Sentenza n. 82 del 1974
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SENTENZA N. 82

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 575 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 18 dicembre 1972 dal tribunale di Matera nel procedimento civile vertente tra Arcieri Mastromattei Cristina e Arcieri Mastromattei Ugo, iscritta al n. 47 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 del 28 marzo 1973.

Udito nella camera di consiglio del 18 dicembre 1973 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.

 

Ritenuto in fatto

 

Con sentenza non definitiva in data 28 luglio 1960 il tribunale di Matera dichiarava la minore Curci Cristina figlia naturale di Rosario Arcieri Mastromattei, deceduto nel luglio 1955 in stato di celibato, e condannava Italia Sammartino, vedova Arcieri - madre di Rosario - alla corresponsione in favore della minore di un assegno mensile, in attesa che, in prosieguo, si definissero tra le parti i diritti successori conseguenti alla morte di Rosario Arcieri. Un giudizio per la divisione dei beni caduti in successione si instaurava tra le parti nel maggio 1962; il relativo processo, interrottosi per la morte della Sammartino avvenuta nel 1971, veniva riassunto dalla Arcieri Mastromattei Cristina contro Ugo Arcier Mastromattei, nipote ed erede, per testamento, della Sammartino. In questa fase del giudizio l'attrice ha sollevato l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 575 del codice civile sostenendo che il suo disposto dà luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento dei figli naturali, rispetto ai figli legittimi: a questi ultimi, invero, l'art. 566 cod. civ. riserva l'intero patrimonio ereditario con esclusione del concorso nella successione degli ascendenti del de cuius; per i figli naturali invece, la norma denunciata ammette un concorso riservando un terzo dell'eredità agli ascendenti.

L'eccezione é stata accolta dal tribunale di Matera che con propria ordinanza del 18 dicembre 1972 l'ha ritenuta rilevante nella causa pendente tra le parti, nella quale deve decidersi quali sono - quantitativamente - i diritti di una figlia naturale sulla eredità del proprio genitore.

Dopo aver richiamato i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 79 del 1969, il tribunale afferma che l'articolo 575 contrasterebbe con l'art. 3 Cost. giacché, limitando a due terzi la quota di eredità riservata ai figli naturali, creerebbe una disparità di trattamento, non giustificata da alcun ragione, rispetto ai figli legittimi i quali ereditano i beni dei genitori con esclusione di qualsiasi altra categoria di successibili. La stessa norma sarebbe, altresì, in contrasto con l'art. 30 comma terzo, Cost., alla cui tutela i figli naturali hanno pieno diritto quando nella successione non concorrano il coniuge e i figli legittimi.

Un trattamento differenziato dei figli naturali nel campo successorio si giustifica solo nei confronti del coniuge e de discendenti legittimi. Lo stesso trattamento non riguarda per contro gli ascendenti rispetto ai quali la Costituzione non autorizza il legislatore ad applicare ai figli naturali una disciplina diversa e più sfavorevole di quella riservata ai figli legittimi.

Nel presente giudizio nessuno si é costituito.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con ordinanza 18 dicembre 1972 il tribunale di Matera ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 575 del codice civile che in tema di successione legittima ammette un concorso tra figli naturali ed ascendenti del genitore e limita la quota spettante ai primi a due terzi dell'eredità.

Tale norma, ad avviso del giudice, contrasterebbe sia col principio di uguaglianza enunciato dall'art. 3 Cost., per la ingiustificata disparità di trattamento ch'essa riserverebbe ai figli naturali rispetto ai figli legittimi, i quali succedono invece nell'intero patrimonio ereditario con esclusione del concorso nella successione degli ascendenti del genitore, sia con l'articolo 30, comma terzo, Cost., alla cui tutela i figli naturali riconosciuti o dichiarati hanno pieno diritto, giusta i principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 79 del 1969, quando nella successione non concorrano membri della famiglia legittima (discendenti legittimi e coniuge).

2. - La questione é fondata.

