ORDINANZA N.77
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 630 del codice penale e dell'art. 29 del codice di procedura penale del 1930, promosso con ordinanza emessa il 31 luglio 1989 dal Giudice istruttore del Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Balia Francesco ed altro, iscritta al n. 511 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che, nel corso dell'istruzione formale a carico di Trudu Mario, Sanna Ignazio, Balia Francesco e Mancusu Adriano, imputati, fra l'altro, di sequestro di persona a scopo di estorsione da cui era derivata la morte dell'ostaggio e di tentato omicidio, il Giudice istruttore del Tribunale di Bologna, disposta la separazione degli atti concernenti il Balia e il Mancusu, nei confronti dei quali proseguiva l'istruzione formale, ordinava il rinvio a giudizio dei primi due imputati < dinanzi al Tribunale di Bologna, competente per materia e per territorio>;
che il Tribunale di Bologna dichiarava la propria incompetenza, trasmettendo gli atti alla Corte d'assise di Firenze, per essere il tentato omicidio reato < più grave> -in quanto appartenente alla competenza della Corte d'assise, ai sensi dell'art. 29 del codice di procedura penale del 1930-del delitto di sequestro di persona cui sia seguita la morte cagionata volontariamente dell'ostaggio (art. 630, terzo comma, del codice penale), reato che, < secondo l'interpretazione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione>, non potendosi ipotizzare < concorso con il delitto di cui all'art. 575 C.P.>, in quanto reato complesso, appartiene alla competenza del tribunale;
che, al termine dell'istruzione formale a carico degli imputati Balia e Mancusu, il Giudice istruttore del Tribunale di Bologna, su eccezione del Pubblico ministero - premesso che < la decisione del Tribunale di Bologna, con la quale gli atti erano stati trasmessi alla Corte di assise di Firenze riverbera i suoi effetti anche nel presente procedimento, ove gli imputati Balia e Mancusu devono rispondere dei medesimi episodi delittuosi>-ha, con ordinanza del 31 luglio 1989, sollevato, in riferimento agli artt.3 e 25 della Costituzione, questione di legittimità degli artt.630 del codice penale e 29 del codice di procedura penale del 1930, nella parte in cui il loro combinato disposto, omettendo < ogni previsione in ordine alla ipotesi del sequestro di persona a scopo di estorsione cui sia seguita una condotta diretta a sopprimere l'ostaggio senza che quest'ultimo evento si sia verificato>, sottrae alla competenza del Tribunale il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione cui sia seguita la morte dell'ostaggio, quando tale reato sia connesso con il tentato omicidio, reato di competenza della Corte d'assise;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che-pur riconoscendo l'esistenza < di una sorta di "anomalia" >, per essere < la fattispecie comprendente il tentativo ad attrarre per connessione, ai fini della competenza per materia, quella del reato consumato>-ha chiesto che la questione venga dichiarata non fondata.
Considerato che il giudice a quo, mentre, per un verso, mostra di ritenersi vincolato alla statuizione sulla competenza del Tribunale di Bologna, per un altro verso, assume < che l'unica lettura della norma in questione logicamente rispettosa dei principi costituzionali> dovrebbe essere < quella che ritenga implicitamente abrogata la previsione in seno all'art. 29 C.P.P. dell'ipotesi di tentato omicidio allorquando il fatto sia stato realizzato in occasione di sequestro di persona a scopo di estorsione>, cosi da evitare < lo spostamento delle norme sulla competenza territoriale e quella per materia del giudice chiamato a conoscere del reato, con l'investimento della Corte di assise, giudice superiore al Tribunale>, non senza aggiungere che < nel dubbio interpretativo> risulterebbe < indispensabile che la Corte costituzionale si pronunci sul punto>;
e che-a parte ogni considerazione sui criteri nella specie adottati quanto alla determinazione della competenza per territorio-l'ordinanza di rimessione prospetta due opposte interpretazioni delle disposizioni impugnate: l'una nel senso dell'insindacabilità del provvedimento del Tribunale di Bologna, con conseguente attribuzione della competenza alla Corte d'assise di Firenze, l'altra nel senso dell'abrogazione dell'art. 29 del codice di procedura penale del 1930, con conseguente attribuzione della competenza al Tribunale di Bologna;
che, muovendo dalla prospettazione di due, e così nettamente contrapposte, scelte interpretative delle disposizioni impugnate, l'ordinanza di rimessione si limita a sottoporre alla Corte un normale dubbio interpretativo, la cui soluzione è demandata esclusivamente al giudice a quo (v. sentenze n. 49 del 1980, n.472 del 1989).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 630, terzo comma, del codice penale e dell'art. 29 del codice di procedura penale del 1930, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Bologna con ordinanza del 31 luglio 1989.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/02/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 22/02/90.