SENTENZA N.531
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia) promosso con ordinanza emessa il 7 giugno 1988 dal Consiglio di Stato nel ricorso proposto da Della Rocca Carlo contro il Ministero dell'Interno ed altri, iscritta al n. 250 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 20/1a s.s. dell'anno 1989.
Visto l'atto di costituzione di Della Rocca Carlo nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 1989 il Giudice relatore Renato Dell'Andro;
uditi l'avv. Antonino Terranova per Della Rocca Carlo e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - La sollevata questione di costituzionalità affonda le sue radici nel sistema dei rapporti tra Stato - amministrazione e Stato- sovrano (legislatore). Se e vero, infatti, che il primo agisce sub lege e che appunto sub lege instaura con i privati rapporti di pubblico impiego, non può il secondo, lo Stato legislatore, durante lo svolgersi dei rapporti stessi, trasformarne i contenuti senza il sorgere di nuove, giustificate, legittime ragioni. Non v'é dubbio, infatti, come ha sancito questa Corte con sentenza n. 257 del 1989, che non e ravvisabile nella Costituzione alcun principio secondo il quale i rapporti di pubblico impiego non possano esser trasformati, durante la loro esecuzione, a parte gli eventi legati alla volontà della pubblica amministrazione e dei privati; ma non e, del pari, dubbio che l'art. 97, primo comma, Cost. non vale a legittimare ogni e qualsiasi trasformazione dei predetti rapporti, che lo Stato - legislatore determini durante l'esecuzione dei medesimi. Tant'é che la citata sentenza, nel precisare che e preclusa alla Corte la valutazione circa la preferenza d'uno od altro sistema, attuativo della trasformazione dei rapporti di pubblico impiego, sottolinea che la Corte stessa e, tuttavia, <chiamata a valutare la ragionevolezza in se del sistema prescelto dal legislatore e la sua rispondenza ai parametri costituzionali invocati>.
Ed é, appunto, a quest'ultima valutazione che va anzitutto sottoposto il sistema di trasformazione del rapporto di pubblico impiego operato con l'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 24 aprile 1982.
Quand'anche fossero esistite, al momento dell'emanazione dell'impugnata norma, esigenze di snellimento dei ruoli di primo dirigente della Polizia di Stato, esse andavano perseguite in modo razionale.
La verità é che tali esigenze non esistevano, alla data di decorrenza, 25 aprile 1984, del collocamento a riposo previsto dalla norma impugnata: infatti, meno di otto mesi dopo tale data, la relazione al disegno di legge n. 1086, comunicata alla Presidenza del Senato il 20 dicembre 1984, sottolineava che i ruoli dei funzionari della Polizia di Stato presentavano una carenza di circa millecinquecento unita: si noti che, dopo il 25 aprile 1984, soltanto poche decine di primi dirigenti erano stati collocati a riposo od avevano optato per ruoli diversi da quelli della Polizia di Stato.
Sicché l'impugnata norma non può esser ritenuta razionale: la discriminazione che con l'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 si produrrebbe, ove non fosse dichiarato illegittimo lo stesso articolo, a danno dei primi dirigenti della Polizia di Stato collocati a riposo ai sensi dello stesso articolo, non può, pertanto, ritenersi <giustificata>.
2. - La sollevata questione di legittimità costituzionale é, invero, fondata, prima d'ogni altra considerazione, per non essere state addotte ragioni, intervenute successivamente all'instaurazione del rapporto di pubblico impiego di cui qui si discute, tali da legittimare il ricorso al drastico sistema d'anticipato collocamento a riposo dei primi dirigenti della Polizia di Stato di cui all'impugnato art. 44 del d.P.R. n. 335 del 24 aprile 1982.
Poiché non é pensabile che, all'atto dell'emanazione delle norme disciplinanti i rapporti di pubblico impiego dei funzionari tutti della Polizia di Stato, non siano state tenute presenti esigenze di <rinnovamento ed efficienza> della polizia stessa (ed anzi deve ritenersi che appunto in base alle predette esigenze sia stata dettata la disciplina legislativa attinente ai rapporti di pubblico impiego da risolversi ai sensi del precitato art 44) al fine di ritenere legittimo lo stesso articolo dovrebbero essere specificamente evidenziate le ragioni, intervenute successivamente all'instaurazione del rapporto del quale si discute nel giudizio a quo, in base alle quali e stato dettato l'articolo in discussione.
Dall'esame dei lavori preparatori della legge 10 aprile 1981, n. 121 e del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, tali nuove ragioni non risultano evidenziate; né dalle disposizioni della predetta legge e del citato decreto possono trarsi utili indicazioni in proposito.
