Sentenza n. 271 del 1991

 

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SENTENZA N. 271

 

ANNO 1991

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985, n. 62 (Disciplina degli scarichi degli insediamenti civili e delle pubbliche fognature. Tutela delle acque sotterranee dall'inquinamento), così come specificata nella delibera della Giunta regionale del 24 giugno 1986, n. 4/10562, promosso con ordinanza emessa il 27 giugno 1990 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Zafferri Angelo, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1991;

 

Visto l'atto di intervento del Presidente della Giunta regionale lombarda;

 

Udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 1991 il Giudice relatore Francesco Greco;

 

Udito l'avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia;

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

1. - Nel corso di un procedimento penale contro Angelo Zafferri - imputato del reato di cui all'art. 21 legge 10 maggio 1976, n. 319, per avere, esercitando la riproduzione di fotografie su ceramica, effettuato senza autorizzazione scarichi inquinanti nella pubblica fognatura - la Corte di cassazione, con ordinanza del 27 giugno 1990 (R.O. n. 72 del 1991), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985, n. 62, come interpretata nella deliberazione della Giunta regionale del 24 giugno 1986 n. 4/10562.

 

La Corte, presupponendo note le disposizioni della citata legge statale n. 319 del 1976 (cosiddetta legge Merli), ed in particolare l'art. 14, che esclude l'autorizzazione per gli scarichi di "insediamenti civili" in pubbliche fognature e, quindi, sottrae tali scarichi alla previsione penale del successivo art. 21, ha osservato che la citata legge regionale nell'art. 1 classifica gli "scarichi degli insediamenti civili", includendo nella categoria C quelli "di acque di rifiuto di insediamenti adibiti a prestazione di servizi individuati ai sensi del successivo art. 37".

 

L'art. 37, a sua volta, demanda alla Giunta regionale l'individuazione dei detti scarichi.

 

La Giunta, infine, con la citata deliberazione considera tra gli insediamenti civili anche i laboratori fotografici, compresi quelli di fotoriproduzione su ceramica, per gli scarichi dei quali, quindi, non occorre l'autorizzazione, sicché essi sono penalmente leciti ancorché non autorizzati, benché immettano nelle fognature sostanze nocive, solitamente emesse dagli insediamenti produttivi.

 

Effetto di queste disposizioni regionali, legislative e amministrative, è la depenalizzazione di comportamenti sanzionati penalmente dalla legislazione statale nel rimanente territorio nazionale, donde la prospettata violazione del principio di eguaglianza.

 

2. - L'ordinanza è stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

 

3. - È intervenuto nel giudizio il Presidente della Giunta regionale lombarda, il quale eccepisce anzitutto l'inammissibilità della questione perché:

 

a) l'ordinanza di rimessione non specifica né la disposizione di legge impugnata né la ragione per la quale debba ritenersi violato il principio di eguaglianza;

 

b) la questione dell'assimibilità dei lavoratori di fotoceramica a quelli fotografici è effetto della interpretazione di leggi, statali e regionali, e non riguarda la Costituzione;

 

c) l'impugnazione avrebbe dovuto avere per oggetto, caso mai, il decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito in legge 8 ottobre 1976 n. 690, il cui art. 1-quater detta i criteri di distinzione tra insediamenti produttivi e insediamenti civili (ricorrenza di una aberratio ictus).

 

Nel merito sostiene la non fondatezza della questione perché:

 

a) non è riferita alla ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni (art. 117 della Costituzione);

 

b) il principio di eguaglianza è male invocato, in quanto l'attribuzione, da parte del Costituente, di una potestà legislativa alle regioni serve appunto a differenziare la disciplina di alcune materie, tra cui quella della difesa delle acque contro gli inquinamenti, nelle diverse parti del territorio nazionale;

 

c) la legge regionale impugnata ha solo una funzione di dettaglio e di integrazione della legislazione statale;

 

d) la classificazione degli insediamenti produttivi e di quelli civili rientra nella discrezionalità del legislatore (sent. Corte cost. n. 314 del 1983).

 

 

Considerato in diritto

 

 

1. - La Corte è chiamata a verificare se la legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985, n. 62, interpretata secondo la delibera della Giunta regionale 24 giugno 1986 n. 4/10562, nel considerare i laboratori di riproduzione fotografica su ceramica come insediamenti civili anziché come insediamenti produttivi, e nel sottrarne così gli scarichi inquinanti non autorizzati alla comminatoria penale contenuta nell'art. 21, legge statale 10 maggio 1976, n. 319, contrasti con l'art. 3 della Costituzione in quanto sottopone gli stessi comportamenti ad un trattamento penale differenziato in una determinata parte del territorio nazionale.

 

2. - La questione è inammissibile.

 

Gli artt. da 9 a 16 della legge 10 maggio 1976, n. 319, distinguono gli scarichi da insediamenti produttivi e da insediamenti civili, richiedendo per i primi l'autorizzazione regionale, per gli altri non. L'art. 21 della stessa legge prevede le sanzioni penali per gli scarichi effettuati senza la prescritta autorizzazione.

 

L'art. 1-quater del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, in legge 8 ottobre 1976, n. 690, dà la nozione di insediamento produttivo e di insediamento civile, comprendendovi, tra gli altri, quelli da immobili adibiti a prestazione di servizi.

 

L'art. 1 della legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985, n. 62, classifica gli scarichi degli insediamenti civili in quattro categorie, comprendendo nella categoria C quelli da insediamenti civili adibiti a prestazione di servizi. L'art. 37 successivo demanda la individuazione dei suddetti alla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.

 

La Giunta regionale lombarda, nella seduta del 24 giugno 1986, haeffettuato la prescritta individuazione comprendendo nel punto C gli scarichi da studi e laboratori fotografici e radiografici senza ulteriore specificazione.

 

Nella fattispecie, i giudici di merito, il Pretore e la Corte di appello di Milano, hanno ritenuto che debbano essere compresi tra gli insediamenti produttivi, anziché tra gli insediamenti civili, i laboratori che effettuano riproduzioni fotografiche su ceramiche perché vi si impiegano sostanze inquinanti e che, quindi, per essi occorre l'autorizzazione regionale. Hanno, quindi, condannato ad una sanzione penale l'esercente di uno di essi in quanto non si era munito della prescritta autorizzazione.

 

A seguito di ricorso dell'imputato, la Corte di cassazione è stata investita del controllo di legittimità dell'interpretazione effettuata dai giudici di merito.

 

Difetta, quindi, di rilevanza la sollevata questione di legittimità costituzionale perché la questione se i laboratori che effettuano riproduzioni fotografiche su ceramica siano da comprendersi negli insediamenti produttivi anziché in quelli civili importa esclusivamente la interpretazione delle leggi statali in materia (legge n. 319 del 1976 e decreto-legge n. 544 del 1976), il che rientra nella c.d. funzione di nomofilachia che l'ordinamento assegna alla Corte di cassazione.

 

Pertanto, va emessa declaratoria di inammissibilità della questione sollevata.

 

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

Dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985, n. 62 (Disciplina degli scarichi degli insediamenti civili e delle pubbliche fognature. Tutela delle acque sotterranee dall'inquinamento), interpretata secondo la delibera della Giunta regionale 24 giugno 1986, n. 4/10562, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 23 maggio 1991.

 

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

 

Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.