ORDINANZA N. 272
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) e 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1990 dal Pretore di Ivrea - Sezione distaccata di Cuorgné nel procedimento penale a carico di Merlotti Roberto, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1991 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe il Pretore di Ivrea - Sezione distaccata di Cuorgné, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103; b) dell'art. 30, settimo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223; sostenendo che essi violerebbero i principi di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) nella parte in cui assoggettano ad identica sanzione penale l'abusiva installazione di impianto radioelettrico di telecomunicazione senza distinguere l'ipotesi in cui lo stesso sia soggetto a regime concessorio da quella - meno grave - in cui sia soggetto a semplice regime autorizzatorio;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate;
Considerato che la questione riferita alla disposizione sub a) - già dichiarata non fondata con la sentenza n. 237 del 1984 e manifestamente infondata con numerose ordinanze (da ultime, nn. 13, 160, 331 e 394 del 1989) - è ormai palesemente irrilevante nel giudizio principale, dato che la norma impugnata non è in esso più applicabile essendo stata sostituita col predetto art. 30, settimo comma, della legge n. 223 del 1990, che prevede un trattamento sanzionatorio più favorevole (art. 195, secondo comma, nuovo testo);
che tale questione va perciò dichiarata manifestamente inammissibile;
che la questione riferita alla disposizione sub b) concerne la parificazione del trattamento sanzionatorio (arresto da tre a sei mesi) dell'esercizio abusivo di apparecchi radioelettrici di debole potenza di cui all'art. 334 del d.P.R. n. 156 del 1973, soggetti ad autorizzazione, e di altri impianti radioelettrici, soggetti a concessione; che la riconduzione dei predetti apparecchi nell'ambito del regime autorizzatorio (sentenza n. 1030 del 1988) è dipesa dalla considerazione che quello concessorio comportava il riconoscimento alla P.A. di eccessivi spazi di discrezionalità, non giustificati dall'esigenza di un razionale ed ordinato governo dell'etere, idoneo ad assicurare in concreto il coordinamento e la compatibilità reciproca dei vari strumenti di telecomunicazione;
che, poiché anche per gli impianti radioelettrici soggetti a concessione è questa stessa esigenza che sta alla base dell'assoggettamento a sanzione penale della condotta inosservante, non può dirsi irragionevole che si accomunino nella medesima previsione le due sottofattispecie, dato che le specifiche modalità di regolazione amministrativa dell'attività non comportano di per sé una diversa entità della lesione del bene tutelato e che eventuali differenze rilevabili in concreto ben possono essere apprezzate nell'ambito dei limiti minimo e massimo della pena edittale;
che, di conseguenza, tale questione va dichiarata manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dal Pretore di Ivrea - Sezione distaccata di Cuorgné, con ordinanza del 9 novembre 1990;
2) Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, settimo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 23 maggio 1991.
Aldo - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.