E se anche dalla nuova normativa attinente all'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza ed all'ordinamento del personale della Polizia di Stato si ritenga desumere l'affidamento ai primi dirigenti di nuove funzioni e responsabilità - l'accenno di cui ai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell'art. 39 del d.P.R. n. 335 del 1982, benché generico, potrebbe, infatti, essere utilizzato per l'individuazione di specifici, nuovi compiti affidati ai primi dirigenti della Polizia di Stato - va rilevato che nulla traspare dalla normativa in esame, o dai lavori preparatori, in ordine al collegamento tra i predetti nuovi compiti ed il drastico anticipato collocamento a riposo di cui all'impugnata disposizione.
Non risulta, invero, in alcun modo che le nuove responsabilità, indicate, peraltro, nel d.P.R. in esame, si ripete, in modo del tutto generico, rendano necessario od almeno opportuno l'automatico allontanamento dal servizio di cui al più volte citato art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982.
3. - L'Avvocatura dello Stato assume che il collocamento a riposo d'ufficio dei primi dirigenti, di cui all'impugnata normativa, sarebbe stato dettato in considerazione degli specifici compiti della Polizia di Stato e della conseguente necessità di <snellirne la dirigenza per disporre d'un organismo moderno ed efficiente>.
Mancano, in questa affermazione, sia la determinazione, l'indicazione particolare, dei <nuovi> compiti affidati alla Polizia di Stato sia il logico collegamento tra le assunte finalità di disporre d'un organismo della Polizia di Stato moderno ed efficiente e l'automatico collocamento a riposo di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982. E, tuttavia, anche ad ammettere, per un attimo, da un canto come esistenti e nuove le predette finalità e dall'altro queste ultime come necessariamente determinanti la disposizione impugnata, od almeno come favorevoli all'opportunità dell'emanazione della disposizione stessa, vale sottolineare che il sistema adottato dal legislatore, con l 'art. 44 del d. P. R . in discussione, non e ragionevolmente idoneo a raggiungere l'assunta finalità di disporre d'un organismo della Polizia di Stato moderno ed efficiente. E ciò in primo luogo perché tal sistema non tien conto della professionalità ed esperienza dei primi dirigenti dei quali dispone l'allontanamento dal servizio (la piena efficienza della Polizia di Stato può, infatti, essere assicurata precipuamente in base alle capacità professionali ed all'esperienza via via acquisita dai suoi funzionari) ed in secondo luogo perché non dispone il collocamento a riposo anticipato d'ufficio dei primi dirigenti, valutati e non promossi a dirigente superiore, che, ex art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982, abbiano maturato trenta anni di servizio di cui dieci nella qualifica rivestita, in base ad un diretto confronto con i funzionari che dovrebbero coprire le vacanze determinate dal predetto collocamento a riposo bensì in base a valutazioni, non soltanto attinenti a funzioni diverse da quelle per le quali i collocati a riposo sono stati dichiarati idonei e nell'esercizio delle quali non hanno mai demeritato, ma anche dipendenti dalle incalcolabili alee connesse alla diversa quantità di posti disponibili, di volta in volta, in occasione degli scrutini, per merito comparativo, a dirigente superiore.
Intanto: poiché, ovviamente, non ogni e qualsiasi sistema di snellimento dei ruoli dirigenziali della Polizia di Stato é idoneo a raggiungere le finalità indicate dall'Avvocatura dello Stato, non é legittimo scegliere sistemi di snellimento che non siano ragionevolmente validi ad assicurare una Polizia di Stato <moderna ed efficiente>.
Il sistema di snellimento, adottato dall'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982, non é, invero, fondato su accertamenti, od almeno <presunzioni>, di perdute o diminuite capacita professionali manifestate nelle funzioni esercitate nella qualifica di primo dirigente dai collocati a riposo ma in base, oltre che alla mancata promozione a dirigente superiore, per assurdo anche alla maggiore professionalità ed esperienza acquisita in trenta anni di servizio, di cui dieci nella qualifica di primi dirigenti.
Poiché non v'é dubbio che e anche in funzione di maggiori capacita professionali e di maggiore esperienza senza demerito che può essere assicurata una migliore efficienza della Polizia di Stato, va sottolineato che il sistema d'automatico pensionamento anticipato di cui qui si discute, irrazionalmente, rispetto all'assunta maggiore efficienza della Polizia di Stato, allontanerebbe funzionari che, per non aver mai demeritato in tanti anni di servizio nella qualifica di primo dirigente, deve presumersi esser forniti di sicura professionalità ed esperienza; e ciò a vantaggio di chi la stessa professionalità ed esperienza ancora non ha dimostrato.
