Sentenza n. 697 del 1988

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SENTENZA N.697

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.le 1° febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza), convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° febbraio 1977, n. 12, concernente norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza), promossi con ordinanze emesse il 20 febbraio 1981, il 21 aprile e il 24 giugno 1982 dal Pretore di Roma nei procedimenti civili vertenti tra Del Pin Italo e Rinaldi Roberto Mario e la S.p.A. American Express Company e tra Mura Luigi e la S.p.A. Alitalia, iscritte al n. 297 del registro ordinanze 1981 e ai nn. 486 e 918 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 255 dell'anno 1981, n. 351 dell'anno 1982 e n. 149 dell'anno 1983.

Visti gli atti di costituzione di Del Pin Italo, della S.p.A. American Express Company e della S.p.A. Alitalia nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 1988 il Giudice relatore Francesco Greco;

uditi l'avv. Luciano Ventura per Del Pin Italo e l'Avvocato dello Stato Enzo Ciardulli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-I tre giudizi possono essere riuniti e decisi con una unica sentenza in quanto prospettano la stessa questione.

2.-Il Pretore di Roma, con le tre ordinanze di remissione, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, conv. in legge 31 marzo 1977, n. 91, nella parte in cui prescrive che gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione non possono essere computati, a pena di nullità di ogni clausola contrattuale contrastante, in difformità della normativa prevalente posta dagli accordi interconfederali o dai contratti del settore dell'industria per i corrispondenti elementi retributivi e limitatamente a tali elementi. Risulterebbe violato l'art. 39, u.p., della Costituzione in quanto, operando un rinvio formale ad accordi indeterminati nell'esistenza e nel contenuto avrebbe attribuito ad essi efficacia erga omnes.

3. - Le censure non sono fondate.

Il d.l. n. 12 del 1977, convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91, é stato emanato sull'accordo Governo-Sindacati nell'intento di contenere il costo del lavoro e di frenare gli effetti dannosi della svalutazione monetaria al fine di superare la crisi delle aziende.

Ha disciplinato, tra l'altro, gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione.

Si é ritenuto che il punto di equilibrio dei contrapposti interessi poteva equamente rinvenirsi nella previsione in materia contenuta negli accordi interconfederali e nei contratti del settore dell'industria, presi, pertanto, a modello, sancendosi, inoltre, la nullità delle clausole difformi dei contratti vigenti negli altri settori.

Le ragioni che hanno ispirato la legge e gli effetti da realizzare, cioè l'eliminazione delle scale mobili anomale, il blocco delle indicizzazioni degli elementi della retribuzione, la perequazione e la riconduzione ad uniformità delle varie previsioni contrattuali, differenti per i diversi settori, fanno disattendere la interpretazione prospettata dai ricorrenti secondo cui la voluta, ampia e generale, considerazione degli <elementi della retribuzione> consentirebbe l'inclusione in essi anche delle altre mensilità aggiuntive (quattordicesima, quindicesima ecc...) previste dai contratti collettivi oltre la tredicesima, che é la sola riconosciuta negli accordi del settore dell'industria.

Anche l'indirizzo giurisprudenziale sul punto é nel senso che la contingenza maturata dal 1° febbraio 1977 non può essere computata ai fini del calcolo delle mensilità aggiuntive oltre la tredicesima; ciò perché la disciplina interconfederale e di categoria prevalente nel settore industriale, alla data di emanazione del d.l. n. 12 del 1977 prevedeva solo la tredicesima, generalmente disciplinata, e non le altre mensilità aggiuntive.

3.1 -Sulla dedotta violazione dell'art. 39 Cost. questa Corte (sentt. nn. 142/80 e 34/85) ha già ritenuto, e non si ha motivo di mutare orientamento, che tale norma esprime i due principi della libertà sindacale e dell'autonomia collettiva. Garantisce, cioè, ai cittadini la libertà di organizzarsi in sindacati e ai sindacati la libertà di agire nell'interesse dei lavoratori.

E demanda ai sindacati la regolamentazione dei conflitti di interessi che sorgono tra le contrapposte categorie mediante contratti collettivi con efficacia erga omnes, se stipulati con una determinata procedura e da soggetti aventi determinati requisiti che, cioè, siano stati registrati e, conseguentemente, abbiano conseguito la personalità giuridica.

Attualmente mancano sindacati abilitati a stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes perché il secondo principio non ha avuto ancora attuazione. E in tale situazione di inattuazione del precetto costituzionale non e ipotizzabile un conflitto tra l'attività sindacale e l'attività legislativa.

Allo stato non vi é alcuna riserva legislativa e contrattuale a favore dei sindacati. Tuttavia il legislatore non può comprimere la libertà di azione dei sindacati che certamente comprende anche l'autonomia negoziale, cioè il potere di stipulare contratti anche se aventi natura privatistica ed efficacia nei confronti degli iscritti.

Ma tra Governo e sindacati possono intervenire accordi su determinate materie e detti accordi possono costituire, poi, il contenuto di leggi, come é avvenuto nella specie, sicché questi ultimi operano, così, in concreto, per la realizzazione di fini che sono anche politici e socio-economici.

Comunque, resta affidata allo Stato la cura e la tutela di interessi generali e che sono state attuate a mezzo di leggi le quali possono anche importare deroghe al contenuto di accordi e contratti collettivi. E perché si tratta di apprezzamenti politici discrezionali, non vi é materia di sindacato in giudizi di costituzionalità, tanto più se la cura, la regolamentazione e la realizzazione dei detti interessi e effettuata in attuazione di precetti costituzionali. Il che é avvenuto con la legge in esame il cui intento perequativo e il fine di porre rimedi alle disparità esistenti tra settori e settori della vita economica, in ordine alla scala mobile e agli elementi indicizzabili della retribuzione, costituisce attuazione dell'art. 3 Cost.

L'avvenuta scelta, per la realizzazione di dette finalità, come modello, della contrattazione vigente nel settore dell'industria e corretta e certamente non significa estensione, con efficacia erga omnes, dei contratti stipulati in un settore ad altri settori e sovrapposizione alle clausole contenute nei contratti in questi vigenti.

E la legge che ha operato e ha sancito, tra l'altro, la nullità delle clausole contrattuali difformi.

Tuttavia, le norme in esame, delle quali e certo il carattere della eccezionalità e della temporaneità, per l'avvenuta attuazione delle finalità che le hanno ispirate ed anche per l'avvenuto miglioramento della situazione economica del Paese con il superamento della crisi delle aziende, hanno perduto di attualità e il loro mantenimento in vigore, con gli effetti restrittivi in ordine all'autonomia negoziale e ai sacrifici imposti ai lavoratori, potrebbe non trovare adeguata giustificazione in riferimento a parametri costituzionali diversi da quello assunto in via esclusiva, dal giudice remittente.

Comunque, allo stato, la questione non é fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i ricorsi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, e 4 del d.l. 1° febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza), convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° febbraio 1977, n. 12, concernente norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza), sollevata, in riferimento all'art. 39, u.c., Cost., dal Pretore di Roma con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Francesco GRECO

 

Depositata in cancelleria il 23/06/88.