Sentenza n. 184 del 1990

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SENTENZA N.184

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 565 del codice civile, riformato dall'art. 183 della legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1989 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Rungger Mathilde ed altra e l'Amministrazione delle finanze, iscritta al n. 584 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1989.

 

Udito nella camera di consiglio del 7 marzo 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un procedimento di reclamo, promosso da Mathilde e Maria Rungger ai sensi dell'art. 23 del rd. 28 marzo 1929, n. 499, modificato dalla legge 29 ottobre 1974, n. 594, contro il decreto del Pretore di Brunico che aveva respinto la domanda di certificazione della qualità di eredi del loro fratello naturale Francesco Rungger, deceduto il 19 marzo 1985 senza lasciare prole, nè coniuge, nè ascendenti, nè parenti legittimi entro il sesto grado, il Tribunale di Bolzano, con ordinanza 23 giugno 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 565 cod. civ., nel testo novellato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, "nella parte in cui esclude dalla categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali riconosciuti o dichiarati".

 

Il giudice remittente osserva che sulla questione, già accolta dalla Corte costituzionale in relazione all'art. 565 nel testo anteriore alla riforma del 1975, non risulta essere intervenuto un riesame in relazione alla nuova norma, la quale ribadisce una "differenza di trattamento tra fratelli e sorelle legittimi e fratelli e sorelle naturali non correlata a criteri razionali che la giustifichino, anche alla luce di quanto disposto dall'art. 30, terzo comma, della Costituzione".

 

Considerato in diritto

 

1. - II Tribunale di Bolzano ripropone la questione di legittimità costituzionale dell'esclusione dei fratelli e delle sorelle naturali dalle categorie dei successibili ab intestato, in guisa che è ad essi negato il diritto di successione reciproca pur in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato. La questione è formulata sulla falsariga del dispositivo della sentenza 4 luglio 1979, n. 55 di questa Corte, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo in parte qua l'art. 565 nel testo anteriore alla riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151). L'art. 565 novellato, sebbene non differisca sostanzialmente dal testo originario, è una norma nuova, come tale non toccata dal giudicato costituzionale citato. Pertanto, come giustamente ritiene il giudice a quo, la questione deve essere riesaminata.

 

2. - La questione è fondata.

 

Vanno richiamate due notazioni, tra loro complementari, contenute nelle sentenze precedentemente pronunziate in argomento da questa Corte, le quali discernono due aspetti del significato normativo dell'art. 30, terzo comma, della Costituzione.

 

Il primo significato si esprime in una regola di equiparazione dello status di figlio naturale (riconosciuto o dichiarato) allo status di figlio legittimo nei limiti di compatibilità con i diritti dei membri della famiglia legittima costituita dal matrimonio del genitore con persona diversa dall'altro. In questo senso < l'art. 30 si riferisce ai rapporti tra genitori e figli, e non a quelli dei figli tra loro> (sent. n. 76 del 1977): il suo ambito normativo è commisurato alla regola dell'art. 258, primo comma, cod. civ., che delimita l'efficacia del riconoscimento.

 

Nel secondo significato, concernente i rapporti della prole naturale con i parenti del genitore (ossia con la famiglia di origine del genitore e con altri suoi figli, legittimi o naturali riconosciuti), l'art. 30, terzo comma, non impartisce un comando immediato di parificazione giuridica alla prole legittima anche in questi rapporti, ma si pone come < norma ispiratrice di un orientamento legislativo a favore dei figli naturali> (sent. n. 55 del 1979), la quale esclude che al limite di efficacia del riconoscimento indicato dall'art. 258 cod. civ. possa attribuirsi valore assoluto. In conformità di tale norma il testo novellato dell'articolo aggiunge una riserva che fa < salvi i casi previsti dalla legge>.

 

3.-Coordinato col principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., il principio ora individuato dell'art. 30 implica un limite alla discrezionalità legislativa nella determinazione dei casi e dei contenuti di rilevanza giuridica del riconoscimento nei rapporti con i parenti del genitore. II limite può essere così formulato: nei detti rapporti le disparità di trattamento delle due specie di filiazione non possono essere conservate più di quanto richiedano un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco e il contemperamento con, o la sottordinazione ad altri principi di pari o maggior peso.

 

Alla stregua di questo criterio non vi sono ragioni idonee a giustificare la conservazione della regola del codice civile che esclude il diritto di successione tra fratelli e sorelle naturali pur quando, mancando altri successibili per titolo di coniugio o di parentela, il favore per i figli naturali no n entra in conflitto col principi o della successione familiare, n è con l'interesse dello Stato. L'istituto dell'art. 586 cod. civ. non tutela un interesse patrimoniale dello Stato di natura privata, che possa essere messo a confronto con l'interesse dei fratelli naturali superstiti, bensì l'interesse pubblico alla conservazione dei beni del defunto e alla continuità dei rapporti giuridici che a lui facevano capo, quando manchino soggetti legittimati a raccogliere l'eredità.

 

Non si può obiettare che l'apertura dell'ordine successorio ai fratelli naturali eccederebbe l'ambito soggettivo della tutela dell'art. 30 Cost. perchè avvantaggerebbe anche i figli legittimi del genitore che ha riconosciuto il figlio naturale: in mancanza dei successibili indicati negli artt. 578 e 579 cod. civ., essi potrebbero pretendere l'eredità lasciata dal figlio naturale.

 

Tale possibilità è inclusa per ragione di necessaria reciprocità nella prospettata ultrattività del riconoscimento, la quale investe gli altri figli dello stesso genitore indipendentemente dalla natura del rispettivo status di filiazione, tutti essendo, naturali o legittimi, fratelli naturali nei confronti del figlio naturale considerato.

 

Nemmeno la norma censurata può trovare una giustificazione tecnico-giuridica nella mancanza di un rapporto civile di parentela tra fratelli e sorelle naturali, così denominati per modo di dire breviloquo, estraneo al linguaggio legislativo (cfr. art. 87, terzo comma, cod. civ., in relazione al primo comma, n. 2). Il riconoscimento di un rapporto giuridico di parentela è indubbiamente una scelta spettante alla discrezionalità insindacabile del legislatore; ma è altrettanto fuori dubbio, da un lato, che la rilevanza del riconoscimento nei rapporti con i parenti del genitore non è necessariamente legata al modello dell'efficacia nel rapporto tra genitore e figlio, dall'altro, che il criterio tradizionale per cui i titoli di successione mortis causa sono individuati nella sfera dei rapporti familiari del defunto non è assoluto.

 

Il sistema delle successioni a causa di morte ha conosciuto e conosce diritti successori direttamente collegati al fatto naturale della consanguineità, in deroga alla regola della successione familiare.

 

4. - L'accertamento della non conformità dell'art. 565 cod. civ. al principio sopra spiegato dell'art. 30 Cost., con conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua, comporta l'attribuzione ai fratelli e alle sorelle naturali di un titolo reciproco di successione ereditaria fondato sul vincolo di consanguineità indirettamente risultante dai rispettivi status di filiazione, titolo che potrà essere fatto valere in mancanza di successibili per diritto di coniugio o di parentela, e con precedenza sulla successione dello Stato.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 565 del codice civile, riformato dall'art. 183 della legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), nella parte in cui, in mancanza di altri suscessibili all'infuori dello Stato, non prevede la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali, dei quali sia legalmente accertato il rispettivo status di filiazione nei confronti del comune genitore.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/04/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Luigi MENGONI, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 12/04/90.