Tant'é vero che, come già rilevato, a meno di otto mesi dal termine, 25 aprile 1984, dal quale l'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 fa dipendere la decorrenza, alle condizioni ivi previste, del collocamento a riposo d'ufficio qui in esame, la relazione governativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 858 dichiara che, al fine d'evitare il collocamento a riposo dei primi dirigenti non promossi nel <successivo> scrutinio <si rende assolutamente indispensabile... evitare che un considerevole numero di funzionari - che potrebbero rimanere in servizio ancora per parecchi anni-dotati di professionalità e di esperienza, debba cessare dal servizio con grave pregiudizio per l'Amministrazione... >. E, se si tien conto che, come già accennato, soltanto poche decine di primi dirigenti risultano essere stati collocati a riposo od avere optato per altri ruoli dell'Amministrazione dal 25 aprile 1984, deve ritenersi che a quest'ultima data le carenze dei funzionari della Polizia di Stato erano presso a poco le stesse di quelle rilevate nel dicembre 1984 ed indicate nella citata relazione.
Quest'ultima, dunque, é evidente riprova, se proprio ve ne fosse bisogno, del grave pregiudizio che l'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 provocherebbe, ove non fosse dichiarato illegittimo, all'Amministrazione della Polizia di Stato.
Né va dimenticato che, sempre in occasione della conversione in legge del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 858, la relazione della prima commissione permanente del Senato - nel commentare la norma che, abrogando, dal 10 dicembre 1984, l'art. 44 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, consente, allargando le ipotesi previste da quest'ultimo articolo a tutti i primi dirigenti, valutati e non promossi alla qualifica superiore il collocamento a riposo a domanda, non più, dunque, d'ufficio -aggiunge: <In assenza di questa norma l'Amministrazione della pubblica sicurezza sarebbe costretta a collocare a riposo d'ufficio diversi funzionari in età non ancora avanzata e nella pienezza della loro capacita operativa>. Sembra, pertanto, superfluo citare altre testimonianze ad ulteriore riprova della non congruità del sistema adottato dall'articolo impugnato a raggiungere le assunte finalità d'efficienza della Polizia di Stato.
4. - Ma il sistema di snellimento di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 non é razionalmente valido a raggiungere le assunte finalità d'efficienza della Polizia di Stato anche sotto altro profilo: come s'é innanzi accennato, tal sistema non opera un diretto confronto tra coloro che vengono collocati d'ufficio a riposo e coloro che dovrebbero coprire le posizioni di ruolo dei predetti.
A prima vista sembra che tal confronto vi sia; data la maggiore anzianità di ruolo, i collocati a riposo dovrebbero essere meno giovani, anagraficamente, dei destinati a subentrare al loro posto. Sennonché, da un canto uno snellimento dei ruoli dirigenti operato in base a superiorità determinate da ragioni di maggiore gioventù non é, per sé, necessariamente produttivo di maggiore efficienza e d'altro canto neppure un sicuro ringiovanimento e assicurato dal sistema adottato dall'art. 44 qui in esame: funzionari che, a decorrere dal 25 aprile 1984, abbiano raggiunto trenta anni d'effettivo servizio nei ruoli dei commissari e dei dirigenti della Polizia di Stato, di cui dieci nella qualifica rivestita, ben possono, infatti, essere, sia pur non di norma, più giovani d'età di quelli che tali anni di servizio non assommano.
In ogni caso, vero é che un diretto confronto tra i collocati a riposo d'ufficio ed i subentranti, al fine d'una comparazione tra le attitudini, le capacita operative ecc. degli uni e degli altri, comparazione idonea, ovviamente, a raggiungere l'assunta finalità di maggiore efficienza della Polizia di Stato, non é rinvenibile nel d.P.R. in esame. Anzi, va in primo luogo rilevato che la mancata promozione alla qualifica di dirigente superiore non può, certo, valere come giudizio negativo in ordine alla continuazione del servizio in una qualifica inferiore per la quale si sia stati dichiarati idonei e che sia stata mantenuta senza il benché minimo demerito La mancata valutazione positiva per essere ammessi ad una qualifica superiore (nei lavori preparatori della legge 1° aprile 1981, n. 121, si era peraltro inizialmente previsto che soltanto dopo tre valutazioni negative e non dopo una sola, per la promozione alla qualifica di dirigente superiore, si sarebbe stati collocati a riposo, in presenza, s'intende, dei trenta anni di servizio di cui dieci nella qualifica rivestita) non può incidere sul proseguimento dell'adempimento delle funzioni connesse ad una qualifica nella quale, in precedenza, si sia stati inquadrati e nello svolgimento delle quali non si sia demeritato.
