ORDINANZA N.292
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge 7 agosto 1982, n. 516 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, recante norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), promosso con ordinanza emessa il 2 dicembre 1987 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Caserta sul ricorso proposto da Montini Pietro - legale rappresentante della S.p.a. <Menyanthes> - contro l'Ufficio del Registro di Sessa Arunca, iscritta al n. 554 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale dell'anno 1988.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'avviso di liquidazione con cui l'Ufficio del Registro, a seguito di un'istanza di condono, aveva richiesto il pagamento dell'imposta complementare IN.V.IM. per decorso decennio, la Commissione tributaria di secondo grado di Caserta ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, comma secondo, del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 1982, n. 516;
che la norma impugnata viene censurata nella parte in cui, nel disciplinare la liquidazione delle istanze di condono tributario - prevedendo, in riferimento ad alcuni tributi fra cui l'IN.V.IM., che <l'incremento imponibile complessivamente assoggettato ad imposta non può comunque essere inferiore al 20% del valore dichiarato>-modifica il criterio di liquidazione previsto dall'originario decreto-legge, cosi determinando un'ingiustificata disparità di trattamento <tra coloro che hanno avuto occasione di definire la pendenza tributaria vigente la disposizione prevista dal decreto-legge e quelli che hanno definito la vertenza dopo la conversione in legge del decreto medesimo>;
che, ad avviso del giudice a quo, gli effetti di tale discriminazione sarebbero aggravati dall'art. 32 dello stesso testo legislativo che, prevedendo l'irrevocabilità della domanda di condono, non consente, a chi l'aveva presentata nella vigenza del decreto-legge, di ritirarla, una volta modificati - dalla legge di conversione - i criteri di liquidazione;
che é intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione venga dichiarata infondata.
Considerato che il carattere naturalmente provvisorio di un decreto-legge che, come nella specie, preveda taluni benefici per i soggetti che dichiarino di volersene avvalere, non esclude che la legge di conversione possa apportarvi modifiche meno favorevoli rispetto alle previsioni del decreto originario;
che, in dipendenza di tale eventualità, non appare irragionevole che colui il quale - conformemente ad un decreto legge non ancora convertito-si sia avvalso della facoltà di presentare la dichiarazione integrativa per la definizione di una pendenza tributaria debba soggiacere, poi, alla disciplina, anche se più svantaggiosa, introdotta dalla legge di conversione, allorché la definizione della vertenza avvenga dopo l'entrata in vigore di quest'ultima;
che, proprio in tale prospettiva, la previsione dell’irrevocabilità della dichiarazione integrativa, in quanto espressamente indicata nel testo originario del decreto legge in esame (art. 32), lungi <dal privilegiare la posizione - nel rapporto tributario - dello Stato>, come sostiene invece il giudice a quo, già consentiva al contribuente di valutare l'eventualità che la definizione del procedimento, ove fosse avvenuta dopo l'entrata in vigore della legge di conversione, sarebbe stata assoggettata alla disciplina risultante dalle modifiche eventualmente introdotte da quest'ultima legge;
che tale carattere provvisorio del decreto legge, che costituisce immediata conseguenza del tipo di procedimento formativo della norma, esclude che possa considerarsi ingiustificata la denunciata disparità di trattamento rispetto a coloro nei cui confronti la definizione sia eventualmente avvenuta prima della conversione;
che, difatti, - a parte che si é in presenza di un’ipotesi alquanto improbabile nel caso di specie tenuto conto del breve periodo di tempo intercorso per la conversione, (come posto in evidenza dall'Avvocatura generale dello Stato)la disparità costituisce in ogni caso una conseguenza di mero fatto, collegata alla diversità dei momenti di attuazione;
che, altrimenti, si verrebbe ad affermare che un decreto legge non possa avere mai immediata applicazione, in vista delle possibili modifiche della legge di conversione oppure che la legge di conversione, ove disponga modifiche, debba necessariamente assoggettarvi anche i rapporti esauritisi sotto l'imperio del decreto legge, conseguenze, queste, che non discendono dai principi che regolano la materia; che proprio tali principi, salvo espressa previsione contraria, consentono che alcuni rapporti vengano definiti in base alle previsioni del decreto legge ed altri da quelle della legge di conversione, senza che ciò appaia irragionevole, essendosi in presenza di situazioni riferite a tempi diversi, il che ne giustifica la differente disciplina (vedi, fra le altre, sentenze n. 159 del 1987 e n. 1019 del 1988);
che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, secondo comma del decreto legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria) come modificato con legge di conversione 7 agosto 1982, n. 516, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Caserta, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/05/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI.
Depositata in cancelleria il 25/05/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE