ORDINANZA N. 256
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Ettore GALLO Presidente
Dott. Aldo CORASANITI Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 418, comma primo, e 419, commi quinto e sesto, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 14 dicembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Zamporlini Ivano, iscritta al n. 168 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale dell'anno 1991; 2) ordinanza emessa il 14 dicembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Banchetti Sauro, iscritta al n. 169 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale dell'anno 1991;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 maggio 1991 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;
Ritenuto
A) che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona, al quale il pubblico ministero aveva inoltrato richiesta di rinvio a giudizio di Banchetti Sauro ai sensi dell'art. 416 del codice di procedura penale, ritenendo che nella fattispecie sarebbe stato più opportuno, stante l'evidenza della prova, e previo interrogatorio dell'imputato entro 90 giorni dall'iscrizione nel registro della notizia di reato, il ricorso, da parte del pubblico ministero, al giudizio immediato ex art. 453 del codice di procedura penale, ha sollevato, con ordinanza emessa il 14 dicembre 1990 (R.O. n. 169/1991), questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2,3,97 e 101, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 418, primo comma, e 419, commi quinto e sesto, del codice di procedura penale.
che, in particolare, il giudice a quo sottopone a censura: a) l'art. 418, primo comma, in quanto rende obbligatoria l'udienza preliminare, inibendo al Giudice per le indagini preliminari ogni forma di controllo sulla scelta del rito da parte di autorità giudiziaria non giudicante ma requirente, mentre al contrario l'art. 455 del codice di procedura penale consente allo stesso Giudice di rigettare la richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero; b) l'art. 419, commi quinto e sesto, in quanto subordinano il rifiuto dell'udienza preliminare alla discrezionalità dell'imputato;
che, ad avviso del giudice remittente, le suindicate disposizioni contrastano con il principio di eguaglianza e determinano, inoltre, una macroscopica anomalia, che si traduce in un "intasamento qualitativo-quantitativo dell'udienza preliminare", così ridotta a "meccanismo rituale obbligato, mero punto di passaggio per un pressoché inevitabile rinvio a giudizio in sede dibattimentale, cessando di essere il filtro selettore di deflazione dibattimentale";
B) che analoghe questioni lo stesso Giudice per le indagini preliminari ha sollevato con ordinanza emessa il 14 dicembre 1990, nel procedimento penale a carico di Zamporlini Ivano (R.O. n. 168/1991), motivando con riferimento alle "specifiche causali di cui alle allegate ordinanze";
che è intervenuto in entrambi gli incidenti il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
Considerato
1) che quanto alle questioni sub B, poiché l'ordinanza è motivata, in punto di non manifesta infondatezza e di rilevanza, per relationem, mediante rinvio ad altri provvedimenti, esse vanno dichiarate manifestamente inammissibili, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ordd. nn. 148, 466 e 521 del 1989);
2) che la questione concernente l'art. 419, quinto e sesto comma, sollevata con l'ordinanza n. 169/1991, del pari va dichiarata manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, atteso che non risulta dall'ordinanza che nel giudizio a quo l'imputato avesse rinunciato all'udienza preliminare e richiesto il giudizio immediato;
3) che, circa la questione concernente l'art. 418, primo comma, sollevata anch'essa con l'ordinanza n. 169/1991, la denuncia di violazione dell'art. 2 della Costituzione non è sorretta da alcuna motivazione;
che la denuncia di violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) sembra essere posta, da un lato, fra la mancanza di poteri del giudice rispetto alla richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio, previa udienza preliminare (come previsto dall'impugnato art. 418, primo comma), e la mancanza di poteri dello stesso giudice rispetto alla richiesta di giudizio immediato da parte dell'imputato, previa rinuncia all'udienza preliminare (art. 419, quinto e sesto comma), e, da altro lato, fra la vincolatività della richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio, previa udienza preliminare (art. 418, primo comma), e la sindacabilità, da parte del giudice, della richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato (art. 455);
che sotto entrambi i profili ora indicati l'ordinanza pone a raffronto situazioni fra loro non comparabili;
che, invero, l'udienza preliminare, in quanto vaglio sulla sostenibilità dell'accusa, è oggetto di una garanzia preordinata, in coerenza con il modello accusatorio del processo, a favore dell'imputato (la garanzia che non sia sottoposto ad accuse insostenibili) sicché si giustifica che l'attuazione della garanzia si ponga come regola e che, pertanto, la richiesta di rinvio a tale udienza da parte del pubblico ministero non sia subordinata al concorso di specifici requisiti, il cui avveramento sia sottoposto a controllo del giudice (artt. 416 e 418, primo comma);
che, peraltro, della garanzia l'imputato, e solo esso, può disporre rinunziandovi (e chiedendo il giudizio immediato), nella quale ipotesi (art. 419, quinto e sesto comma) la mancata sottoposizione della richiesta a specifici requisiti e la correlativa mancanza di controlli da parte del giudice trova giustificazione nella cennata disponibilità della garanzia e non dà luogo a contraddittorietà alcuna con la disciplina dettata dagli artt. 416 e 418, primo comma, per la sopra indicata ipotesi;
che la richiesta di giudizio immediato da parte del pubblico ministero (artt. 453, 454 e 455), che è l'esatto opposto della richiesta dell'imputato ex art. 419, quinto e sesto comma, presentandosi come postulazione di deroga alla garanzia (udienza preliminare) preordinata a favore dell'imputato, ragionevolmente è sottoposta al concorso di specifici presupposti (in primo luogo l'evidenza della prova), anche qui senza contraddittorietà alcuna con la disciplina della contrapposta ipotesi;
che, in ogni caso, la scelta del rito, di cui qui si tratta, è rimessa, sempre in coerenza con il modello accusatorio del processo, alle parti, cioè, a seconda dei casi, al pubblico ministero o all'imputato, o ad entrambi e non anche al giudice, cui spetta il controllo dei presupposti là dove e nei limiti in cui essi sono, come indicato nelle varie ipotesi dianzi esaminate, richiesti, laddove il potere del giudice di disporre il giudizio immediato in ragione della ravvisata evidenza della prova importerebbe il sostituirsi del giudice alle parti nella scelta stessa;
che le norme impugnate, e le ragioni cui esse si inspirano come sopra individuate, non urtano contro l'art. 97 della Costituzione, anche là dove non riescono a realizzare in concreto la deflazione dei dibattimenti (in quanto il cennato precetto non impone ad ogni costo tale deflazione, che d'altronde è fine solo eventuale e indiretto dell'udienza preliminare), né tanto meno contro l'art. 101, secondo comma, della Costituzione, il quale non esclude presupposti rimessi all'iniziativa delle parti del giudizio penale né impone l'unicità del rito o la riserva al giudice della scelta fra riti alternativi, scelta che rappresenta punto di equilibrio fra azione del pubblico ministero e difesa dell'imputato (cfr. Relazione al progetto preliminare, p. 104);
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
1) dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 97 e 101, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 418, primo comma, e 419, quinto e sesto comma, del codice di procedura penale, sollevate dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con l'ordinanza n. 168/1991;
2) dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento ai suindicati parametri, dell'art. 419, quinto e sesto comma, del codice di procedura penale, sollevata dal medesimo giudice con l'ordinanza n. 169/1991;
3) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento ai suindicati parametri, dell'art. 418, primo comma, del codice di procedura penale, sollevata dal medesimo giudice con l'ordinanza n. 169/1991.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 22 maggio 1991.
Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 6 giugno 1991.