ORDINANZA N.658
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 33, ultimo comma, del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali) e 7, secondo comma, della legge 11 aprile 1955, n. 379 (Miglioramenti dei trattamenti di quiescenza e modifiche agli ordinamenti degli istituti presso il Ministero del tesoro), in relazione all'art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) promosso con:
1) ordinanza emessa il 23 novembre 1982 dalla Corte dei conti -Sezione III giurisdizionale - sul ricorso proposto da Casale Giovanni contro il Ministero del tesoro, iscritta al n. 393 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 dell'anno 1983;
2) ordinanza emessa il 12 giugno 1984 dalla Corte dei conti -Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna - sui ricorsi riuniti proposti da Serra Gino contro il Ministero del tesoro, iscritta al n. 1238 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 71 bis dell'anno 1985.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto che la Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, nel corso di un giudizio concernente un provvedimento della Direzione Generale degli Istituti di Previdenza del Ministero del tesoro con cui si respinge la domanda presentata da Casale Giovanni per il riconoscimento della pensione diretta di privilegio, ha, con ordinanza emessa il 23 novembre 1982, sollevato, in riferimento all'art. 3 Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 33, u.c., del Regio Decreto-Legge 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di Previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali) e 7, secondo comma, della legge 11 aprile 1955, n. 379 (Miglioramenti dei trattamenti di quiescenza e modifiche agli ordinamenti degli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro), in relazione all'art. 169 del Testo Unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui dispongono che la <richiesta> per conseguire la pensione diretta di privilegio deve essere presentata dall'iscritto alla C.P.D.E.L. entro un termine perentorio dalla cessazione dal servizio (R.O. n. 393 del 1983);
che identica questione, in riferimento allo stesso parametro costituzionale, é stata sollevata dalla Corte dei conti, Sez. giurisdiz. per la Sardegna, con ordinanza in data 12 giugno 1984 (r.o. n. 1238 del 1984);
che, ad avviso dei giudici remittenti, le disposizioni impugnate, nella parte in cui dispongono che la richiesta per conseguire la pensione diretta di privilegio debba essere presentata dal dipendente dell'ente locale, iscritto alla C.P.D.E.L., entro il termine perentorio di tre anni dalla cessazione dal servizio, si porrebbero in contrasto con l'art. 3 Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza del diverso e deteriore trattamento riservato ai dipendenti degli enti locali, invalidi per causa di servizio, rispetto ai dipendenti statali che si trovano in analoga situazione, per i quali l'art. 169 del T.U. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 contempla un analogo termine solo ai fini dell'accertamento della dipendenza da causa di servizio delle infermità e lesioni contratte, mentre la domanda di trattamento di quiescenza privilegiato é ammessa senza limite temporale;
che nei relativi giudizi é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni.
Considerato che i giudizi vanno riuniti per la loro identità oggettiva;
che la specifica diversità dei sistemi pensionistici dei di pendenti statali e dei dipendenti degli enti locali e tale da rendere, così come già affermato dalla giurisprudenza costituzionale, difficilmente comparabili (sentenza n. 73 del 1979) i rispettivi istituti;
che, peraltro, nel caso in esame, alla diversità dei termini di decadenza delle istanze di pensione privilegiata, previsti, rispettivamente, per i dipendenti statali e per i dipendenti degli enti locali, corrisponde una diversa natura dei rapporti intercorrenti tra l'Amministrazione competente a liquidare la pensione e il dipendente;
che difatti, mentre, all'Amministrazione statale incombe di provvedere sia all'erogazione dell'equo indennizzo che alla pensione privilegiata, con unicità degli accertamenti dei presupposti di fatto della dipendenza da causa di servizio (l'Amministrazione e contemporaneamente soggetto del rapporto di impiego e del rapporto di quiescenza), viceversa, agli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro (che amministrano solo il rapporto di quiescenza relativo a rapporti d'impiego con enti locali) incombe l'onere di compiere, tempestive indagini in ordine ai presupposti di fatto su cui riposa il diritto al trattamento privilegiato, senza restare necessariamente vincolati all'esito delle indagini compiute da un Ente diverso, che non é soggetto passivo dell'obbligazione pensionistica (ma soltanto del rapporto di impiego locale);
che, pertanto - attesa la diversità della posizione, in cui si trova l'Amministrazione statale in ordine agli accertamenti della dipendenza di infermità o infortunio da causa di servizio su istanza dei propri impiegati, rispetto alla posizione degli Istituti di Previdenza del Tesoro in ordine ad analoghi accertamenti, inerenti però al rapporto d'impiego tra l'ente locale ed i suoi dipendenti - la questione sollevata risulta manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 33, ultimo comma, del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di Previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali) e l'art. 7, secondo comma, della legge 11 aprile 1955, n. 379 (Miglioramenti dei trattamenti di quiescenza e previdenza e modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del Tesoro) sollevate, in riferimento all'art. 3 Costituzione, con le ordinanze in epigrafe indicate.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.
Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO
Depositata in cancelleria il 16/06/88.