SENTENZA N.347
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 (Stato giuridico ed economico dei sottufficiali del regio esercito), in relazione all'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626 (Estensione ai militari del regio esercito e della regia marina delle nuove disposizioni sulle pensioni), promosso con ordinanza emessa il 2 dicembre 1987 dalla Corte dei conti sui ricorsi riuniti proposti da Morati Antonio contro il Ministero della Difesa, iscritta al n. 27 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Considerato in diritto
1.-La Corte dei conti dubita della legittimità costituzionale dell'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 nella parte in cui non prevede che il sottufficiale dell'esercito, rimosso dal grado e cessato dal servizio per condanna penale, possa conseguire il diritto a pensione al compimento di quindici anni di effettivo servizio anziché dell'ordinario periodo di venti anni.
Ad avviso del giudice a quo tale limitazione prevista per i sottufficiali e in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in relazione all'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626 che invece riconosce il diritto a pensione agli ufficiali, dispensati dal servizio di autorità, che abbiano maturato il più breve periodo di servizio di quindici anni.
2. - La questione é fondata.
Come é già stato affermato da questa Corte (sentenze n. 236 del 1985, n. 255 del 1982 e n. 144 del 1971) in relazione ad analoghe questioni, nelle quali era stato invocato come tertium comparationis l'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626, riguardante gli ufficiali, non vi è dubbio che, raffrontando con questa norma quella denunziata con l'ordinanza di rinvio, risulta una situazione di disparità incompatibile con il parametro costituzionale invocato.
Al riguardo si é difatti rilevato (sentenza n. 144 del 1971 cit.) che é privo di giustificazione il trattamento differenziato in materia di pensione operato nei confronti di persone appartenenti alle stesse forze armate <non avendo la differenza di grado alcuna rilevanza rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il diritto a pensione>.
Con riferimento poi all'avvenuta abrogazione di entrambe le norme poste fra loro a raffronto per effetto dell'art. 254 del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, questa Corte ha in più occasioni già avuto modo di affermare (sentenze n. 255 del 1982 cit., n. 77 del 1963 e n. 4 del 1959) la sindacabilità anche di norme abrogate ogni qualvolta possa parlarsi di efficacia e di applicazione della legge, indipendentemente dalla sua avvenuta abrogazione, e ciò salvo che si tratti di fatti verificatisi successivamente alla data in cui tale norma ha cessato di avere vigore.
Quest'ultima ipotesi non ricorre nel caso oggetto del giudizio a quo, relativamente al quale i presupposti di fatto si erano verificati completamente sotto l'imperio della disciplina abrogata, il che, secondo quanto già affermato da questa Corte (sentenza n. 255 del 1982), rende inoperante la retroattività disposta dall'art. 256 del citato testo unico del 1973, che non può incidere sui diritti quesiti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 (Stato giuridico ed economico dei sottufficiali del regio esercito) nella parte in cui non prevede il diritto a pensione dei sottufficiali dell'esercito che, avendo un'anzianità di quindici anni di servizio, siano stati rimossi dal grado e siano cessati dal servizio per condanna penale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 22/06/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE