ORDINANZA N. 131
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), promosso con ordinanze emesse il 26 ottobre 1990 dalla Corte d'appello di Catania nel procedimento penale a carico di Di Mauro Angelo, iscritta al n. 687 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 marzo 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Catania dubita della legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 19 marzo 1990, n. 55, in quanto dispone la sospensione del procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione ove sulla decisione di esso influisca la cognizione dei delitti di cui agli artt. 416 bis del codice penale e 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685 per i quali sia iniziato o penda procedimento penale, ma non prevede che in caso di sospensione del procedimento di prevenzione in grado di appello debba essere sospesa anche l'esecuzione della misura di prevenzione applicata in primo grado (esecutiva ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423);
che ad avviso della Corte rimettente tale omessa previsione darebbe luogo a violazione degli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione, perchè comporterebbe una disparità di trattamento tra i soggetti sottoposti al procedimento di prevenzione a seconda che la sospensione di esso intervenga in primo ovvero in secondo grado - cioè prima o dopo l'applicazione della misura - e perchè ne risulterebbe frustrata la finalità garantista della sospensione medesima;
che il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, richiamando l'ordinanza di questa Corte n. 313 del 1991, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile;
Considerato che, successivamente all'ordinanza, la norma impugnata è stata espressamente abrogata col decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203;
che, essendo questa disposizione immediatamente applicabile nel giudizio pendente perchè di natura processuale, la proposta eccezione di incostituzionalità della norma caducata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per sopravvenuto difetto di rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), in riferimento agli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione, sollevata dalla Corte d'appello di Catania con ordinanza del 26 ottobre 1990.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/03/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 25 marzo del 1992.