SENTENZA N.1127
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale 27 gennaio 1988 avente per oggetto <Disposizioni di attuazione dei principi fissati dalle norme dello Stato in materia di permessi per attività sindacali in attesa della definizione intercompartimentale della disciplina unitaria delle relazioni sindacali>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 16 febbraio 1988, depositato in cancelleria il 23 febbraio 1988 ed iscritto al n.9 del registro ricorsi 1988.
Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell'udienza pubblica del 25 ottobre 1988 il giudice relatore Ugo Spagnoli;
uditi l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi, per il ricorrente, e l'avv. Federico Sorrentino per la Regione.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la delibera legislativa della Regione Liguria riapprovata il 27 gennaio 1988, recante <Disposizioni di attuazione dei principi fissati dalle norme dello Stato in materia di permessi per attività sindacali in attesa della definizione intercompartimentale della disciplina unitaria delle relazioni sindacali>. A suo parere tale delibera sarebbe viziata da eccesso di competenza, ai sensi dell'art. 117 Cost., perché interverrebbe in una materia non attribuita alle Regioni e riservata invece, dall'art. 47 della l. n. 833 del 1978, alla regolamentazione in base ad accordi sindacali, tradottasi nell'art. 36 del d.P.R. n.270 del 1987, di recepimento dell'accordo per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale.
2.-L'eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dalla difesa della Regione non può essere accolta.
Infatti, come questa Corte ha anche di recente ribadito (sent. n. 726 del 1988), <il principio della corrispondenza sostanziale tra motivi del rinvio e motivi del ricorso si intende rispettato anche quando i primi siano formulati in modo sintetico e sommario, sempreché la Regione sia stata ragionevolmente messa in grado di rendersi conto della consistenza delle obiezioni rivoltele in sede di rinvio e che queste coincidano sostanzialmente con quelle più ampiamente trattate nel ricorso>.
Nel caso presente invero non manca nel telegramma di rinvio l'enunciazione-sia pure in forma assai succinta- delle censure di estraneità dell'oggetto della legge impugnata dalla sfera di competenza regionale e della sua riserva alla contrattazione sindacale, poi sviluppate nel ricorso.
3. - Il ricorso è fondato.
La materia dei permessi per attività sindacali, infatti, gode di un regime particolare, che esclude la legittimità di interventi legislativi regionali come quello realizzato con la legge denunziata.
Sia il d.P.R. n. 761 del 1979-che, in attuazione della delega disposta dall'art. 47, terzo comma della legge di riforma sanitaria, disciplina lo stato giuridico del personale delle UU.SS.LL.-sia la successiva legge-quadro sul pubblico impiego fanno oggetto la materia de qua di apposita e separata considerazione rispetto al complesso degli istituti concernenti il trattamento del personale. L'art. 62 del menzionato decreto presidenziale dichiara applicabile ai dipendenti delle UU.SS.LL. la disciplina dei diritti sindacali-ivi compresa dunque quella dei permessi-posta dallo Statuto dei lavoratori <con le integrazioni e le norme di attuazione stabilite nell'accordo nazionale unico> previsto dall'art. 47, 8° comma della l. n. 833 del 1978.
L'art. 23 della legge-quadro n. 93 del 1983, nell'estendere le disposizioni sulla tutela sindacale contenute nel medesimo Statuto al personale delle amministrazioni pubbliche, specifica che all'applicazione di alcune di esse-tra le quali quelle relative ai permessi-si provvede <con norme da emanarsi in base agli accordi sindacali di cui ai precedenti articolo della stessa legge.
Da entrambe le riferite disposizioni si ricava dunque senza ombra di dubbio che, anche al di la della generale ripartizione dell'intera materia del trattamento del personale fra atti legislativi unilaterali e normativa adottata in base ad accordi -secondo i criteri ricavabili, per quanto qui interessa, dall'art. 47 della l. n. 833 del 1978 e dagli artt. 2 e 3 della legge- quadro-la regolamentazione dei permessi per attività sindacali e riservata alla disciplina mediante contrattazione collettiva. Tale principio ha trovato applicazione sia negli accordi nazionali relativi al triennio 1985-1987 (d.P.R. n. 13 del 1986 e d.P.R. n. 270 del 1987) sia nell'accordo intercompartimentale per il triennio 1988-1990 (d.P.R. n. 395 del 1988), i quali tutti hanno riaffermato l'assorbimento della materia dei permessi sindacali nella sfera della normativa pattizia (nello stesso senso è inteso pure l'accordo per il personale degli enti locali, comprese le Regioni, di cui al d.P.R. n. 268 del 1987, art. 75).
