Sentenza n.1105 del 1988

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SENTENZA N.1105

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 404, primo comma, cod. proc. civ. in relazione all'art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1987 dal Tribunale di Velletri nel procedimento civile vertente tra Toti Rocco e Verrelli Gino, iscritta al n. 110 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14/I ss. dell'anno 1988;

udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.

Considerato in diritto

1. - E' sollevata dal Tribunale questione di legittimità costituzionale dell'art. 404, primo comma, c.p.c., nella parte in cui, secondo la costante giurisprudenza anche della Cassazione, non e ammessa l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza prevista dall'art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607, in tema di affrancazione di enfiteusi o rapporti similari con riferimento agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, Cost., per la disparità di trattamento che si verificherebbe tra il terzo che si assume leso dall'ordinanza in esame, come nella specie non notificatagli, ed il terzo che si assume leso dalla sentenza emessa, ove sia stata promossa contestazione da una delle parti, per la perdita del diritto connessa alla mancata tutela dinanzi al giudice.

La questione è fondata.

Il procedimento delineato dalla legge 22 luglio 1966, n. 607, per l'affrancazione dell'enfiteusi e dei rapporti ad essa assimilabili si colloca nella categoria dei procedimenti sommari che si caratterizzano per la successione di due fasi, integrate, tuttavia, in un unico processo di tipo giurisdizionale e contenzioso; la prima necessaria e a cognizione sommaria, affidata inderogabilmente al Pretore e che si conclude con l'ordinanza immediatamente esecutiva, destinata a divenire definitiva in caso di mancata prosecuzione del processo; la seconda, eventuale, a cognizione piena, affidata inderogabilmente alla Sezione specializzata agraria, che si conclude con sentenza impugnabile, poi, secondo il rito ordinario.

Per i profili processuali, questa Corte non ha ritenuto la legge costituzionalmente illegittima (sentenza n. 53 del 1974).

La detta ordinanza, sebbene abbia natura provvisoria ed ordinatoria e, per questo, sia stata ritenuta non impugnabile direttamente, ma soggetta al sindacato dal giudice di cognizione nella fase successiva che si instaura eventualmente dinanzi al Tribunale, e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata ove non venga promosso nei termini, in caso di contestazione, il giudizio di cognizione per l'accertamento definitivo del diritto di affrancazione.

Sicché, il terzo che non ha avuto notizia del procedimento instaurato dinanzi al Pretore, anche perché non individuato come controinteressato all'affrancazione richiesta, e che, invece, pretende di essere egli il titolare del diritto di affrancazione al posto di colui che ha agito ed ha ottenuto l'ordinanza pretorile, a seguito e per effetto dell'ordinanza stessa potrebbe perdere, eventualmente anche in modo definitivo, il diritto preteso per il mancato riconoscimento della tutela giudiziale, se non avesse la possibilità di farlo valere in giudizio.

Risulterebbero, quindi, violati gli artt. 24 Cost., che assicura, invece, la tutela giudiziaria ai titolari dei diritti, e 3 Cost., per la palese disparità di trattamento che si verifica senza giustificato motivo tra colui che agisce o che e chiamato a contraddire secondo la sommaria valutazione effettuata dal Pretore, in base all'art. 3 della legge in esame, e colui che, benché titolare del diritto di affrancazione, per il diniego della tutela e per la interpretazione restrittiva data all'art. 404 c.p.c., rimane fuori del processo e rischia di perdere il diritto di cui e titolare.

Pertanto, va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 404 c.p.c. così come finora interpretato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 404 c.p.c. nel la parte in cui non ammette opposizione di terzo avverso l'ordinanza con la quale il Pretore dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4, legge 22 luglio 1966, n. 607.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 20 Dicembre 1988.