Sentenza n. 351 del 1991

 

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SENTENZA N. 351

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il 27 febbraio 1991, depositato in Cancelleria il 7 marzo successivo, per conflitto di attribuzioni sorto a seguito del decreto del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle finanze, nella parte in cui (art. 1, secondo comma) assegna all'Ispettorato generale enti disciolti determinati beni immobili ubicati nel territorio della Regione Veneto ed appartenenti al soppresso Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie ed iscritto al n. 14 del registro conflitti 1991;

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Uditi l'avv. Giandomenico Falcon per la Regione Veneto e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei Ministri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato in data 27 febbraio 1991, la Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzioni contro il Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro delle finanze, del 24 ottobre 1990, in materia di assegnazione di beni immobili già appartenenti al disciolto Istituto nazionale per l'assicurazione delle malattie (I.N.A.M.), per violazione degli artt. 117, primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione e dell'art. 65, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonché, in via integrativa, dell'art. 134 della Costituzione e del principio di leale cooperazione.

Ricorda la ricorrente che la legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), all'art. 65, primo comma, ha stabilito che i beni mobili ed immobili e le attrezzature già appartenenti agli enti mutualistici soppressi e destinati prevalentemente ai servizi sanitari siano trasferiti al patrimonio dei comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, prevedendo altresì che tali trasferimenti siano disposti con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro delle finanze, d'intesa con le regioni interessate. Lo stesso articolo 65, al quarto comma, ha, inoltre, stabilito che i rimanenti beni degli stessi enti siano assegnati per la liquidazione ad un'apposita gestione speciale (Ispettorato generale enti disciolti), operante presso il Ministero del tesoro.

Ai sensi della suddetta normativa, la Regione Veneto veniva invitata dal Ministro del tesoro ad esprimere la propria intesa in ordine ad una serie di proposte di provvedimenti di assegnazione, sia ai comuni che all'Istituto liquidatore, di beni già appartenenti al disciolto I.N.A.M. La Regione, con deliberazione del Consiglio regionale del 9 marzo 1989, n. 884, mentre esprimeva l'intesa sulle proposte di trasferimento ai comuni, espressamente la negava in ordine alle proposte di assegnazione all'organismo liquidatore. Successivamente, il Ministro del tesoro emanava il decreto oggetto del presente conflitto disponendo sia i trasferimenti al patrimonio dei Comuni dei beni per i quali era stata espressa l'intesa (art. 1, primo comma), sia le assegnazioni all'organismo liquidatore dei beni residui, per le quali l'intesa era stata negata (art. 1, secondo comma). Ad avviso della Regione, il decreto, per quest'ultima parte, avrebbe così determinato una violazione degli articoli 117, primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché dell'art. 65, primo comma, della legge n. 833 del 1978. Ciò in quanto, secondo la Regione, l'intesa prevista dall'art. 65 avrebbe dovuto riguardare tutti i beni interessati e non i soli beni che il Ministero intende trasferire ai Comuni, avendo ad oggetto tale intesa la sussistenza o meno del requisito della prevalente destinazione dei beni stessi ai servizi sanitari, condizione del loro trasferimento ai comuni oppure della loro messa in liquidazione.

Risulterebbero lesi altresì, ad avviso della Regione, l'art. 134 della Costituzione ed il principio di leale cooperazione, in quanto, a fronte della mancata intesa, l'amministrazione statale, anziché procedere unilateralmente all'emanazione del decreto, avrebbe potuto e dovuto intraprendere iniziative volte ad una composizione delle divergenze oppure, nel caso in cui avesse ritenuto che il diniego dell'intesa espresso dalla Regione costituisse un illegittimo impedimento all'esercizio dei poteri statali, promuovere conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale.

2. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

L'Avvocatura eccepisce in via principale l'inammissibilità del conflitto.

A suo giudizio, l'art. 65 della legge n. 833 del 1978 regolerebbe una fase anteriore a quella dell'esercizio delle funzioni sanitarie, venendo ad incidere nella materia delle attribuzioni patrimoniali e non in quella dell'assistenza sanitaria, di competenza regionale. L'intesa ivi prevista, pertanto, non sarebbe stata posta dal legislatore a garanzia di prerogative regionali costituzionalmente garantite e la sua eventuale violazione non integrerebbe, conseguentemente, una fattispecie idonea a far sorgere un conflitto di attribuzioni.