In questo ambito si colloca la disposizione ricordata dal ricorso governativo, e cioè l'art. 36 del menzionato d.P.R. n. 270 del 1987, relativo al comparto del personale sanitario, il quale ha dettato una disciplina transitoria del problema, da valere fino alla compiuta definizione dello stesso ad opera di successivi accordi.
Una volta riconosciuto il principio dell'attribuzione della materia in oggetto alla contrattazione sindacale, e del tutto inconferente, ai fini della valutazione della presente questione, l'esame dell'ulteriore quesito-prospettato dalla difesa della Regione - circa il tipo di accordo , se compartimentale o intercompartimentale, astrattamente competente a porre la concreta disciplina: e ciò anche perché nel sistema della legge-quadro la scelta tra i due strumenti, in assenza di esplicite disposizioni legislative in contrario, è rimessa alle valutazioni e alle intese dei soggetti della contrattazione, e perché, comunque, l'esito finale delle trattative concernenti il personale delle UU.SS.LL. si traduce, in entrambi i casi, nell'adozione di decreti di recezione, che sono atti dello Stato.
Né potrebbe sostenersi, come fa la difesa della Regione, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che, pur in presenza di tali accordi, resterebbe assicurato alla Regione medesima uno spazio di intervento al fine di adeguarli alle peculiarità dell'ordinamento dei propri uffici e alle disponibilità del proprio bilancio.
L'affermazione in tal senso della ricordata giurisprudenza è infatti riferita all'ipotesi di accordi (ex art. 10 legge-quadro) relativi al trattamento del personale degli uffici della Regione o di enti da essa dipendenti.
L'assunto non riguarda dunque la diversa ipotesi del trattamento del personale sanitario, il quale (come ha precisato anche la sent. n. 219/1984) non dipende dalle Regioni, ma dall'organo di gestione delle UU.SS.LL. (art. 47, secondo comma, l. n. 833 del 1978), che non sono enti strumentali di quelle, ma <strutture operative dei comuni singoli o associati, e delle comunità montane> (art. 15, primo comma stessa legge).
Proprio perciò, il relativo regime giuridico ed economico e correttamente affidato ad atti normativi dello Stato (v. artt. 47, terzo e ottavo comma, l. n. 833 del 1978, 9 l. n. 93 del 1983) e sfugge alla competenza concorrente in materia di <assistenza sanitaria ed ospedaliera> attribuita alle Regioni. A queste ultime - nel complesso intreccio di competenze risultante dall'attuale assetto del sistema sanitario nazionale (v. sent. 245 del 1984)-sono riconosciuti soltanto, in relazione ai molteplici compiti loro spettanti in ordine alla struttura, gestione e funzionamento delle UU.SS.LL. (art. 15, undicesimo comma, l. n. 833 del 1978), una competenza meramente delegata e di attuazione degli atti legislativi statali adottati sulla base del terzo comma dell'art. 47 della legge di riforma sanitaria e, quanto alla materia rimessa alla disciplina contrattuale, il potere di partecipare-che nella specie è stato esercitato - a mezzo di propri rappresentanti, al procedimento che porta alla conclusione dei relativi accordi (v. sent. n. 219 del 1984, e il testo dell'art. 9 della legge-quadro, come modificato dall'art. 1 l. 8 agosto 1985, n.426).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo unico della legge della Regione Liguria riapprovata il 27 gennaio 1988 (<Disposizioni di attuazione dei principi fissati dalle norme dello Stato in materia di permessi per attività sindacali in attesa della definizione intercompartimentale della disciplina unitaria delle relazioni sindacali>).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/12/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Ugo SPAGNOLI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 20 Dicembre 1988.