Sentenza n. 86 del 1990

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SENTENZA N.86

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali), e dell'art. 4 della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme per la materia pensionistica), promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1989 dal Pretore di Trani nel procedimento civile vertente tra Lombardi Nicola ed altri e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 463 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1989.

 

Visto l'atto di costituzione di Lombardi Nicola ed altri, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 17 gennaio 1990 il Giudice relatore Francesco Greco;

 

uditi l'avvocato Aldo Loiodice per Lombardi Nicola ed altri e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- In un giudizio civile promosso da Lombardi Nicola ed altri per ottenere dall'I.N.A.D.E.L. la restituzione (con decorrenza 1° giugno 1982) della ritenuta previdenziale a loro carico, l'adito Pretore di Trani, con ordinanza del 15 maggio 1989, ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza in riferimento all'art. 3 della Costituzione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e 4 della legge 29 maggio 1982, n. 297 "nella parte in cui impongono al personale degli enti locali un contributo (anche) ai fini dell'indennità premio di servizio".

 

Invero - secondo il giudice a quo - "stante l'eguale funzione" assolta dall'indennità premio di servizio spettante ai dipendenti degli enti locali e dal trattamento di fine rapporto, tipico del lavoro subordinato, non sarebbe conforme al principio di uguaglianza che i lavoratori assistiti dall'I.N.A.D.E.L. debbano concorrere alla formazione del fondo destinato a finanziare il pagamento della loro buonuscita, mentre, ex art. 2120 del codice civile, l'omologo esborso incomba interamente al privato datore di lavoro.

 

2.- Nel giudizio innanzi alla Corte, si sono costituite le parti private, che hanno concluso per la declaratoria di illegittimità delle disposizioni denunciate.

 

É, altresì, intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha, viceversa, contestato la fondatezza dell'impugnativa.

 

All'uopo ha escluso che sussista la dedotta disparità tra dipendenti locali aventi diritto all'indennità premio di servizio e lavoratori privati aventi diritto all'indennità di anzianità, stante l'impossibilità di raffronto tra le due predette indennità: delle quali la seconda "é costituita da quote di retribuzione accantonate dal datore di lavoro e indicizzate secondo le disposizioni di cui alla legge n. 297 dei 1982, quella spettante ai dipendenti dello Stato ed agli iscritti I.N.A.D.E.L. ha natura previdenziale, e viene attribuita sulla base dell'ultimo stipendio percepito dagli interessati all'atto della cessazione del servizio, il che é certamente un vantaggio di notevole consistenza a fronte della modestia delle trattenute previdenziali operate sulla retribuzione".

 

3.- Nell'imminenza dell'udienza, ha depositato una memoria la difesa delle parti private, sollecitando la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme impugnate.

 

Ha, in particolare, sottolineato che, al cospetto della crescente progressiva equiparazione del trattamento giuridico-economico e dei mezzi di tutela giurisdizionale assicurati ai rapporti di impiego pubblico e privato, non é dato riscontrare ragionevoli profili di diversificazione della ricostruzione giuridica dell'istituto dell'indennità premio di servizio e del trattamento di fine rapporto: si tratta in entrambi i casi di retribuzione differita, in relazione alla quale non si giustifica la previsione concernente la contestata contribuzione imposta al dipendente di ente locale, neanche in nome di valutazioni politiche attinenti alla necessità di contenimento della spesa pubblica.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Pretore di Trani dubita della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e 4 della legge 29 maggio 1982, n. 297, nella parte in cui impone al personale degli enti locali il versamento di una contribuzione finalizzata all'erogazione dell'indennità premio di servizio, in quanto violerebbe l'art. 3 della Costituzione per la disparità di trattamento che produce in danno di tale categoria di lavoratori rispetto a quelli del settore privato, ai quali il trattamento di fine rapporto viene erogato senza preventivo versamento di contributi da parte dei medesimi ed a totale carico del datore di lavoro.

 

2. - La questione non è fondata.

 

La Corte (sentenza n. 73 del 1985; n. 208 del 1986; n. 763 del 1988) ha ritenuto che la indennità premio di servizio ha natura previdenziale ed assistenziale e che, proprio per tale natura, è correlata a contribuzioni versate dai dipendenti e dalle stesse amministrazioni pubbliche. Essa è erogata, alla fine del rapporto di impiego ed allo scopo di superare le difficoltà che insorgono nel momento in cui viene meno il trattamento retributivo, dall'apposito ente (I.N.A.D.E.L.) che riscuote e gestisce i con tributi che danno vita ad un fondo di previdenza ad integrazione della pensione.

 

Ha, inoltre, affermato (sentenza n. 763 del 1988) la sostanziale equivalenza, nella struttura normativa e nelle finalità essenziali, alla indennità di buonuscita erogata agli impiegati statali dall'E.N.P.A.S., anch'essa fondata su contributi versati dai beneficiari e dall'amministrazione statale. E, quello che più rileva, ha ritenuto (sentenza n. 68 del 1980) che, ai fini della rispondenza di singole norme al principio di uguaglianza, non sono comparabili i sistemi riguardanti, nel loro complesso, il rapporto di lavoro pubblico e quello privato, ed, in particolare, le norme attinenti ai trattamenti pensionistici e di fine rapporto dei dipendenti pubblici e dei lavoratori privati, nonchè quelle dei regimi riguardanti le varie categorie dei dipendenti pubblici.

 

Tanto più se, come nel caso, la doglianza di disparità è limitata alla constatazione delle sole differenze, trascurandosi la valutazione globale dei sistemi normativi ai quali i diversi trattamenti ineriscono.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali) e 4 della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme per la materia pensionistica), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Trani con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/02/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Francesco GRECO, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 26/02/90.