Nella ricordata sentenza la Corte ha precisato la portata dell'art. 30, comma terzo, Cost., statuendo che deve considerarsi famiglia legittima quella costituitasi col matrimonio del padre naturale comprendente soltanto il coniuge e i figli legittimi e non anche i collaterali e gli ascendenti. Ha poi affermato che se il genitore naturale non ha coniuge né figli legittimi manca una famiglia legittima nel senso previsto dalla citata norma costituzionale e si apre per il figlio naturale (riconosciuto o dichiarato) la tutela garantita da questa norma.

Questi principi sono stati ribaditi nella successiva sentenza n. 50 del 1973 con la quale é stata dichiarata, per contrasto con gli artt. 3 e 30 Cost., l'incostituzionalità dell'art. 539 del codice civile limitatamente alla parte in cui attribuiva ai figli naturali riconosciuti o dichiarati, in assenza di membri della famiglia legittima, una quota di riserva inferiore a quella stabilita dall'art. 537 c.c. a favore dei figli legittimi.

In tale sentenza é stata altresì dichiarata, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale degli artt. 545 e 546 c.c., concernenti rispettivamente il concorso di ascendenti legittimi con figli naturali ed il concorso di ascendenti legittimi, figli naturali e coniuge, sul rilievo che tali norme erano in contrasto sia con l'art. 30 Cost., in quanto limitavano i diritti del figlio naturale anche in mancanza di membri della famiglia legittima (non rientrando fra questi gli ascendenti legittimi del de cuius), sia con l'art. 3 Cost. in quanto stabilivano un trattamento di disparità successoria dei figli naturali rispetto ai figli legittimi.

3. - Al lume dei principi affermati nelle citate decisioni e delle statuizioni in esse contenute appare evidente l'incostituzionalità della norma ora impugnata nella parte in cui, pur non essendovi prole legittima e coniuge del genitore, ammette un concorso nella successione degli ascendenti del genitore con i figli naturali attribuendo a questi ultimi i due terzi dell'eredità. Questo trattamento, che é diverso da quello riconosciuto ai figli legittimi, i quali conseguono l'intera eredità escludendo dal concorso gli ascendenti, non é giuridicamente giustificato. I diritti ereditari dei figli naturali riconosciuti o dichiarati possono essere legittimamente limitati allorché essi concorrono con i figli legittimi ed il coniuge del genitore, ma non già quando vi siano soltanto gli ascendenti poiché questi - agli effetti qui considerati - non sono membri della famiglia legittima.

4. - L'effetto dell'anzidetta pronuncia é che i figli naturali riconosciuti o dichiarati conseguono - nell'ipotesi in cui manchino membri della famiglia legittima e non sussista quindi l'incompatibilità prevista dall'art. 30, comma terzo, Cost. - lo stesso trattamento successorio riservato ai figli legittimi e cioè succedono in tutta l'eredità.

A questa parificazione sul piano dell'indicato diritto non può ovviamente non corrispondere identità di trattamento in tema di obblighi alimentari.

A tal proposito va osservato che le disposizioni vigenti pongono tali obblighi, nei confronti degli ascendenti legittimi del proprio genitore, a carico dei figli legittimi (art. 433 cod. civ.), li escludono per i figli naturali (art. 435 cod. civ.). Orbene proprio per effetto della dichiarazione di illegittimità parziale dell'art. 575 - in forza della quale i figli naturali, escludendo dalla successione al proprio genitore gli ascendenti di quest'ultimo, acquistano sotto questo riguardo una posizione giuridica identica a quella dei figli legittimi - siffatta diversità di trattamento diventa costituzionalmente illegittima. E perciò, trattandosi di illegittimità derivata, occorre, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 435 cod. civ. nella parte in cui tale disposizione non prevede l'obbligo per i figli naturali di prestare gli alimenti agli ascendenti legittimi del proprio genitore.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale:

a) dell'art. 575 del codice civile nella parte in cui, in mancanza di figli legittimi e del coniuge del genitore, ammette un concorso tra i figli naturali riconosciuti o dichiarati e gli ascendenti del genitore;

b) in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dell'art. 435 del codice civile, nella parte in cui non prevede l'obbligo per i figli naturali riconosciuti o dichiarati di prestare gli alimenti agli ascendenti legittimi del proprio genitore.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27 marzo 1974.