SENTENZA N.976
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale della l. reg. Friuli-Venezia Giulia riapprovata il 1° febbraio 1982, avente per oggetto: "Indennità di carica per i magistrati del Commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 18 febbraio 1982, depositato in cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 1982.
Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli - Venezia Giulia;
udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
uditi l'Avv. dello Stato Antonio Bruno, per il ricorrente, e l'avv. Gaspare Pacia per la Regione.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri chiede, con il ricorso indicato in epigrafe, che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale della l. reg. Friuli-Venezia Giulia approvata il 16 ottobre 1981 e riapprovata il 1° febbraio 1982, dal titolo "Indennità di carica per i magistrati del Commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici", assumendone il contrasto con gli artt. 117 Cost. e 4 n. 4 st. spec. Friuli-Venezia Giulia, i quali non prevedono tra le competenze regionali la disciplina del trattamento economico dei magistrati.
Più precisamente, il ricorrente, mentre non dubita minimamente della legittimità costituzionale dell'affidamento a magistrati in servizio di compiti relativi allo svolgimento di mansioni amministrative spettanti alla regione, contesta invece la costituzionalità della possibilità che la Regione medesima corrisponda per quei compiti un compenso, in quanto, così facendo, invaderebbe la competenza statale relativa alla determinazione del trattamento economico dei magistrati.
2. - Posta in tali termini, la questione non merita accoglimento.
La Regione Friuli-Venezia Giulia gode, in materia di usi civici, di potestà legislativa esclusiva (art. 4 n. 4 statuto di autonomia). Nell'esercizio di tale competenza, deve esserle pertanto consentito di disciplinare non solo i rapporti sostanziali che sorgono nell'ambito di quella materia, ma anche l'organizzazione regionale chiamata al compito di amministrare il settore.
Poiché, come questa Corte ha già avuto modo di precisare (v. sent. n. 121 del 1979), ciò é consentito alle Regioni a statuto ordinario - alle quali le funzioni amministrative in materia sono state trasferite, prima, con l'art. 1 comma 3 d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11, e poi con l'art. 66 commi 5, 6 e 7 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 - a maggior ragione deve ritenersi che la stessa Regione Friuli-Venezia Giulia, la quale gode in materia di un'autonomia rinforzata, posa disciplinare l'organizzazione dell'esercizio delle competenze sugli usi civici in ogni suo aspetto, vale a dire tanto in relazione alle funzioni da espletare e al personale da adibirvi, quanto in relazione ai mezzi materiali e finanziari occorrenti.
Del resto, come sembra ammettere lo stesso ricorrente (che non contesta il punto), la preposizione di magistrati ai commissariati regionali per la liquidazione degli uso civici non può considerarsi, di certo, una scelta legislativa capricciosa o ingiustificata, trattandosi di funzioni comportanti un'opera di accertamento, di valutazione e di liquidazione, con procedura contenziosa, degli antichi diritti di godimento spettanti a determinate collettività su beni demaniali e privati. Ma il trasferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia delle relative attribuzioni, se ha lasciate intatte le ragioni che inducono a ritenere i magistrati ordinari particolarmente idonei, per le loro competenze, a espletare le corrispondenti funzioni, nello stesso tempo non può non comportare che gli oneri conseguenti allo svolgimento delle medesime funzioni debbano ricadere sulla Regione che ne é titolare.
3. - Contro tale conclusione non può valere l'argomento addotto dal ricorrente, secondo il quale anche l'erogazione del compenso spettante ai magistrati addetti alla liquidazione degli uso civici deve ritenersi di competenza statale, in quanto deve presumersi come rientrante nella disciplina del trattamento economico dei magistrati medesimi. In realtà, quest'ultimo concetto é strettamente limitato ai compensi dovuti ai magistrati in ragione delle funzioni svolte nell'ambito del rapporto di dipendenza che li lega alo Stato. E, se non si può certo contestare che spetti soltanto a quest'ultimo disciplinare lo stato economico dei magistrati, in pari tempo non può disconoscersi che altri enti, come nel caso la Regione Friuli-Venezia Giulia, possano erogare a titolo diverso, a favore degli stessi giudici, compensi conseguenti ad attività che la legge nazionale ritiene non incompatibili con lo stato giuridico dei magistrati.
Da tutto ciò consegue che le censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei Ministri non sono fondate, per il fatto che la legge impugnata non ha inteso disciplinare - come vorrebbe invece il ricorrente - lo stato economico dei magistrati addetti al Commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici, ma ha semplicemente previsto una indennità estranea al trattamento economico dei magistrati, che oltretutto é di un ammontare così basso da incidere in misura minima sulla situazione reddituale degli stessi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della l. reg. Friuli-Venezia Giulia, approvata il 16 ottobre 1981 e riapprovata il 1° febbraio 1982, dal titolo "Indennità di carica per i magistrati del Commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici", sollevata, in riferimento agli artt. 117 Cost. e 4 n. 4 st. F. - V.G., dal Presidente del Consiglio dei Ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11/10/1988.
Francesco SAJA - Antonio BALDASSARRE
Depositata in cancelleria il 19/10/1988.