SENTENZA N. 437
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42 (Applicazione nel territorio regionale del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, come convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale) e art. 6, comma terzo, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) promosso con ordinanza emessa il 12 dicembre 1990 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia su ricorso proposto dal Consorzio Ledra-Tagliamento contro il Ministero per i beni culturali e ambientali ed altri, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia e del Ministero per i beni culturali e ambientali, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 1991 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
Uditi l'avvocato Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Ministero per i beni culturali e ambientali e per il Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42 (Applicazione nel territorio regionale del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, come convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), nonché dell'art. 6, terzo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), per violazione degli artt. 4, n. 12, e 6, n. 3, dello Statuto di autonomia, che rispettivamente affidano alla Regione ricorrente la competenza esclusiva in materia urbanistica e la competenza integrativa-attuativa in tema di tutela del paesaggio.
Secondo il giudice a quo, la legge regionale impugnata sarebbe espressione della competenza attuativa-integrativa spettante alla Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di tutela del paesaggio ai sensi dell'art. 6, n. 3, dello Statuto, e non già della distinta competenza esclusiva che la stessa Regione possiede in materia urbanistica a norma dell'art. 4, n. 12, del medesimo Statuto. In altri termini, la legge impugnata non potrebbe contenere norme contrarie a quelle disposte in materia di protezione paesaggistica dalla legislazione statale. Tuttavia, continua il giudice a quo, le disposizioni regionali denunziate si porrebbero in contrasto con l'art. 1- bis del decreto-legge n. 312 del 1985, come convertito in legge n. 431 del 1985, poiché, nel prevedere che il piano urbanistico regionale generale sia considerato come un piano territoriale con specifica vocazione paesaggistica e ambientale ai sensi del citato art. 1- bis, dispone che nei comuni provvisti di piani adeguati al suddetto piano regionale i vincoli paesaggistici siano posti con gli ordinari strumenti urbanistici anziché con la specifica autorizzazione ministeriale prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939. Tale disposizione, conclude il giudice a quo, sarebbe costituzionalmente illegittima, in quanto, in virtù della deroga al suddetto art. 7 della legge n. 1497 del 1939, farebbe venir meno tutti i poteri di vigilanza, di controllo e di annullamento attribuiti al Ministro per i beni culturali e ambientali in materia paesaggistica, i quali sono sistematicamente connessi alla ricordata autorizzazione ministeriale.
Lo stesso giudice a quo solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento ai medesimi parametri, anche nei confronti dell'art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 469 del 1987, il quale, in sede di attuazione dello Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia, dispone, con una norma interpretativa, che nella Regione suddetta la materia urbanistica deve essere intesa nell'accezione ampia contenuta nel d.P.R. n. 616 del 1977 in relazione alla omologa competenza trasferita alle regioni a statuto ordinario. In tal modo, conclude il giudice a quo, poiché la materia urbanistica verrebbe a ricomprendere anche la tutela del paesaggio, l'art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 469 del 1987 legittimerebbe a posteriori uno spostamento della protezione paesaggistica dalla competenza attuativa-integrativa a quella esclusiva, spostamento che dovrebbe considerarsi contrario allo Statuto comportando un sovvertimento dell'ordine delle competenze fissato da una fonte di rango costituzionale.
2. - Si è costituito in giudizio il Ministro per i beni culturali e ambientali, già parte nel processo a quo, sostenendo, con riferimento alla legge regionale impugnata, argomenti analoghi a quelli svolti nell'ordinanza di rimessione e sottolineando, in aggiunta, che il contrasto con l'art. 1- bis del decreto-legge n. 312 del 1985, come convertito nella legge n. 431 del 1985, comporterebbe una lesione dello Statuto speciale anche a ritenere che la legge impugnata fosse espressione di competenza esclusiva, dal momento che questa Corte ha già definito il predetto decreto-legge come norma fondamentale di riforma economico-sociale.
