ORDINANZA N.561
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 248 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 16 marzo 1990 dal Tribunale di Torino nel processo penale a carico di Lo Giudice Carmelino, iscritta al n. 371 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1990;
2) due ordinanze emesse il 26 ottobre 1989 dal Tribunale di Firenze nei processi penali a carico di Catola Riccardo e Ciattini Giovanni, iscritte ai nn. 373 e 374 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1990;
3) ordinanza emessa il 26 febbraio 1990 dal Tribunale di Ancona nel processo penale a carico di Montanari Fabio ed altri, iscritta al n. 480 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza del 16 marzo 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 97 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 248 del testo delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), <nella parte in cui non prevede, per i procedimenti in fase successiva al dibattimento di primo grado, un termine per esercitare la facoltà di richiedere l'applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p.>;
e che un'analoga questione hanno sollevato il Tribunale di Firenze con due ordinanze del 26 ottobre 1989 e il Tribunale di Ancona con ordinanza del 26 febbraio 1990, denunciando, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, lo stesso art. 248 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, nella parte in cui <per i procedimenti instaurati col vecchio rito la richiesta di patteggiamento può essere accolta ove avanzata 6prima che siano compiute le formalità d'apertura del dibattimento di primo grado6, con ciò automaticamente escludendo dalla possibilità di fruire del più favorevole trattamento per l'imputato previsto dall'art. 444 u.c. c.p.p., tutti quegli imputati i processi a cui carico abbiano superato quella fase processuale>;
e che nei quattro giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate non fondate.
Considerato che le ordinanze sollevano questioni analoghe e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti;
che questa Corte ha già dichiarato la manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3, 25 e 97 della Costituzione, della questione di legittimità dell'art. 248 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui rendono ammissibile l'applicazione della pena su richiesta delle parti ai soli procedimenti per i quali non siano state compiute le formalità di apertura del dibattimento (v. ordinanze n. 220 del 1990 e n. 355 del 1990);
che le ordinanze di rimessione non adducono argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 248 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25 e 97 della Costituzione, dalle ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.
Giovanni CONSO, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 28/12/90.