Sentenza n. 257 del 1991

 

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Sentenza N. 257

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Presidente

Dott. Francesco GRECO                                              Giudice

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 12 giugno 1990 dalla Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana sul ricorso proposto da Zingale Pino contro il Ministero del Tesoro, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nella camera di consiglio dell'8 maggio 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento promosso da Zingale Pino nei confronti del Ministero del Tesoro, avente a oggetto la pretesa del ricorrente di conseguire il riscatto ai fini pensionistici del periodo di durata del corso di reclutamento per funzionari direttivi dello Stato cui aveva partecipato presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, sollevò, con ordinanza del 15 novembre 1988, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui non disponeva l'ammissibilità a riscatto del periodo di durata di detti corsi.

Questa Corte, con sentenza n. 104 del 1990, dichiarò non fondata la questione.

Con ordinanza del 12 giugno 1990 (pervenuta a questa Corte il 22 febbraio 1991), la stessa Corte dei conti, nell'ambito del medesimo giudizio, ha nuovamente sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del citato art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, a seguito dell'entrata in vigore del d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, il cui art. 5, nono comma, dispone che: "Ai fini di quanto richiesto dai requisiti di accesso dall'esterno per i profili professionali di ottava qualifica funzionale, il superamento dei corsi-concorsi di reclutamento, anche in fase di espletamento, tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, ai sensi degli articoli 1 e 2 del d.P.R. 21 aprile 1972, n. 472, e successive modificazioni e integrazioni, è considerato equivalente al superamento di un corso di specializzazione post-laurea".

Il giudice a quo osserva che la normativa sopravvenuta dispone l'equivalenza dei titoli al limitato effetto dell'accesso dall'esterno ai profili professionali di ottava qualifica funzionale, mantenendo, a tutti gli altri effetti legali, distinta la loro entità e il loro valore giuridico. Tuttavia, la normativa stessa introduce nuovi elementi di giudizio che fanno sorgere dubbi di legittimità costituzionale della norma impugnata sotto profili nuovi e diversi rispetto a quelli prospettati nella precedente ordinanza di rimessione.

In primo luogo, la citata nuova disposizione contiene una dichiarazione di equivalenza del corso in discussione con un corso di specializzazione post-laurea, che costituisce una chiara ed esplicita ammissione ex lege della loro sostanziale uguaglianza a determinati fini. In secondo luogo, ove si consideri che ai sensi del d.P.R. 29 dicembre 1984, n. 1219 (emanato in attuazione dell'art. 3 della legge 11 luglio 1980, n. 312) il possesso di un corso di specializzazione post-laurea è richiesto, tra gli altri requisiti, come titolo imprescindibile per l'accesso dall'esterno al profilo di funzionario amministrativo contabile della ottava qualifica funzionale, il superamento del corso-reclutamento costituisce ora anch'esso, per effetto dell'art. 5 del d.P.R. n. 44 del 1990, alla stessa stregua del corso di specializzazione post-laurea, titolo e requisito indispensabile per l'ammissione in servizio per posti appartenenti alla predetta qualifica.

Alla luce delle anzidette considerazioni e dei principi elaborati in materia dalla Corte costituzionale, il giudice remittente ritiene, in conclusione, che la norma impugnata discrimini irragionevolmente, in presenza di corsi legislativamente dichiarati equivalenti ai fini dell'ammissione in servizio e di attività sostanzialmente assimilabili, i funzionari statali appartenenti all'ottava qualifica funzionale che abbiano superato il corso della Scuola superiore della pubblica amministrazione (categoria cui apparterrebbe il ricorrente), rispetto a quelli che siano in possesso del titolo di specializzazione post-laurea.

2. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per la inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza della questione.

L'inammissibilità deriverebbe, ad avviso dell'Avvocatura, dal fatto che la questione viene sollevata una seconda volta sulla base di legislazione già vigente all'atto della precedente pronuncia della Corte.

La questione sarebbe, comunque, infondata per le stesse ragioni già esposte in detta pronuncia e che rimangono ferme anche di fronte alla nuove argomentazioni del giudice a quo. Rileva in proposito l'Avvocatura che l'equivalenza stabilita dall'art. 5, nono comma, del d.P.R. n. 44 del 1990 non comporta l'inclusione dei corsi-concorsi in esame nel novero dei servizi ammessi a riscatto dall'art. 14 del d.P.R. n. 1092/73, né sussiste disparità di trattamento nei confronti dei dipendenti assunti ab externo, in base ai concorsi ordinari, nel profilo professionale dell'ottava qualifica funzionale. L'accesso a tale profilo è subordinato al possesso di requisiti culturali, tra i quali il superamento del corso di specializzazione universitaria post-laurea; l'art. 5 citato ha inteso esclusivamente parificare, ai fini dell'accesso suddetto, il superamento del corso-concorso di reclutamento tenuto dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione al superamento del corso di specializzazione, proprio per evitare disparità di trattamento in rapporto al diverso sistema di reclutamento.

Pertanto, conclude l'Avvocatura, rimangono valide le considerazioni svolte da questa Corte nella sentenza n. 104 del 1990 nel senso della infondatezza della questione, in particolare in ordine al fatto che il sistema in esame resta alternativo rispetto al concorso ordinario e il titolo finale non costituisce, in assoluto, condizione imprescindibile di ammissione al servizio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Viene riproposta a questa Corte la questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non comprende tra i periodi di tempo riscattabili ai fini del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili dello Stato quello corrispondente alla durata dei corsi di preparazione per il reclutamento di impiegati ai fini dell'accesso alla settima ed ottava qualifica funzionale delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, organizzati e tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.