3. - Si è costituita in giudizio anche la Regione Friuli-Venezia Giulia per chiedere che le questioni sollevate siano dichiarate infondate. La Regione sostiene, in primo luogo, che il decreto-legge n. 312 del 1985, come convertito nella legge n. 431 del 1985, avrebbe essenzialmente natura cautelativa e provvisoria, nel senso che il suo fine consisterebbe nello stimolare le regioni a predisporre i piani paesistici o i piani urbanistico-territoriali con specifica vocazione paesistica e ambientale, sicché la relativa disciplina statale esaurirebbe i propri effetti non appena le singole regioni predisponessero quei piani. In secondo luogo, la Regione afferma che la sostituzione dell'autorizzazione ministeriale prevista nell'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 con propri provvedimenti aventi lo stesso scopo sarebbe pienamente consentita, poiché la tutela del paesaggio risulterebbe assorbita dall'urbanistica e dovrebbe, perciò, esser considerata come materia assegnata alla competenza esclusiva della Regione.
4. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha invece sostenuto la natura delegata delle funzioni in materia di tutela del paesaggio. Secondo l'Avvocatura dello Stato, sarebbe pertanto inammissibile o infondata la questione relativa all'art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 469 del 1987, dal momento che quest'ultimo si riferirebbe soltanto a materie trasferite e, quindi, dovrebbe ritenersi inapplicabile al caso di specie.
5. - In prossimità dell'udienza la Regione Friuli-Venezia Giulia ha presentato una memoria ulteriore. Oltre a ribadire argomenti già svolti nel precedente scritto difensivo, la Regione afferma che, ove si ritenesse che il decreto-legge n. 312 del 1985 non abbia natura provvisoria e cautelativa, si verrebbe a riconoscere al Ministro per i beni culturali e ambientali un potere eccessivamente discrezionale, valevole caso per caso e tale da ingolfare l'amministrazione regionale. In secondo luogo, la stessa Regione osserva che la tutela del paesaggio non potrebbe esser considerata una materia rientrante tra le funzioni delegate, poiché, se così fosse, risulterebbe frustrato il principio del conferimento delle competenze alle regioni per settori organici.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia ha sollevato, con l'ordinanza indicata in epigrafe, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42 (Applicazione nel territorio regionale del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, come convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), nonché dell'art. 6, terzo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), per violazione degli artt. 4, n. 12, e 6, n. 3, dello Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia (Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), che attribuiscono alle regioni, rispettivamente, potestà legislativa esclusiva in materia urbanistica e potestà integrativa-attuativa in tema di tutela del paesaggio.
2. - Non fondata va dichiarata, innanzitutto, la questione di legittimità costituzionale, sollevata - in riferimento agli artt. 4, n. 12, e 6, n. 3, dello Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia - avverso l'art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 469 del 1987, il quale, in sede di attuazione del predetto Statuto, dispone che "fra le funzioni amministrative trasferite alla Regione Friuli-Venezia Giulia con i precedenti decreti di attuazione statutaria si intendono comprese, per ciascuna materia, tutte quelle rientranti nella definizione datane per le regioni ordinarie dal d.P.R. n. 616".
Non può infatti riconoscersi alcun fondamento al dubbio sollevato dal giudice a quo, secondo il quale la disposizione impugnata sovvertirebbe l'ordine delle attribuzioni costituzionalmente stabilito, dal momento che comporterebbe l'inclusione della materia della tutela del paesaggio, assegnata alla competenza attuativa-integrativa (art. 6, n. 3, dello Statuto), in quella dell'urbanistica, conferita alla competenza esclusiva (art. 4, n. 12, dello Statuto). Tale assunto si basa, in realtà, su un fraintendimento del significato della disposizione impugnata, la quale, come ha correttamente osservato l'Avvocatura Generale dello Stato, contiene una norma interpretativa diretta a riconoscere che la portata delle materie già trasferite alle competenze della Regione Friuli-Venezia Giulia deve intendersi nell'ampiezza riconosciuta alle stesse materie dal d.P.R. n. 616 del 1977 a favore delle regioni a statuto ordinario. In altri termini, quella impugnata è una delle varie norme presenti nell'ordinamento che mira ad adeguare le competenze delle regioni ad autonomia differenziata alla consistenza delle corrispondenti attribuzioni riconosciute alle regioni ordinarie dopo il rimodellamento e l'ampliamento operati a favore di queste ultime dal ricordato d.P.R. n. 616. Come tale, essa non produce alcuno spostamento di competenza rispetto alla ripartizione di attribuzione precedentemente fissata, ma si limita semplicemente a rimuovere un'inammissibile situazione di inferiorità delle regioni speciali rispetto a quelle ordinarie creatasi in seguito all'adozione del d.P.R. n. 616 del 1977.
