SENTENZA N.1061
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale 2 luglio 1986, riapprovata il 27 novembre 1987, dal Consiglio regionale della Regione Campania, avente per oggetto: <Integrazione e modifica della legge regionale 11 novembre 1980, n. 64 (<Istituzione dei ruoli nominativi regionali del personale del Servizio sanitario nazionale e disciplina per l'iscrizione nei ruoli medesimi del personale da destinare alle unita sanitarie locali>), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 17 dicembre 1987, depositato in cancelleria il 24 dicembre 1987 successivo ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 1987.
Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
uditi l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il ricorrente, e l'avv. Ermanno Bocchini per la Regione.
Considerato in diritto
1.-Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato in via principale la legge della Regione Campania - approvata il 2 luglio 1986 e riapprovata il 27 novembre 1987, a seguito di rinvio del Governo - recante norme di <integrazione e modifiche della legge regionale 11 novembre 1980 n. 64> in materia di inquadramento del personale delle Unita sanitarie locali.
La legge impugnata prevede che, ai fini dell'inquadramento di tale personale nei ruoli nominativi regionali del personale del Servizio sanitario nazionale, la data entro la quale debbono essere posseduti i requisiti di anzianità, di servizio e di qualifica è quella di decorrenza degli effetti giuridici del d.P.R. n. 348 del 1983 e cioè il 1° gennaio 1983.
Si sostiene nel ricorso dello Stato che-stabilendosi quest'ultima data come momento cui debba farsi riferimento per determinare lo stato giuridico del personale da inquadrare, e ciò in difformità da quanto previsto dall'art. 64 del d.P.R. n. 761 del 1979, che fissa tale momento, per tutto il territorio nazionale, al 20 dicembre 1979 - la legge regionale ha ecceduto i propri limiti. In base all'art. 47 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 spetta, difatti, allo Stato la disciplina del personale delle Unita sanitarie locali, avendo le regioni solo competenza attuativa a norma dell'ultimo comma dell'art. 117 Cost.
Si sostiene altresì che risulterebbe anche violato l'art. 81 Cost., perché la legge regionale, comportando nuovi oneri finanziari, non indica i mezzi per farvi fronte.
2.-Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Regione Campania nell'assunto dell'avvenuta implicita abrogazione della norma statale (art. 64 del d.P.R. n. 761 del 1979, rispetto alla quale e stata denunciata dallo Stato la difformità della legge regionale impugnata) per diversa regolamentazione della materia ad opera della legge 29 marzo 1983 n. 93, come modificata dalla legge 8 agosto 1985 n. 426.
La genericità della asserzione contenuta nella memoria difensiva della Regione non consente di individuare sotto quale profilo la richiamata normativa statale sopravvenuta possa far ritenere implicitamente abrogato l'art. 64 del d.P.R. n. 761 del 1979, che fissava al 20 dicembre 1979 la data cui dovesse farsi riferimento per determinare i requisiti e le condizioni inerenti alle qualifiche, ai livelli, all'esercizio di funzioni, alle anzianità di servizio e di qualifica del personale da inquadrare nel servizio sanitario nazionale.
Parimenti deve essere disatteso l'altro profilo di inammissibilità dedotto dalla Regione Campania, la quale assume che la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 9 e 10 della legge-quadro sul pubblico impiego (legge 29 marzo 1983 n. 93), ad opera della sentenza n. 219 del 1984, avrebbe comportato come conseguenza l'affermazione del principio secondo cui la materia sanitaria sarebbe interamente riservata alla competenza legislativa regionale.
Osserva al riguardo la Corte che, a parte le difficoltà di individuare i termini per cui sotto tale profilo si manifesterebbe l'inammissibilità, la sentenza richiamata dalla difesa della Regione resistente si riferisce alla materia della contrattazione collettiva, disciplinata dalla legge-quadro n. 93 del 1983, onde le statuizioni in essa contenute e le esigenze- nella stessa pronuncia evidenziate - di adeguamento degli accordi collettivi nazionali alle peculiarità di ciascuna regione, non possono esplicare influenza sulla fattispecie oggetto del presente giudizio.
3. -Nel merito il ricorso, proposto con riferimento all'art. 117 Cost., è fondato.
