Ordinanza n. 516 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.516

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 408, primo comma, del codice di procedura penale e dell'art. 125 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 5 aprile 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Trirè Stefania, iscritta al n. 402 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Udito nella camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino ha, con ordinanza del 5 aprile 1990, sollevato, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità degli artt. 408, primo comma, del codice di procedura penale e 125 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui, con lo stabilire <che il criterio per riconoscere la manifesta infondatezza> della notitia criminis <è rappresentato dall'inidoneità degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, il legislatore delegato ha drasticamente innovato rispetto al principio enunciato> dall'art. 2, numero 50, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, avendo <introdotto un giudizio di prognosi, poichè la valutazione circa l'idoneità degli elementi a sostenere l'accusa richiede chiaramente l'anticipata valutazione della probabilità che le tesi dell'accusa reggano al vaglio dibattimentale>, laddove, per contro, <l'esigenza che la notizia di reato sia manifestamente infondata... è sinonimo... di palese inattendibilità della notizia (stessa) o per la sua intrinseca inconsistenza o per mancanza di prove>;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, per l'infondatezza della questione.

Considerato che, nel caso di specie, il giudice a quo - in presenza di una richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero e fatta oggetto di opposizione dalla persona offesa -mette in discussione la legittimità della norma che determina il canone cui deve riferirsi la valutazione dell'eventuale infondatezza della notitia criminis, senza essersi prima pronunciato sull'<investigazione suppletiva>, che, a giudizio della persona offesa, <avrebbe giustificato la prosecuzione delle indagini preliminari>;

che, pertanto, la questione cosi come proposta risulta prematura e, quindi, inammissibile (v. sentenze n. 472 del 1989, n. 300 del 1983; ordinanze n. 370 del 1990, n. 564 del 1989, n. 76 del 1987).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 408, primo comma, del codice di procedura penale e 125 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino, con ordinanza del 5 aprile 1990.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/10/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 02/11/90.