Questa interpretazione è suffragata dalla lettera della disposizione impugnata, la quale fa esplicito riferimento esclusivamente alle materie che sono state oggetto di precedente trasferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia. È evidente, pertanto, che la disposizione contestata non può essere interpretata nel senso che sarebbe diretta a innovare la preesistente ripartizione di competenze ricomprendendo nella potestà esclusiva materie statutariamente assegnate alla potestà attuativa-integrativa, per il semplice fatto che si riferisce unicamente alle materie trasferite e non già a quelle delegate. Cade, così, la possibilità di ipotizzare una qualche lesione degli artt. 4, n. 12, e 6, n. 3, dello Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia.
3. - Va, invece, accolta la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento ai parametri costituzionali appena citati, nei confronti del combinato disposto formato dagli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42, nella parte in cui limita l'applicazione dei controlli statali previsti dall'art. 1 del decreto- legge n. 312 del 1985, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985, per i beni e le località ivi indicate, ai Comuni dotati di strumenti urbanistici generali non ancora adeguati al Piano urbanistico regionale generale, di cui all'art. 1 della stessa legge regionale.
Ai sensi dell'art. 1- bis del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), nel testo convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, alle regioni è imposto l'obbligo di sottoporre il proprio territorio - per quanto riguarda le località e i beni indicati nell'art. 1 della medesima legge n. 431 - a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali. Sulla base della stessa disposizione contenuta nel citato art. 1, i beni così regolati sono "sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497" (art. 7), vincolo che consiste nella necessità che gli interventi sui relativi beni siano sottoposti ad autorizzazione rilasciata dall'autorità amministrativa regionale e, in caso d'inerzia di quest'ultima, dal Ministro per i beni culturali e ambientali, il quale ha altresì il potere di annullare, con atto motivato, la predetta autorizzazione regionale.
In attuazione di tale disciplina la Regione Friuli-Venezia Giulia ha adottato la legge n. 42 del 1986, la quale, negli articoli impugnati, provvede: a) a identificare il "piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali", previsto dall'art. 1- bis della citata legge n. 431 del 1985, con il Piano urbanistico regionale generale (art. 1), peraltro da tempo approvato; b) a predisporre la verifica del rispetto da parte del Piano urbanistico regionale generale dei valori paesistici e ambientali tutelati dalla predetta legge n. 431 e a prevedere l'eventuale consequenziale revisione del Piano medesimo (art. 2); c) a limitare l'applicazione del vincolo paesaggistico previsto dal decreto-legge n. 312 ai beni situati nei comuni dotati di strumenti urbanistici generali non ancora adeguati al Piano urbanistico regionale generale (art. 3).
Diversamente da quel che suppone il giudice a quo, ai fini della risoluzione della questione di legittimità costituzionale sollevata, gli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42 del 1986 non possono essere considerati come un combinato disposto. Tra i tre articoli, infatti, manca, con riferimento alla questione sollevata, quell'essenziale rapporto logico che dovrebbe portare a dedurre dall'insieme delle disposizioni colpite il significato unitario costituente la norma sospettata d'incostituzionalità. Le disposizioni impugnate, pertanto, vanno esaminate partitamente.
Gli artt. 1 e 2 della legge regionale contestata non contrastano con i parametri costituzionali invocati, poiché, come questa Corte ha già riconosciuto (v. sent. n. 327 del 1990, nonché ord. n. 385 del 1985 e sent. n. 344 del 1990), nulla esclude - ed anzi l'art. 1-bis della legge n. 431 del 1985 specificamente autorizza - che gli strumenti pianificatori indicati nell'appena citato art. 1- bis coincidano con i piani urbanistico-territoriali, purché questi contengano una "specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali". Sotto quest'ultimo profilo, l'impugnato art. 2 fornisce una sufficiente garanzia perché l'art. 1- bis della legge n. 431 sia rispettato, dal momento che vincola la Regione a provvedere: a) alla verifica del rispetto da parte del Piano urbanistico regionale generale dei valori paesistici e ambientali tutelati dall'art. 1- bis della legge n. 431 del 1985; b) all'invio delle risultanze degli accertamenti compiuti al Ministro per i beni culturali e ambientali al fine di mettere in condizione quest'ultimo di svolgere la propria vigilanza e i propri controlli; c) ad apportare le revisioni e le modifiche ritenute necessarie. Dal punto di vista del giudizio di legittimità costituzionale, queste disposizioni contengono una disciplina attuativa del ricordato art. 1- bis che non può considerarsi contrastante con quest'ultimo articolo, esulando dalla competenza di questa Corte verificare se in concreto la Regione si sia attenuta, nell'esercizio delle relative funzioni amministrative, al rispetto della suddetta disciplina.