Come può desumersi per argumentum dalla sentenza n. 610 del 1988, questa Corte ha già ritenuto rispondente al riparto costituzionale delle competenze fra Stato e Regioni la riserva alla legislazione statale della materia degli organici delle USL, essendo la compressione delle competenze regionali nella materia giustificata dalle esigenze unitarie che, in sede di riforma sanitaria, risultano ripetutamente espresse nella legge n. 833 del 1978 e che postulano una disciplina uniforme del personale.
Discende come conseguenza di questa esigenza unitaria la previsione dell'inquadramento del personale proveniente dagli organismi sanitari e mutualistici preesistenti prendendo come punto di riferimento, per determinare lo stato giuridico di ciascun dipendente, la medesima data per tutti, essendosi voluto in questo modo, proprio in vista della diversità dei tempi di attuazione della riforma in ciascuna regione, assicurare l'uniformità di trattamento nel passaggio dal precedente al nuovo assetto organizzativo.
Diversamente perciò da quanto si sostiene dalla Regione resistente, ne dalla sentenza n. 219 del 1984 ne dalla sentenza n. 610 del 1988, possono desumersi argomenti circa la spettanza della disciplina dell'inquadramento del personale delle USL alla potestà legislativa regionale, perché la prima pronuncia, come si e avuto modo di rilevare nell'esaminare le eccezioni di inammissibilità, non ha per oggetto la legge di riforma sanitaria del 1978, mentre la seconda, come illustrato poc'anzi, contiene l'enunciazione di un principio del tutto diverso, laddove il passo di detta sentenza richiamato nella memoria difensiva, nell'affermare la potestà legislativa regionale, si riferisce all'ampliamento delle piante organiche provvisorie delle USL (e non allo stato giuridico del personale) e quindi alla possibilità, da parte delle regioni, in virtu dell'art. 11 della legge n. 833 del 1978, di adeguare la normativa in materia alle singole esigenze regionali.
Quanto poi alla legislazione sull'emergenza, determinata dalle calamita naturali che hanno interessato la Regione Campania, ed alle connesse ordinanze del Commissario straordinario che la difesa della resistente richiama nella memoria difensiva, da tale complesso normativo non e dato di desumere che, nelle numerose deroghe ivi previste, sia compresa anche quella concernente la disciplina statale generale che ha ancorato-in vista dell'esigenza di assicurare un trattamento uniforme per tutto il personale da inquadrare nel servizio sanitario nazionale - alla medesima data il momento di riferimento per determinare lo stato giuridico di ciascun dipendente.
Né può darsi rilievo alla circostanza, dedotta dalla difesa della Regione Campania, secondo cui le calamita naturali e la conseguente legislazione di favore avrebbero comportato, in quella Regione, ritardi nell'attuazione della riforma sanitaria, onde l'esigenza di una legislazione regionale adeguatrice anche con riferimento alla data per determinare lo stato giuridico del personale, ai fini dell'inquadramento. Tale circostanza è, rispetto all'oggetto del presente giudizio, ininfluente, essendo evidente che le posizioni, nel frattempo eventualmente maturate per effetto del trascorrere del tempo, ben potrebbero essere considerate, ove collegate a circostanze obbiettive, ai fini della ricostruzione della carriera di ciascuno in sede di inquadramento nell'ambito del nuovo assetto. Per raggiungere tale scopo non appare necessario alterare il principio sancito nell'art. 64 del d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, quarto comma, secondo cui <i requisiti e le condizioni inerenti alle qualifiche, ai livelli, all'esercizio di funzioni, alle anzianità di servizio e di qualifica ... sono riferiti a quelli già deliberati ed approvati alla data del presente decreto>, essendosi in tal modo voluto proprio evitare, nell'intero territorio nazionale, che le strutture e gli enti di provenienza, ormai destinati allo scioglimento, potessero, nelle more, far conseguire a qualche dipendente posizioni di carriera ingiustificatamente elargite.
4. -L'accoglimento del ricorso sotto l'enunciato profilo esime dall'esame dell'impugnativa proposta in riferimento all'art. 81 Cost., che rimane assorbita.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Campania approvata il 2 luglio 1986 e riapprovata il 27 novembre 1987 avente per oggetto <integrazione e modifica della legge regionale 11 novembre 1980 n. 64> (<Istituzione dei ruoli nominativi regionali del personale del Servizio sanitario nazionale e disciplina per l'iscrizione nei ruoli medesimi del personale da destinare alle unita sanitarie locali>).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/11/88.
Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO
Depositata in cancelleria il 6/12/88.