ORDINANZA N.517
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente,
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 115 del codice di procedura penale e dell'art. 3, nono comma, del decreto- legge 23 dicembre 1976, n. 857, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 1977, n. 39 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promosso con ordinanza emessa il 20 giugno 1985 dal Tribunale di Venezia, iscritta al n. 572 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1986.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che la S.I.P.E.A. s.p.a., responsabile civile nel processo penale a carico di Secchiati Giàmpietro, ha proposto appello contro la sentenza del Pretore di San Dona di Piave, la quale-inflitta la <pena ritenuta di giustizia> all'imputato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590, terzo e quarto comma, del codice penale - aveva condannato il responsabile civile al risarcimento del danno a favore della parte civile in solido con l'imputato, nonchè al pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa a favore dell'Istituto Nazionale Assicurazioni-Gestione autonoma del <Fondo di garanzia per le vittime della strada>;
e che il Tribunale di Venezia, rilevato che nel corso del dibattimento d'appello la costituzione di parte civile era stata espressamente revocata <con dichiarazione del procuratore speciale ricevuta dal cancelliere>, ha, con ordinanza del 20 giugno 1985, sollevato questione di legittimità:
a) dell'art. 115 del codice di procedura penale, nella parte in cui, stabilendo che la citazione o l'intervento del responsabile civile non ha effetto se la costituzione di parte civile viene revocata a norma degli artt. 101 e 102 dello stesso codice, prevede che il responsabile civile sia <ipso iure privato della possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa a tutela dei propri interessi nel presente grado di giudizio, e comunque nell'ambito del processo penale relativamente all'accertamento del fatto e alla responsabilità dell'imputato>, con conseguente violazione dell'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione;
b) dell'art. 3, nono comma, del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857, <come integrato> dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, in relazione agli artt. 24 e 25 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui prevede la condanna del responsabile civile ad una sanzione amministrativa a favore dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, con una sentenza <che potrebbe in ipotesi divenire irrevocabile nei confronti del predetto responsabile civile anche se per avventura nel procedimento penale a carico dell'assicurato si pervenisse all'assoluzione di quest'ultimo>: il tutto senza consentire allo stesso responsabile civile, in caso di revoca espressa della costituzione di parte civile, di partecipare egualmente al giudizio di appello, risultando questo precluso dagli artt. 24 e 25 della legge 24 novembre 1981, n. 689, i quali legittimano <l'impugnazione del provvedimento del giudice penale da parte del terzo solo quando costui sia stato condannato in solido con l'imputato al pagamento di una sanzione amministrativa>, con conseguente violazione dell'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione;
e che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
Considerato, quanto alla prima questione, che, a norma dell'art. 103 del codice di procedura penale, la revoca espressa della costituzione di parte civile comporta - alla stregua della costante giurisprudenza della Corte di cassazione - l'obbligo per il giudice d'appello di revocare la condanna alle spese e ai danni pronunciata dal giudice di primo grado in favore della parte civile, precludendo, per giunta, a quest'ultima, in base al primo comma del detto articolo, la riproposizione della stessa azione civile in sede civile, <salvo che ne abbia fatto espressa riserva nell'atto di revocazione>, cosa non verificatasi nel caso concreto;
e, quanto alla seconda questione, che la condanna del responsabile civile a pagare all'Istituto Nazionale delle Assicurazioni-Gestione autonoma del <Fondo di garanzia per le vittime della strada> una somma, non superiore alla differenza tra l'offerto ed il liquidato al netto di rivalutazione e interessi, presuppone, ai sensi degli artt. 24 e 25 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la pronuncia di una <sentenza a favore del danneggiato> e, quindi, una decisione che, per qualificarsi tale, resta subordinata al permanere-qui venuto meno - della parte civile nel giudizio penale;
che, comunque, questa Corte, con sentenza n. 99 del 1973, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 27 del codice di procedura penale, <nella parte in cui dispone che nel giudizio civile o amministrativo la pronuncia del giudice penale ha autorità di cosa giudicata, quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità e alla responsabilità del condannato o di colui al quale sia stato conceduto il perdono giudiziale, anche nei confronti del responsabile civile che sia rimasto estraneo al giudizio penale perchè non posto in condizione di parteciparvi>, precisando che in tutte le <ipotesi in cui il responsabile civile non é stato in condizione di intervenire nel giudizio penale o di parteciparvi compiutamente> l'applicabilità <nei suoi confronti del vincolo di cui all'art. 27 c.p.p. importa violazione dell'art. 24 della Costituzione>.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 115 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 20 giugno 1985;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, nono comma, del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857 (Modifica della disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 20 giugno 1985.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/04/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 05 Maggio 1988.