In via subordinata, l'Avvocatura giudica infondate le ragioni del conflitto, eccependo che l'intesa di cui all'art. 65 riguarderebbe non già l'accertamento di un requisito obbiettivo, quale quello della prevalente destinazione sanitaria dei beni da assegnare, bensì soltanto la destinazione di quei beni per i quali sia stata preventivamente accertata la idoneità ad essere trasferiti ai comuni.

Osserva, infine, l'Avvocatura che l'intesa fra Stato e Regione è strumento di raccordo tra le reciproche attribuzioni, in funzione del principio di leale cooperazione e che, pertanto, essa non può essere negata od ostacolata allo scopo di rivendicare un'utilità che la legge non prevede: questo sarebbe, invece, accaduto nel caso di specie, dal momento che la Regione ricorrente avrebbe negato l'intesa anche in ordine alla liquidazione di beni immobili palesemente non destinati ai servizi sanitari, al fine di ottenere l'acquisizione di tutti i beni di proprietà dei soppressi enti mutualistici, in contrasto con quanto previsto dall'art. 65 della legge n. 833.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzioni in relazione al decreto emanato in data 24 ottobre 1990 dal Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro delle finanze, nella parte in cui (art. 1, secondo comma) tale decreto ha disposto, ai sensi dell'art. 65 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, l'assegnazione in liquidazione all'Ispettorato generale enti disciolti di determinati beni immobili già appartenenti all'Istituto nazionale per l'assicurazione delle malattie (I.N.A.M.) ed ubicati nel territorio della Regione Veneto, nonostante il diniego dell'intesa in ordine a tale assegnazione espresso dalla stessa Regione con deliberazione del Consiglio regionale del 9 marzo 1989.

A giudizio della ricorrente il decreto, nella parte impugnata, avrebbe leso le competenze costituzionalmente garantite alla Regione in materia sanitaria, in violazione degli artt. 117, primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché dell'art. 134 della Costituzione e del principio di leale cooperazione.

2. - Va in primo luogo esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dalla Presidenza del Consiglio. Tale eccezione viene motivata affermando che la procedura di trasferimento dei beni degli enti mutualistici disciolti, regolata dall'art. 65 della legge n. 833 del 1978, atterrebbe ad una fase anteriore a quella dell'esercizio delle funzioni sanitarie, esulando, pertanto, dagli specifici contenuti della materia dell'assistenza sanitaria, di competenza regionale. Conseguentemente, la Regione non potrebbe rivendicare, in ordine alla procedura di intesa prevista dal citato art. 65, una propria competenza idonea a far sorgere un conflitto di attribuzioni.

L'eccezione è infondata.

La procedura di assegnazione di cui al primo comma dell'art. 65 della legge n. 833 del 1978 concerne i beni degli enti mutualistici soppressi a seguito del trasferimento alle Regioni delle funzioni sanitarie, costituzionalmente affidate alla loro competenza. Si tratta di beni già destinati dagli enti ora disciolti prevalentemente ai servizi sanitari e dei quali la citata legge ha disposto il trasferimento al patrimonio dei Comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, proprio al fine di assicurare la continuità della loro utilizzazione nell'ambito sanitario. Solo residualmente, lo stesso art. 65, al quarto comma, ha previsto che i beni degli enti in questione, caratterizzati da una destinazione diversa, siano posti in liquidazione.

Non può essere, pertanto, disconosciuto il nesso di strumentalità che collega i suddetti beni, anche ai fini della loro identificazione, all'esercizio delle funzioni di assistenza sanitaria, di competenza regionale.

Né, del resto, la stessa previsione di un'intesa tra Ministro del tesoro e Regioni ai fini dell'emanazione del decreto di trasferimento dei beni in questione potrebbe trovare giustificazione ove detto trasferimento non venisse a incidere nell'esercizio delle competenze in materia sanitaria spettanti alle Regioni. Sussiste, pertanto, l'interesse della Regione Veneto all'impugnativa proposta.

3. - Nel merito il ricorso è fondato.

Secondo una corretta lettura delle disposizioni di cui all'art. 65 della legge n. 833 del 1978, la procedura di trasferimento dei beni già appartenenti agli enti mutualistici soppressi, nel cui ambito viene a operare l'intesa tra Stato e Regioni, deve essere considerata nell'unità delle sue diverse fasi, di identificazione ed attribuzione dei beni suddetti, riferendosi di conseguenza tanto ai beni per i quali deve essere disposto il trasferimento ai Comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, quanto ai beni per i quali - in relazione all'identificazione dei primi - deve essere disposta, residualmente, l'assegnazione in liquidazione all'Ispettorato generale enti disciolti. La prevista intesa tra Stato e Regioni non può, pertanto, non investire anche la fase preliminare relativa all'accertamento, ai fini della individuazione delle due categorie di beni, della sussistenza o meno del requisito della prevalente destinazione dei beni in questione ai servizi sanitari.

E invero, ove l'intesa dovesse ritenersi limitata - come sostiene la difesa dello Stato - alla sola attribuzione ai Comuni dei beni già identificati ai fini del trasferimento, la norma risulterebbe incongrua in quanto disporrebbe un concorso di volontà tra Stato e Regioni privo di un contenuto giuridicamente apprezzabile, posto che, una volta accertata la prevalente destinazione sanitaria di un determinato bene, lo stesso, a termini di legge, deve essere necessariamente trasferito al Comune competente per territorio, con vincolo di destinazione all'unità sanitaria locale.

Tale convincimento emerge, del resto, anche dal comportamento tenuto dal Ministero del tesoro, che ha sottoposto alla Regione Veneto una proposta di intesa riguardante tutti i beni del disciolto I.N.A.M., ivi compresi quelli per i quali non si ritenevano sussistenti le condizioni per procedere al loro trasferimento ai Comuni. Solo in seguito al mancato raggiungimento dell'intesa per questa categoria di beni, lo stesso Ministero ha ritenuto di poter procedere ugualmente all'emanazione del decreto oggetto del presente conflitto: ma così operando, l'intesa prevista dalla legge è stata declassata, per i beni in questione, a mero parere non vincolante, con la conseguente lesione di una competenza regionale costituzionalmente tutelata.

4. - Come più volte affermato da questa Corte (v. da ultimo, sentt. n. 21 del 1991 e n. 337 del 1989), lo strumento dell'intesa - che costituisce una delle possibili forme di attuazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e le Regioni - si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto sottoposto ad intesa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo. È pur vero che tale forma di partecipazione, proprio in quanto ispirata a esigenze di leale cooperazione, non deve condurre a situazioni paralizzanti né tradursi in una lesione del principio di buon andamento dell'amministrazione, quale quella che si verrebbe a determinare ove il procedimento non dovesse concludersi entro termini ragionevoli. Ma questo giusto rilievo - se rende certamente auspicabile la previsione da parte del legislatore, nelle ipotesi di intesa, di termini certi per la conclusione del procedimento, nonché di meccanismi sostitutivi destinati a superare eventuali atteggiamenti ostruzionistici - non può, d'altro canto, giustificare, in assenza di tali termini e di tali meccanismi, un declassamento dell'attività di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attività consultiva non vincolante (v. sent. n. 747 del 1988).

5. - Il ricorso della Regione Veneto deve, pertanto, essere accolto, con conseguente annullamento in parte qua del decreto impugnato.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara che non spetta allo Stato disporre l'attribuzione in liquidazione all'Ispettorato generale enti disciolti, ai sensi dell'art. 65 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dei beni immobili appartenenti al disciolto Istituto nazionale per l'assicurazione delle malattie, ubicati nel territorio della Regione Veneto, nonostante il diniego dell'intesa espresso dal Consiglio regionale con deliberazione del 9 marzo 1989, n. 884;

Annulla conseguentemente il decreto emanato in data 24 ottobre 1990 dal Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro delle finanze, nella parte in cui (art. 1, secondo comma) attribuisce al predetto Ispettorato generale enti disciolti determinati beni immobili appartenenti al disciolto Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, ubicati nel territorio della Regione Veneto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1991.