In radicale contrasto con la legge n. 431 del 1985 e, pertanto, in diretta violazione dell'art. 6, n. 12, dello Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia è, invece, l'art. 3 della legge regionale n. 42 del 1986. Tale articolo, infatti, nel prevedere che siano soggetti al vincolo paesaggistico indicato nella legge n. 1497 del 1939 e nella legge n. 431 del 1985 soltanto i beni elencati nell'art. 1 di quest'ultima legge che siano situati nei "comuni dotati di strumenti urbanistici generali non ancora adeguati al Piano urbanistico regionale", si pone in palese contrasto con la disposizione di cui pretende essere attuazione, cioè l'art. 1- bis della legge n. 431 del 1985, per la quale gli interventi sui beni sottoposti a piani paesistici o a piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali sono in ogni caso soggetti ai controlli e ai poteri assegnati al Ministro per i beni culturali e ambientali dall'art. 1 della medesima legge n. 431. L'effetto dell'art. 3, in altri termini, è quello, illegittimo, di sottrarre ai suddetti controlli gli interventi rientranti nelle previsioni del Piano urbanistico regionale, una volta che questo sia stato fatto coincidere con il "piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali". Se, infatti, nel territorio dei comuni provvisti di strumenti urbanistici ritenuti adeguati al Piano urbanistico regionale generale viene meno la necessità di ottenere l'autorizzazione prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, risultano vanificati, di conseguenza, sia il controllo sostitutivo, sia il potere di annullamento dell'autorizzazione stessa, attribuiti al Ministro per i beni culturali e ambientali dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985.
Né si potrebbe obiettare, come sostiene la difesa della Regione, che la disciplina apprestata dalla legge n. 431 del 1985 abbia carattere meramente cautelativo e provvisorio e sia, quindi, destinata ad essere cedevole non appena le singole regioni pongano in essere i piani paesistici regionali. Questa Corte, infatti, ha già affermato in senso contrario che i poteri e i controlli ministeriali, che la disposizione impugnata cerca di eludere, sono posti "a estrema difesa" dei vincoli paesaggistici e, come tali, costituiscono parte di una disciplina qualificabile, per la diretta connessione con il valore costituzionale primario della tutela del paesaggio (art. 9 della Costituzione), come "norme fondamentali di riforma economico-sociale" (v. sent. n. 151 del 1986, nonché sent. n. 302 del 1988). Le disposizioni che li prevedono, pertanto, non possono essere derogate, modificate o sostituite dalle leggi regionali, neppure ove queste esercitassero competenze di carattere esclusivo.
4. - Sulla base dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), si deve poi dichiarare, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 1989, n. 36, il quale contiene, nei suoi quattro commi, una disciplina sostanzialmente identica a quella dell'art. 3 della legge regionale n. 42 del 1986, dichiarato incostituzionale nel punto precedente di questa motivazione o, comunque, avente il suo titolo di validità in quello stesso articolo. I primi tre commi, infatti, provvedono a sostituire, in relazione ai beni indicati nell'art. 1 della legge n. 431 del 1985, le autorizzazioni previste dalla legge n. 1497 del 1939 con le concessioni e le autorizzazioni edilizie rilasciate in applicazione degli strumenti urbanistici generali adeguati alle previsioni del Piano urbanistico regionale generale e a sottoporre i medesimi beni alla particolare disciplina disposta dalla legge regionale medesima. Il quarto comma, infine, ripete che sono soggetti all'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 soltanto gli interventi da realizzare nei comuni indicati nell'art. 3 della legge regionale n. 46 del 1986, dichiarato incostituzionale con questa stessa sentenza.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3 della legge regionale 28 ottobre 1986, n. 42;
dichiara - in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 1989, n. 36 (Ulteriori disposizioni in materia di tutela ambientale e paesaggistica);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, terzo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), sollevata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dal Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, in riferimento agli artt. 4, n. 12, e 6, n. 3, dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986, n. 42 (Applicazione nel territorio regionale del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, come convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), sollevata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dal Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia in riferimento ai parametri indicati nel punto precedente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 9 dicembre 1991.