Sentenza n. 106 del 1992

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SENTENZA N. 106

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), promossi con n. 3 ordinanze emesse dal Pretore di Bologna, iscritte ai nn. 598, 655 e 656 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 39 e 44, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visti gli atti di costituzione di Gianni Osti ed altra, Domenico Marchese ed altra, Luciano Carini ed altra nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 gennaio 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

udito l'avvocato Franco Agostini per Gianni Osti ed altra, Domenico Marchese ed altra, Luciano Carini ed altra e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di tre giudizi in cui i genitori di alcuni minori riconosciuti come non deambulanti in modo autonomo, avevano richiesto al Ministero dell'interno l'erogazione dell'assegno di accompagnamento per il periodo 1989-1990, il Pretore di Bologna ha sollevato, con tre ordinanze emesse rispettivamente il 30 aprile e il 17 giugno 1991, in relazione all'art. 38, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 21 novembre 1988, n. 508, nella parte in cui, abrogando l'art. 17 della legge 30 marzo 1971, n.118, ha soppresso l'assegno di accompagnamento per i minori non deambulanti non completamente invalidi.

Premette il Pretore che il secondo comma della disposizione de qua, nel fare salvi gli effetti delle domande per l'ottenimento dei benefici presentate sino alla data di entrata in vigore della legge, non ha il fine di conservare l'assegno a tutti coloro ai quali fosse già stato riconosciuto il diritto, bensì soltanto di prorogarlo eccezionalmente per una sola annualità. Trattasi infatti di provvidenza periodica -- rinnovabile di anno in anno -- subordinata alla permanenza dei requisiti legali, da documentarsi su istanza di parte corredata del certificato di frequenza di un centro ambulatoriale.

Su questa base il giudice a quo, disatteso l'assunto delle parti ricorrenti (secondo cui l'assegno verrebbe in permanenza conservato in virtù dell'originaria domanda), ritiene la questione rilevante, non potendosi prescindere dall'applicazione della norma e prospetta il dubbio di legittimità in quanto al legislatore sarebbe preclusa la soppressione di un beneficio senza alcun intervento sostitutivo.

In altri termini, una volta data attuazione al precetto di cui all'art. 38 della Costituzione, con la garanzia di una provvidenza atta ad assicurare educazione ed avviamento professionale agli inabili ed agli invalidi, l'eliminazione della stessa -- in assenza di trattamenti equipollenti -- non potrebbe avvenire senza lesione del predetto parametro, per l'evidente differenza che intercorre tra il momento attuativo -- largamente discrezionale -- del precetto costituzionale e quello successivo, ben più vincolato, in cui dovrebbe essere assicurata la conservazione di situazioni soggettive perfette.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza, osservando come la legge n.508 del 1988 abbia conservato, per i minori di cui all'art. 1, l'indennità di accompagnamento e rilevando che per un minore la frequenza della scuola dell'obbligo dovrebbe considerarsi atto quotidiano della vita.

Dinanzi a questa Corte si sono altresì costituite le parti private ribadendo la propria interpretazione circa gli effetti della originaria domanda di erogazione dell'indennità (ritenuti permanenti e prevalenti rispetto alla istanza annuale di rinnovo, che si asserisce meramente ripetitiva, con la conseguenza della conservazione del trattamento),ma insistendo comunque per la declaratoria d'illegittimità, ove fosse da questa Corte condiviso il presupposto interpretativo del Pretore.

Considerato in diritto

1. -- Il Pretore di Bologna dubita della legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti), abrogativo dell'art. 17 della legge 30 marzo 1971, n. 118 e perciò soppressivo del diritto all'assegno di accompagnamento che tale ultima norma aveva introdotto.

Nelle tre ordinanze di rimessione si prospetta il vulnus della garanzia costituzionale dell'educazione e dell'avviamento professionale che ex art.38, terzo comma, assiste i soggetti inabili e minorati.

Per l'identità del tema i giudizi debbono essere riuniti.

La questione è fondata.

Il soppresso assegno di accompagnamento veniva concesso ai minori mutilati ed invalidi civili riconosciuti non deambulanti, per ciascun anno di frequenza della scuola dell'obbligo, di corsi di addestramento, ovvero di centri ambulatoriali. La finalità educativa e l'intento di favorire l'avviamento professionale connotavano, dunque, il beneficio, unitamente al presupposto della minorazione, fin dal momento del suo venire in essere nell'ordinamento.