Ma va aggiunta, a questo proposito, un'ultima considerazione: il superamento dello scrutinio per merito comparativo per la promozione a dirigente superiore non deriva soltanto dall'idoneità, dalle capacità professionali ecc. dello scrutinato a rivestire la qualifica stessa ma anche, come s'é già accennato, dalla quantità di posti disponibili. Sicché, il collocamento a riposo dei primi dirigenti ex art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 non solo non dipende da un confronto diretto attinente alle capacità professionali, esperienza ecc., tra i collocati a riposo ed i <subentranti> ma deriva da situazioni comunque dipendenti anche da <alee> che da un canto non possono ricadere ad ulteriore danno dei non scrutinati e d'altro canto non valgono certo a garantire maggiore efficienza alla Polizia di Stato.
Per le considerazioni innanzi esposte l'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 é manifestamente incongruo a raggiungere le assunte finalità di maggiore efficienza della Polizia di Stato.
S. -In base alle precedenti considerazioni devono ritenersi mancare obiettive e razionali giustificazioni della discriminazione che, sotto due diversi profili, dovrebbero subire, ove l'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 non fosse dichiarato illegittimo, i primi dirigenti della Polizia di Stato che, con decorrenza dal 25 aprile 1984 e prima del 1° dicembre 1984, si siano venuti a trovare nella situazione dallo stesso articolo indicata.
I predetti primi dirigenti, con l'articolo impugnato, sono divenuti, infatti, in primo luogo, destinatari d'un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a quello riservato al personale con qualifica corrispondente delle altre amministrazioni statali. L'assunta specificità dell'ordinamento della Polizia di Stato può legittimare la scelta del criterio di promozione alla qualifica di dirigente superiore (questore) esclusivamente attraverso lo scrutinio per merito comparativo, con la conseguente esclusione del criterio della promozione per anzianità senza demerito, ma non può certo legittimare che quest'ultima anzianità, unitamente alla mancata promozione a dirigente superiore (mancata promozione che, come s'é innanzi precisato, non può, ovviamente, esser considerata valutazione negativa rispetto alle funzioni connesse all'inferiore qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato) si capovolga in elemento per esser collocati, d'ufficio, anticipatamente a riposo: ritenendosi, cosi, gli stessi primi dirigenti non più utilizzabili neppure per l'esercizio di funzioni per le quali erano stati dichiarati idonei e che a lungo hanno esercitato senza demerito; e tutto ciò in difetto di valutazioni negative attinenti alle funzioni esercitate e connesse con la minore qualifica rivestita.
In secondo luogo, i primi dirigenti che, alla data del 25 aprile 1984, si son venuti a trovare nelle condizioni di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 e che sono stati collocati a riposo in virtù del disposto dello stesso articolo, hanno subito un trattamento ingiustificatamente deteriore anche rispetto ai primi dirigenti che, non avendo ancora maturato, alla predetta data, i trenta anni di servizio ed i dieci anni di qualifica di primo dirigente, sono stati mantenuti in servizio: questi ultimi, invero, maturando i citati requisiti dopo il 1° dicembre 1984, si son venuti a trovare nella fortunata condizione di poter optare per la continuazione del servizio o per l'anticipato collocamento a riposo ex art. 1 del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 858, convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 19, decreto che, appunto, ha abrogato l'impugnato art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 a decorrere dal 1° dicembre 1984.
Ed é quasi superfluo aggiungere che ne la qualifica di dirigente superiore, attribuita, ai sensi dell'impugnata norma, ai collocati a riposo in esecuzione del disposto della stessa norma ne l'opzione, ai sensi del d.P.R. n. 551 del 1981, emanato in attuazione della delega di cui all'art. 107 della legge 1° aprile 1981, n. 121, per il passaggio all'Amministrazione civile dell'interno o ad altre Amministrazioni dello Stato, possono esser ritenuti elementi validi a superare l'illegittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335.
Ultima considerazione: come s'é innanzi accennato, chiara riprova dell'illegittimità dell'anticipato collocamento a riposo d'ufficio dei primi dirigenti, disposto dall'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982, é costituita dall'abrogazione del predetto disposto a meno di otto mesi dal 25 aprile 1984 e cioè a brevissimo tempo dall'effettiva decorrenza dell'attuazione del disposto stesso. E si deve aggiungere che la predetta abrogazione e avvenuta con decreto-legge: lo stesso legislatore ha, dunque, ritenuto non solo necessario, assolutamente indispensabile, come si esprime la relazione al disegno di legge n. 1086, comunicato alla Presidenza del Senato il 20 dicembre 1984, ma urgente impedire che il mantenimento in vigore dell'art. 44 del d.P.R. n. 335 del 1982 apportasse altri gravi pregiudizi all'Amministrazione.
L'art. 44 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 si rivela, in conclusione, in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30/11/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI- Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 11/12/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Renato DELL'ANDRO, REDATTORE