SENTENZA N.333
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), nel testo modificato dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 (Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni) e dell'art. 162, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), pro mosso con ordinanza emessa il 22 novembre 1989 dal Pretore di Pinerolo nel procedimento penale a carico di Artusio Giampiero, iscritta al n. 142 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto in fatto
1.- Il Pretore di Pinerolo, in un Procedimento penale svolgentesi dinanzi alla Pretura, rilevato che alla udienza dibattimentale le funzioni di P.M. erano svolte, su delega del Procuratore della Repubblica, da un sottufficiale dei carabinieri, con ordinanza del 22 novembre 1989 (R.0. n. 142 del 1990) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 72 del regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo modificato dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, nella parte in cui consente al Procuratore della Repubblica presso la Pretura di delegare lo svolgimento delle funzioni di pubblico ministero in udienza dibattimentale ad un ufficiale di polizia giudiziaria e l'art. 162, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nella parte in cui consente di conferire tale delega anche per l'udienza di convalida.
Il giudice remittente ha osservato che al delegato sono attribuite le modifiche della imputazione e le relative contestazioni, la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante e, con il consenso dell'imputato, quella di un fatto nuovo non enunciato nel decreto di citazione a giudizio e, per quanto concerne le nuove contestazioni, é prevista la mera facoltà e non l'obbligo di consultare il Procuratore della Repubblica.
Sarebbero, quindi, violati:
a) l'art. 112 della Costituzione in quanto il P.M. delegato non é soggetto a sanzioni in caso di inerzia e, pertanto, sarebbe vanificato il principio della obbligatorietà dell'azione penale;
b) l'art. 107, ultimo comma, della Costituzione in quanto il P.M. ufficiale di polizia non gode delle garanzie di cui invece gode il P.M. magistrato;
c) l'art. 76 della Costituzione in quanto, trovando applicazione, in mancanza di una espressa determinazione della legge delega (art. 5 della legge 16 febbraio 1987, n. 81), i principi aspiratori del nuovo codice di procedura penale e tra essi quelli posti dall'art. 2, punto 37, l'ufficiale di polizia giudiziaria, mentre non può compiere, nel corso delle indagini preliminari, l'interrogatorio dell'imputato ed il confronto, se delegato a svolgere le funzioni di P.M. potrebbe compiere i detti atti nell'udienza dibattimentale.
2.- L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
3.- Nel giudizio si é costituita l'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza dei Presidente del Consiglio dei ministri.
Ha rilevato che non sussiste violazione dell'art. 112 della Costituzione in quanto l'eventuale omessa contestazione in udienza di un reato concorrente o di un fatto nuovo non genera, per l'ufficiale di polizia giudiziaria delegato Pm., conseguenze diverse da quelle che si , verificano per il P.M. magistrato ed il controllo dell'inerzia non si proietta sull'udienza ma si realizza attraverso l'intervento in sede di archiviazione.
Per quanto riguarda la violazione dell'art. 107 della Costituzione, ha osservato che, come più volte affermato, il principio secondo il quale la magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere, non vale ad escludere il conferimento di compiti relativi all'amministrazione della giustizia a persone estranee all'ordine giudiziario (art. 108, secondo comma, in relazione all'art. 102, secondo comma, della Costituzione).
Inoltre la dipendenza dall'esecutivo riguarda solo le funzioni organico-amministrative svolte dagli ufficiali di polizia giudiziario, mentre vale il principio secondo cui le funzioni del P.M. in udienza sono esercitate in piena autonomia e la delega va revocata solo nei casi in cui il codice di procedura penale prevede la ' sostituzione del P.M.
La questione, infine, per il profilo della violazione dell'art. 76 della Costituzione sarebbe anzitutto inammissibile per difetto di rilevanza essendo stata l'ordinanza pronunciata in una fase antecedente all'espletamento delle prove. Nel merito sarebbe infondata, non avendo il punto 37 della direttiva alcuna attinenza con l'assunzione delle prove che avviene nell'istruzione dibattimentale.
