SENTENZA N.249
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 387, terzo comma, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 395, terzo comma, e 399 dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1988 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Porrone Giancarlo, iscritta al n. 769 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1989 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Considerato in diritto
1. - La Corte di cassazione reputa non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità dell'art. 387, terzo comma, del codice di procedura penale, relativamente anche agli artt. 395, terzo comma, e 399 dello stesso codice, <nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152 - comma secondo - cod. proc. pen., avverso la sentenza del Giudice istruttore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per remissione della querela>, La norma impugnata risulterebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto priverebbe l'imputato <del diritto, conferito invece al Pubblico Ministero, di impugnare, con l'appello, la sentenza istruttoria di proscioglimento per remissione di querela e, perciò, della possibilità di ottenere dal giudice di appello un riesame dei fatti più ampio di quello che può compiere il giudice di legittimità>.
2.-Posta di fronte ad un ricorso - con il quale l'imputato, prosciolto per remissione della querela al termine di una complessa istruzione formale (donde la rilevanza della questione in ordine all'art. 387 e non anche agli artt. 395 e 399, concernenti rispettivamente l'istruzione sommaria del pubblico ministero e quella del pretore), si doleva che nella motivazione della sentenza impugnata fosse stata ritenuta dal giudice istruttore <l’esistenza degli elementi costitutivi di un reato di truffa>, chiedendo, <in sostanza>, attraverso l'annullamento senza rinvio di tale decisione, <di essere prosciolto nel merito, in applicazione della norma di cui al capoverso dell'art. 152 C.P.P.>-la Corte di cassazione esprime l'avviso che, anche nei riguardi dell'estinzione del reato per remissione della querela, possano valere, in ordine alla mancata previsione dell'appello, le argomentazioni svolte e, quindi, le conclusioni raggiunte da questa Corte nella sentenza n. 224 del 1983. Sentenza con la quale - muovendo dal rilievo secondo cui <le sentenze istruttorie di proscioglimento per estinzione del reato a seguito di amnistia o di prescrizione che ... escludono l'applicabilità dell'art. 152, comma secondo, cod. proc. pen., in quanto contengono una sostanziale dichiarazione di colpevolezza, possono arrecare agli imputati pregiudizi di ordine morale e giuridico>-e stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 387, terzo comma, del codice di procedura penale, <nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, comma secondo, cod. proc. pen., avverso la sentenza del Giudice istruttore, che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per amnistia o prescrizione>.
3. - La questione é fondata.
La ratio decidendi posta a base, con riguardo all'amnistia ed alla prescrizione, della sentenza n. 224 del 1983, ancora di recente richiamata dalla sentenza n. 922 del 1988, non può non trovare analoga estrinsecazione in rapporto alla remissione della querela, anch'essa qualificata dal nostro ordinamento penale causa di estinzione del reato (art. 152, primo comma, del codice penale): una causa di estinzione che, per il fatto di implicare la mancata ricusazione del querelato, appare particolarmente accostabile all'amnistia da quando (v. sentenza n. 175 del 1971) é stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 151, primo comma, del codice penale nella parte in cui esclude la rinuncia all'applicazione di quest'ultima.
Allorché la sentenza istruttoria di proscioglimento riconosce che il reato e estinto per remissione della querela dopo aver accettate l'esistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, cosi escludendo l'applicabilità delle formule più ampiamente liberatorie richiamate nel secondo comma dell'art. 152 del codice di procedura penale (ipotesi inevitabile quando, come nella specie, la procedibilità a querela e, perciò, la remissione di questa abbiano assunto rilievo solo in seguito all'esclusione della circostanza aggravante che rendeva il fatto contestato perseguibile d'ufficio), non può negarsi all'imputato prosciolto per remissione della querela l'interesse a sottoporre la mancata applicazione dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale alla verifica di un giudice di merito prima che alla verifica del giudice di legittimità. Anche se l'uno e l'altro, data la presenza di una causa di estinzione del reato, debbono decidere <allo stato degli atti>, solo il primo può prendere in esame e vagliare direttamente le risultanze processuali. La Corte di cassazione deve, invece, attenersi alla situazione di fatto quale emerge dalla sentenza impugnata.
Evidente é il pregiudizio di ordine morale che deriva al prosciolto dall'enunciata sussistenza degli elementi costitutivi del reato oggetto di addebito, ma nemmeno vanno esclusi pregiudizi di ordine giuridico. Se e vero che la sentenza istruttoria di proscioglimento, qualunque ne sia la formula, mai comporta, data la sua inidoneità ad assumere efficacia di giudicato, preclusione all'esercizio sia dell'azione risarcitoria sia dell'azione disciplinare, e altrettanto vero che ben diversa influenza possono avere nei giudizi extra-penali l'accertamento e la valutazione dei fatti operate dal giudice penale, a seconda che siano sfociate o no nel riconoscimento della sussistenza di elementi rilevanti a fini risarcitorie disciplinari. Persino quando nell'atto di remissione il querelante abbia fatto espressa rinuncia alla restituzione ed al risarcimento del danno, come permette l'art. 152, quarto comma, del codice penale, con conseguente definitiva preclusione dell'azione civile risarcitoria (circostanza, peraltro, non verificatasi nella specie), restano la possibile influenza sull'azione disciplinare e, in ogni caso, il sempre delicato pregiudizio di ordine morale.
4. - Una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 387, terzo comma, del codice di procedura penale, <nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del giudice istruttore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per remissione della querela>, questa Corte non ha motivo di adottare analoga pronuncia-nemmeno ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - nei confronti dell'art. 395, secondo comma, del codice di procedura penale, pur indirettamente richiamato dal giudice a quo, in quanto tale comma non contiene alcuna autonoma previsione di impugnabilità per le sentenze istruttorie di proscioglimento pronunciate dal giudice istruttore su richiesta del pubblico ministero al termine dell'istruzione sommaria, ma si limita a richiamare per il procuratore generale e per l'imputato <le facoltà indicate nell'art. 387>.
Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve, invece, essere dichiarata d'ufficio l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, anch'esso indirettamente richiamato dal giudice a quo, <nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per remissione della querela>.
Non vi é, infine, motivo di occuparsi degli artt. 512 n. 2 e 513 n. 3 del codice di procedura penale, concernenti l'appellabilità delle sentenze dibattimentali da parte dell'imputato, giacche entrambi, grazie alla novellazione operata dagli artt. 3 e 4 della legge 31 luglio 1984, n. 400, consentono espressamente all'imputato di proporre appello qualora il proscioglimento sia stato pronunciato per estinzione del reato, con il solo limite che non si tratti di proscioglimento da contravvenzione punibile esclusivamente con l'ammenda, aspetto qui non in discussione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 387, terzo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del giudice istruttore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per remissione della querela;
b) dichiara d'ufficio, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per remissione della querela.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/05/89.
Francesco SAJA- Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 18/05/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE