ORDINANZA N.708
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2947, 2948, nn. 4 e 5, 2949, 2955, n. 2, e 2956, nn. 1 e 2, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 24 gennaio 1983 dal Pretore di Roma nei procedimenti civili riuniti vertenti tra gli eredi di De Angelis Antonio e l'Università Internazionale degli Studi Sociali Pro Deo ed altro, iscritta al n. 569 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 342 dell'anno 1983;
visti gli atti di costituzione di De Angelis Adolfo ed altri, del C.I.P., dell'Università Pro Deo e dell'Ordine dei Frati Predicatori nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto che il Pretore di Roma, con ordinanza in data 24 gennaio 1983, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2947, 2948, nn. 4 e 5, 2949, 2955, n. 2, e 2956, nn. 1 e 2, cod. civ., in riferimento agli artt 2, 3, 4, e 36 della Costituzione;
che il sospetto di incostituzionalità colpisce le norme in esame nella parte in cui consentono che la prescrizione dei diritti patrimoniali connessi al rapporto di lavoro decorre anche durante la permanenza dello stato di subordinazione all'autorità ecclesiastica da parte del lavoratore;
che, secondo il giudice remittente, il predetto stato di subordinazione (gerarchica e socio-economica) all'autorità ecclesiastica comporterebbe impedimento al libero esercizio dei diritti inerenti allo svolgimento di un'attività lavorativa anche successivamente alla cessazione di questa, e fino a quando perduri lo stesso stato di subordinazione;
che, infatti, il timore di sanzioni a sue iniziative non condivise da superiori, costituirebbe per l'ecclesiastico una remora all'esercizio dei diritti inerenti ad un rapporto di lavoro già cessato;
che, del resto, ad avviso del giudice a quo, la situazione in esame sarebbe assimilabile a quella già considerata dalla Corte nella sentenza n. 63 del 1966, in materia di prescrizione dei diritti dei lavoratori relativa a rapporti non presidiati dalla stabilita;
che nel giudizio si sono costituiti l'Associazione per l'Università Internazionale degli Studi Sociali <Pro Deo>, l'Ordine dei Frati Predicatori, il C.I.P. - Centro Investimenti Partecipazioni s.r.l. -ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, tutti concludendo per la infondatezza della questione; mentre conclusioni di opposto tenore hanno spiegato i Signori Adolfo, Angelo, Antonello e Fabio De Angelis, in qualità di coeredi del defunto Mons. Prof. Antonio De Angelis;
considerato che le norme esaminate determinano la specifica durata dei diritti in relazione alle oggettive caratteristiche dei rapporti cui ineriscono ed attengono perciò ai contenuti sostanziali dei rapporti medesimi;
che, per contro, nessun rilievo può assumere, sul decorso dei termini prescrizionali, una particolare condizione personale di uno dei soggetti del rapporto non derivante dalla peculiarità di questo e non incidente sulla sua connotazione;
che, in particolare, ai fini del soddisfacimento dei diritti patrimoniali inerenti ad uno specifico rapporto ormai cessato, la condizione di ecclesiastico propria dell'ex prestatore di lavoro, non costituisce ragione di debolezza nei confronti dell'ex datore di lavoro, pubblico o privato, cui non spetta alcun potere di incidere sulla successiva possibilità di occupazione del detto prestatore;
che, pertanto la questione appare manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2947, 2948, nn. 4 e 5, 2949, 2955, n. 2, e 2956, nn. 1 e 2, cod. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4 e 36 della Costituzione, dal Pretore di Roma con la ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.
Francesco SAJA - Francesco GRECO
Depositata in cancelleria il 23/06/88.