurisprudenza della Corte, rappresentata dalle sentenze richiamate nell'ordinanza, nel senso della parificazione del trattamento successorio dei figli naturali a quello dei figli legittimi, si è sempre limitata ai casi di conflitto dell'interesse del figlio naturale con successibili diversi dai membri della famiglia legittima.

Considerato in diritto

1. Dal Tribunale di Reggio Calabria è sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 574 cod. civ. - abrogato dall'art.187 della legge 19 maggio 1975, n. 151, ma applicabile nel giudizio a quo, in quanto vertente su una successione aperta prima dell'entrata in vigore della legge - nella parte in cui, nel concorso ab intestato di figli legittimi con figli naturali, attribuisce a questi metà della quota che conseguono i legittimi, anzichè un pari diritto ereditario.

Ad avviso del giudice remittente, la disparità di trattamento contrasta con gli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione.

2 La questione non è fondata.

Analoga questione, già proposta da altro giudice in relazione alla norma parallela dell'abrogato art. 541 cod. civ., che regolava la divisione tra figli legittimi e naturali della quota complessivamente riservata ai discendenti, è stata dichiarata non fondata con sentenza n. 168 del 1984.

Non vi sono ragioni per modificare tale giudizio con riguardo alla norma ora impugnata, formalmente diversa, ma sostanzialmente identica.

Le norme abrogate del codice civile del 1942, che definivano i diritti successori dei figli naturali in concorso con figli legittimi, non possono essere valutate - come vorrebbe il giudice a quo, il quale si richiama in premessa al nuovo art. 261 cod. civ. - anticipando nel tempo i criteri direttivi della riforma del diritto di famiglia, dopo la quale, e in conseguenza di essa, si è accentuato il mutamento della coscienza e della sensibilità sociale in ordine alla condizione di questa categoria di figli.

Occorre, invece, rifarsi all'interpretazione dell'art. 30 Cost. vigente anteriormente alla Novella del 1975, quale risulta dalle sentenze della Corte costituzionale menzionate nell'ordinanza di rimessione, che sono lontane dall'offrire sostegno alla questione da essa sollevata.

Tali sentenze (nn. 79 del 1969, 50 del 1973, 82 del 1974) hanno interpretato l'art. 30, terzo comma, come comando di parificazione dei diritti ereditari dei figli naturali a quelli attribuiti ai legittimi soltanto nelle ipotesi di mancanza di membri della famiglia legittima, intesa nel senso stretto in cui è considerata dalla norma costituzionale.

Perciò sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 467 e 468 cod. civ., nella parte in cui negavano ai figli naturali il diritto di rappresentazione del loro genitore anche in assenza di discendenti legittimi; l'art. 539 cod. civ., limitatamente nella parte in cui, pur in mancanza di figli legittimi e del coniuge, riservava ai figli naturali una quota inferiore a quella spettante ai legittimi; l'art. 575 cod. civ., nella parte in cui, in mancanza di figli legittimi e del coniuge, ammetteva il concorso degli ascendenti legittimi con i figli naturali.

3. Nei confronti dei figli legittimi e del coniuge superstite il principio costituzionale di parificazione giuridica dei figli naturali è soggetto al limite della compatibilità con i diritti dei membri della famiglia legittima. La determinazione di tale limite appartiene alla discrezionalità del legislatore, di guisa che la disciplina in esame del concorso dei figli naturali con figli legittimi nella successione intestata e nella quota di riserva fu giudicata dalla sentenza n. 79 del 1969 un modo di attuazione ante litteram del precetto costituzionale di conciliazione della tutela degli uni con i diritti degli altri.

Per quanto possa oggi apparire severa (o "penalizzante" come dice il giudice a quo), l'attribuzione ai figli naturali di una quota ridotta alla metà della quota conseguita dai legittimi non può ritenersi eccedente il limite della ragionevolezza, la quale deve essere valutata nel contesto storico che aveva prodotto la norma. A quell'epoca essa segnò un notevole progresso nell'evoluzione legislativa verso un migliore trattamento dei figli naturali, avendo il codice del 1942 sostituito al precedente criterio di calcolo della quota secondo il sistema della "quota di diritto" il più favorevole sistema della "quota di fatto".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.574 cod. civ., abrogato dall'art. 187 della legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Calabria con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30/03/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 8 aprile del 1992.