ORDINANZA N.397
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, promosso con ordinanza emessa il 23 gennaio 1990 dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Barbaglia Giovanni ed altri contro l'Ufficio del registro di Verbania, iscritta al n. 269 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 23 gennaio 1990 la Commissione tributaria di primo grado di Verbania ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, < in quanto non prevede che i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, possano assentarsi dal servizio, senza autorizzazione, per il tempo necessario-determinato dal Presidente del collegio giudicante-per l'espletamento del mandato>, in riferimento all'art. 108, secondo comma, Cost.; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione.
Considerato che la questione già risolta da questa Corte con l'ordinanza n. 581 del 1989 di manifesta infondatezza viene riproposta dallo stesso giudice a quo, sull'avviso che, di fatto, in assenza di una legge che assicuri l'indipendenza dei giudici tributari sotto il profilo in oggetto, alcune autorità amministrative < ritengono-pur dopo la citata pronuncia della Corte costituzionale-di poter determinare, peraltro senza alcun elemento di giudizio (ad es. numero dei ricorsi, difficoltà delle questioni da decidere e da motivare, adempimenti istruttori etc.) il "tempo necessario per l'espletamento del mandato" dei giudici tributari>; che va confermata la manifesta infondatezza della questione, non essendovi, nelle impugnate norme sul contenzioso tributario, alcuna disposizione di legge che preveda la censurata < autorizzazione> da parte di autorità amministrative nei confronti dei giudici tributari, la cui indipendenza risulta quindi sul punto pienamente assicurata da tali leggi ex art. 108, secondo comma, Cost.;
che, d'altra parte, ove sussistano, come assunto, possibili comportamenti diversi, non spetta a questa Corte censurarli, se non venga denunciata la illegittimità costituzionale delle altre norme di legge, sulle quali i provvedimenti relativi possano risultare eventualmente fondati.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, in riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione, sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 31/07/90.