La successiva prassi applicativa, fondata su specifiche disposizioni del Ministero della sanità (cfr. circ. minist. 17 gennaio 1972, n. 500), legittimò una nozione estensiva della funzione della deambulazione, quale complessa attività neuromotoria, da intendersi come mancanza di autosufficienza, che comportava la necessità di un accompagnatore.

É evidente il collegamento logico con il concetto di invalidità, come definito dall'art. 2, terzo comma, della stessa legge n. 118 del 1971: situazione di persistente difficoltà dei soggetti <a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età>.

L'istituzione dell'indennità di accompagnamento di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18, si sovrappone alla precedente misura, ma non la ricomprende, investendo un'area d'invalidità di maggior ampiezza e gravità ("totale" inabilità che comporti l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un "accompagnatore" ovvero incapacità di <compiere gli atti quotidiani della vita> che imponga un'assistenza continua), al di fuori di qualsiasi richiamo a finalità educative.

Come confermato dall'espresso riferimento al citato art. 17 contenuto nella legge 29 febbraio 1980, n. 33 (cfr. art. 14 septies, quinto comma), la citata legge n. 18 del 1980 non produce alcun effetto abrogativo sull'assegno di accompagnamento che continua ad essere erogato a favore degli aventi diritto.

La sopravvenuta soppressione dell'assegno in parola, disposta dall'art. 6 della legge 21 novembre 1988, n. 508, non si giustifica sotto alcun profilo: restano pertanto prive di un beneficio concesso da ben oltre un decennio una serie di situazioni, che, seppure di gravità non tale da legittimare l'indennità di accompagnamento, erano tuttavia meritevoli di tutela proprio in ragione del contemporaneo ricorrere dell'invalidità e della frequenza di scuole o corsi di addestramento.

Attraverso il secondo comma dell'art. 6 qui impugnato, il legislatore ha inteso limitare le conseguenze della eliminazione del beneficio, consentendo, ancora per l'anno in corso, le erogazioni rispetto alle quali fosse già stata proposta la relativa domanda.

Peraltro, la suddetta previsione, avendo carattere del tutto transitorio e limitato ad alcuni beneficiari per un periodo circoscritto, non elimina il vulnus nascente dalla negazione di un diritto in precedenza riconosciuto in attuazione del programma solidaristico di cui all'art. 38 della Costituzione.

Ciò è tanto più evidente se si ha riguardo all'art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289. Questa norma, mentre non prevede più il requisito della non deambulazione, riprende la medesima tecnica definitoria di cui alla legge n. 118 del 1971 (<difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età>), e, in sostanza, ripristina il soppresso beneficio denominandolo "indennità di frequenza" (estesa, quest'ultima, alle scuole pubbliche o private -- di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna -- nonchè a centri di formazione od addestramento professionale, finalizzati al reinserimento sociale).

É chiaro come la nozione di compiti e funzioni proprie dell'età sia ora più ampia rispetto a quella di atti quotidiani della vita e sia suscettibile quindi di ricomprendere l'assolvimento degli obblighi scolastici.

D'altra parte, poichè la provvidenza in questione era ormai elemento intrinseco della complessa disciplina dell'invalidità civile, la perdita della stessa, nell'arco di tempo compreso tra il precedente ed il nuovo regime, contrasta con la duplice garanzia del diritto all'educazione ed all'avviamento professionale, posta dal Costituente nel terzo comma dell'art. 38, nonchè con il precetto contenuto nel comma successivo, da interpretarsi come doverosità di ogni misura -- di integrazione e sostegno -- volta a rendere effettivo tale diritto (cfr. sentenza n. 215 del 1987).

L'impugnato art. 6, non assicurando la continuità del diritto all'assegno sino al descritto intervento legislativo, deve quindi essere dichiarato illegittimo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti),nella parte in cui non prevede l'erogazione dell'assegno di accompagnamento fino alla data di entrata in vigore della legge 11 ottobre 1990, n. 289.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/03/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 18 marzo del 1992.