Considerato in diritto
1. - Il Pretore dubita della legittimità costituzionale dell'art. 72 del regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12 nel testo modificato dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, nella parte in cui consente al Procuratore della Repubblica presso la Pretura di delegare l'esercizio delle funzioni di P.M. in udienza dibattimentale ad ufficiali di polizia giudiziaria, e dell'art. 162, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nella parte in cui prevede il conferimento della delega anche per l'udienza di convalida. Secondo il giudice remittente sarebbero violati:
a) l'art. 112 della Costituzione perchè, in caso di inerzia per omessa contestazione di reato concorrente o di nuovi fatti, il P.M. delegato, in quanto non magistrato, non sarebbe colpito da sanzione alcuna, onde la lesione del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale;
b) l'art. 107, u.c., della Costituzione perchè il P.M. delegato, per la sua qualità di ufficiale della polizia giudiziaria e, quindi, non magistrato, non avrebbe le garanzie di autonomia e di indipendenza proprie degli appartenenti all'ordine giudiziario;
c) l'art. 76 della Costituzione in quanto all'ufficiale di polizia giudiziaria che esercita funzioni di P.M. in udienza sarebbe consentito l'interrogatorio dell'imputato ed il confronto che invece egli non potrebbe effettuare nelle indagini preliminari.
2. - La questione non è fondata.
L'art. 72 dell'ordinamento giudiziario approvato con regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12, disponeva già che le funzioni di pubblico ministero nelle udienze dinanzi al pretore potevano essere svolte anche da persone estranee all'ordine giudiziario, tra cui i funzionari di polizia. Ora, l'art. 22 d.P.R. n. 449 del 1988, nel sostituire il testo del citato art. 72, dispone che le dette funzioni possono essere esercitate, per delega nominativa del Procuratore della Repubblica presso la Pretura, da ufficiali di polizia giudiziaria che non abbiano preso parte alle indagini preliminari senza che a nulla rilevino in questa sede le successive aggiunte apportate dall'art. 1 al decreto legislativo 2 febbraio 1990, n. 15.
La delega è conferita per una determinata udienza o per un singolo processo, con atto scritto del quale è fatta annotazione in un apposito registro che è esibito in dibattimento (art. 162, primo comma, del decreto legislativo n. 271 del 1989).
Come si evince dalla relazione al progetto preliminare, la disposizione in esame è ispirata alla esigenza pratica di ovviare alle carenze di magistrati professionali e di non ritardare la definizione dei processi penali. L'affidamento dell'esercizio delle funzioni di P.M. all'ufficiale di polizia giudiziaria è assistito da garanzie varie. Anzitutto, la delega è conferita con atto scritto dal Procuratore della Repubblica secondo i casi concreti, sicchè certamente è destinata a cadere sugli ufficiali di polizia giudiziaria ritenuti, tra i tanti, i più idonei allo svolgimento delle funzioni da assegnare. t poi stabilita la esclusione degli ufficiali di polizia che abbiano preso parte alle indagini preliminari. Si evita così ogni commistione ed interferenza tra la fase predibattimentale e la fase dibattimentale, così come si stabilisce la netta separazione delle funzioni requirenti da quelle giudicanti affidate prima del nuovo codice di rito allo stesso pretore.
La delega da parte del Procuratore della Repubblica evidenzia l'inserimento del P.M. delegato tra coloro che esercitano funzioni requirenti e la inesistenza di qualsiasi rapporto col pretore- giudice, a differenza di quanto poteva sospettarsi nella vigenza del codice abrogato per ogni estraneo all'ordine giudiziario, chiamato all'esercizio delle funzioni di P.M. in udienza dal pretore, per quanto si sia ritenuta la diretta derivazione dalla legge dell'attribuzione delle funzioni (sent. Corte cost. n. 172 del 1987).