Come detto in narrativa, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, aveva già sollevato la anzidetta questione nel corso del medesimo giudizio, sottolineando in particolare la sostanziale equipollenza del livello didattico dei corsi in esame rispetto a quelli di laurea o di perfezionamento (il cui periodo di durata è riscattabile): ma questa Corte, con sent. n. 104 del 1990, ha dichiarato l'infondatezza della questione (allora proposta in riferimento anche all'art. 97 della Costituzione), sulla base del principale rilievo che detti corsi costituiscono una forma di reclutamento di pubblici impiegati alternativa all'ordinario concorso, con la conseguenza che essi non possono annoverarsi fra quelli il cui titolo finale è richiesto come imprescindibile condizione per l'accesso in servizio, solo riguardo ai quali questa Corte aveva costantemente riconosciuto l'illegittimità della esclusione della facoltà di riscatto.

Nel riproporre la questione, il giudice remittente si fonda sul sopravvenuto d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44 (recante "Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 26 settembre 1989 concernente il personale del comparto Ministeri ed altre categorie di cui all'art. 2 del d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68"), il cui art. 5, nono comma, stabilendo l'equivalenza del superamento dei corsi in discussione a quello dei corsi di specializzazione post-laurea, "ai fini di quanto richiesto dai requisiti di accesso dall'esterno per i profili professionali di ottava qualifica funzionale", avrebbe introdotto nuovi elementi di dubbio in ordine alla legittimità della norma impugnata, in quanto attualmente i corsi della Scuola superiore avrebbero acquisito, in forza di tale ius superveniens, quel requisito della imprescindibilità per l'accesso in servizio cui aveva fatto riferimento questa Corte nella citata sentenza n. 104 del 1990.

2. - L'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri ha, innanzitutto, sollevato un'eccezione di inammissibilità, rilevando che la questione risulterebbe proposta una seconda volta sulla base di legislazione già vigente all'atto della precedente pronuncia di questa Corte.

L'eccezione va respinta in quanto errata in punto di fatto, poiché la sentenza n. 104 risulta depositata in cancelleria in data 2 marzo 1990, mentre il citato d.P.R. n. 44 del 1990 è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo ed è entrato in vigore il giorno successivo (art. 25).

Al generale quesito, poi, della riproponibilità, nel corso del medesimo giudizio, di questione già dichiarata non fondata, deve darsi, nella fattispecie, risposta affermativa, in quanto la preclusione a tale riproponibilità non si determina nel caso in cui, come quello in esame, la questione, pur attinendo alla stessa norma e facendo riferimento ad un parametro costituzionale già invocato, risulta tuttavia formulata in termini nuovi, dato che si fonda su argomentazioni diverse derivanti da un quid novi, costituito dal citato ius superveniens (cfr., implicitamente, ordd. nn. 90 del 1964, 140 del 1973, 197 del 1983, 268 del 1990).

3. - La questione è fondata.

L'art. 5, nono comma, del d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44 dispone che "ai fini di quanto richiesto dai requisiti di accesso dall'esterno per i profili professionali di ottava qualifica funzionale, il superamento dei corsi-concorsi di reclutamento, anche in fase di espletamento, tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1972, n. 472, e successive modificazioni e integrazioni, è considerato equivalente al superamento di un corso di specializzazione post-laurea".

Tale disposizione, contenuta in un d.P.R. di recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista da un accordo sindacale relativo al personale dei ministeri, ed avente natura regolamentare, muta il quadro normativo nel quale era intervenuta la precedente citata pronuncia di questa Corte.

È indubbio, infatti, che attualmente, sia pur a seguito di una norma non avente forza di legge, i corsi di preparazione tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione sono riconosciuti equivalenti ai corsi di specializzazione post-laurea tra i requisiti culturali di accesso ad una determinata qualifica funzionale. Sia pure, pertanto, nei limiti di applicabilità dello ius superveniens, il superamento dei corsi in esame ha ora acquisito la qualità di condizione necessaria per l'accesso in servizio, in quanto, come detto, parificato a quello di un corso di specializzazione post-universitario, ove il titolo finale di quest'ultimo (secondo la normativa vigente) sia già richiesto come requisito per tale accesso (né l'alternatività tra i due tipi di corsi esclude, per ciascuno, la "necessarietà" dei relativi titoli, come già ritenuto da questa Corte in un caso analogo: cfr. sent. n. 535 del 1990).

In conclusione, i corsi della Scuola superiore - sempre nei limiti di operatività della citata norma del d.P.R. n. 44 del 1990 - non sono alternativi all'ordinario concorso cui può partecipare il neo-laureato, bensì equivalgono a corsi di specializzazione, e il superamento degli uni o degli altri è richiesto (in aggiunta al diploma di laurea e ad altri requisiti culturali) come condizione necessaria per l'ammissione in servizio: ne deriva che ammettere a riscatto il periodo di durata dei secondi e non quello dei primi non può più, nell'attuale assetto normativo, ritenersi rispondente a criteri di ragionevolezza.

Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 nella parte in cui non comprende tra i periodi di tempo ammessi a riscatto quello corrispondente alla durata dei corsi di preparazione per il reclutamento di impiegati delle Amministrazioni statali organizzati e tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione: ciò, ovviamente, nelle sole ipotesi in cui il superamento di detti corsi sia richiesto - come dispone in linea generale lo stesso art. 13, primo comma - come "condizione necessaria per l'ammissione in servizio".

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte in cui non comprende, tra i periodi di tempo riscattabili ai fini del trattamento di quiescenza, quello corrispondente alla durata dei corsi di preparazione per il reclutamento di impiegati delle Amministrazioni statali, organizzati e tenuti dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 23 maggio 1991.

 

Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.