ORDINANZA N.930
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 aprile 1986 dalla Corte di cassazione, Sezioni unite penali, sul ricorso proposto da Perla Cesarino, parte civile nel procedimento contro Cocchi Dante, iscritta al n. 509 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1986.
Udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che la Corte di cassazione, Sezioni unite penali, investita del ricorso proposto dal legale rappresentante di Perla Cesarino, parte civile nel procedimento penale a carico di Cocchi Dante, ha, con ordinanza del 19 aprile 1986, sollevato, in riferimento all'art . 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale, <nella parte in cui stabilisce che la dichiarazione d'impugnazione della parte che impugna una sentenza o altro provvedimento per i soli interessi civili debba essere notificato alle altre parti a pena di decadenza entro tre giorni, invece che nei termini previsti dal codice di procedura civile per la notificazione delle impugnazioni civili>;
e che la denuncia viene proposta dopo che questa Corte, con sentenza n. 33 del 1986, pronunciata nello stesso procedimento a quo-oltre a dichiarare non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità dell'art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, a favore della parte privata impugnante per i soli interessi civili, il più lungo termine di trenta giorni stabilito dall'art. l99-bis per la notifica della dichiarazione d'impugnazione del pubblico ministero-aveva dichiarato inammissibile, perché formulata in termini tali da lasciare indeterminato il petitum effettivamente perseguito, la questione di legittimità, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dello stesso art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede, a favore della parte privata impugnante per i soli interessi civili, un termine processuale, <di difficile e spesso impossibile realizzazione sanzionato a pena di decadenza>, di soli tre giorni per la notifica della relativa dichiarazione;
considerato che la questione così come riproposta risulta ammissibile, avendo la Corte di cassazione basato <la domanda di illegittimità costituzionale sulla mancata previsione di un termine più breve e ragionevolmente congruo per la notificazione dell'impugnazione per gli interessi civili, che potrebbe ravvisarsi in quello corrispondente stabilito per le impugnazioni in materia civile, termine che consentirebbe di eliminare i riscontrati ostacoli che si frappongono all'effettività dell'esercizio del diritto nei confronti dell'impugnante e che verrebbe parificato a quello usufruito per il gravame della parte che agisca per la tutela di interessi dello stesso genere col giudizio civile>, escludendo le altre alternative astrattamente prospettabili, ivi compresa <la caducazione del termine e dell'onere che ad esso si ricollega>, perché <tale onere appare ispirato alla finalità del legislatore di tutelare nel senso più ampio il principio del contraddittorio tra le parti>;
e che, quindi, la questione di legittimità ora all'esame della Corte é da intendersi rigorosamente circoscritta alla parte in cui l'art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale non prevede che la dichiarazione d'impugnazione per i soli interessi civili debba essere notificata a pena di decadenza nei termini previsti dal codice di procedura civile per la notificazione delle impugnazioni civili;
che tale questione si rivela manifestamente infondata, anzitutto, perché i termini stabiliti dall'art. 325 del codice di procedura civile per la notificazione delle impugnazioni civili (trenta giorni quanto alla notificazione dell'appello, sessanta giorni quanto alla notificazione del ricorso in cassazione) appaiono palesemente eccessivi, se posti a raffronto con le particolari caratteristiche del processo penale, data la possibile compromissione delle esigenze cautelari proprie di tale processo, specie nei casi in cui esso concerne imputati avverso i quali siano stati emessi provvedimenti restrittivi della libertà personale; e, in secondo luogo, perché la notificazione prevista dall'art. 325 del codice di procedura civile relativamente alle impugnazioni ordinarie ha per oggetto anche la contestuale proposizione dei motivi di gravame, con decorrenza dei termini sopra ricordato dal giorno in cui la sentenza risulti notificata ai sensi dell'art. 326 dello stesso codice, mentre la notificazione prevista dall'art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale riguarda la sola dichiarazione di impugnazione, con conseguente decorrenza del termine a partire dal momento della proposizione del gravame Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 202, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione con ordinanza del 19 aprile 1986.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/07/88.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO
Depositata in cancelleria il 28/07/88.