Inoltre, è previsto che il P.M. delegato, nel caso in cui debba prestare il suo consenso all'applicazione della pena su richiesta o al giudizio abbreviato, oppure debba procedere a nuove contestazioni, si consulti con il Procuratore della Repubblica (art. 162, terzo comma, del decreto legislativo n. 271 del 1989).
Tuttavia, è da notare che il consenso al giudizio abbreviato e al patteggiamento è dato dal P.M. prima dell'udienza dibattimentale e, quindi, non spetta all'ufficiale di polizia giudiziaria chiamato solo per quest'ultima.
In tale situazione non sono fondate le denunciate censure di legittimità costituzionale. Non risulta violato l'art. 112 della Costituzione che fissa il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale in quanto non è prevista alcuna sanzione nemmeno in caso di inerzia del P.M. magistrato, cioé in caso di mancata contestazione da parte sua di reati concorrenti o di fatti nuovi. Anzi, per certi aspetti, la posizione del P.M. delegato è soggetta a vincolo perchè, oltre ad essere per se stessa provvisoria, il delegante potrà tener conto del comportamento del delegato allorquando ritenga di effettuare altre deleghe per altri processi o per altre udienze.
Ad escludere la dedotta violazione dell'art . 107 della Costituzione, fondata sul rilievo che il P.M. delegato non godrebbe delle garanzie di autonomia e di indipendenza di cui godono i giudici, a parte la considerazione che nel nuovo processo penale è sancita la qualità di parte del P.M., per quanto a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge, valgono le considerazioni svolte in passato da questa Corte. Si è affermato (sentenza Corte cost. n. 123 del 1970) che il principio sancito dall'art. 104, comma primo, della Costituzione, secondo cui la magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere non esclude l'ammissibilità del conferimento a persone estranee all'ordine giudiziario di compiti attinenti all'amministrazione della giustizia (art. 108, secondo comma, in relazione all'art. 102, secondo comma, della Costituzione). Non essendo le persone di volta in volta chiamate a rappresentare il P.M., inquadrate nell'organizzazione giurisdizionale nè inserite nell'ordine giudiziario, è ovvio che non possono trovare applicazione le disposizioni che concernono i magistrati professionali.
Peraltro, la delega del P.M. non crea alcun rapporto di dipendenza nè col delegante, in quanto anche il P.M. delegato agisce con piena autonomia, secondo il disposto dell'art. 53 c.p.p., attuativo della direttiva n. 68, tanto più che la delega non è revocabile se non in casi determinati, così come è per il P.M. magistrato.
Inoltre, la qualità di ufficiale di polizia giudiziaria non rende il P.M. delegato dipendente dal potere esecutivo cui egli appartiene in quanto il rapporto con i superiori riguarda l'attività di ufficiale di polizia giudiziaria e non quella di P.M., sicchè nessuna minaccia alla indipendenza può venire dalle autorità gerarchicamente sovraordinate.
Infine, non sussiste la violazione dell'art. 76 della Costituzione per eccesso di delega. Solo la direttiva n. 103 impone la distinta attribuzione delle funzioni di pubblico ministero e di giudice. E questo obiettivo è stato realizzato mediante la istituzione della Procura della Repubblica presso le Preture circondariali. Nulla è detto in ordine alla individuazione degli organi ai quali possono essere attribuite le funzioni di P.M. nel giudizio pretorile. A parte, quindi, la inesattezza del richiamo a criteri direttivi del codice di procedura penale, il compimento in udienza di atti che l'ufficiale di polizia giudiziaria non può compiere nella fase delle indagini preliminari (interrogatorio dell'imputato e confronti) è effettuato dal P.M. delegato nell'esercizio delle funzioni di P.M. e non di quelle di ufficiale di polizia giudiziaria e si svolge sotto la direzione del Pretore, giudice del dibattimento.
Pertanto, la questione sollevata non è fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 72 del regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) nel testo modificato dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 (Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni), e dell'art. 162, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), in riferimento agli artt. 112, 107, ultimo comma, e 76 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Pinerolo con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 13/07/90.